bernardo provenzano

UNA ONORATA SOCIETA' MOLTO POPOLARE - A BAGHERIA PROVENZANO AVEVA IN AFFITTO UNA CASA POPOLARE SENZA CHE IL COMUNE SAPESSE NULLA O MUOVESSE UN DITO - 36 IMPRENDITORI RACCONTANO AI CARABINIERI LE LORO STORIE DI VITTIME DEL RACKET

Sandra Rizza per il “Fatto Quotidiano”

BERNARDO PROVENZANOBERNARDO PROVENZANO

 

L'hanno già definita la rivolta civile di Bagheria, la Baarìa di Peppuccio Tornatore dove, secondo il sindaco del M5S Patrizio Cinque, il boss Bernardo Provenzano avrebbe abitato in una casa popolare senza che il Comune se ne accorgesse "o magari volesse rendersene conto".

 

In quella cittadina alle porte di Palermo, dove Binnu avrebbe trascorso una parte della sua latitanza, il pizzo lo pagavano tutti: hanno cominciato a pagarlo con le lire e hanno continuato con l' euro. Qualcuno, strozzato dalle esigenze sempre più pressanti degli esattori, ci ha rimesso l' azienda. Qualcun altro i beni di famiglia. Fino a quando, stanchi di ricatti e intimidazioni, molti di loro hanno deciso di parlare.

 

Bernardo provenzano arrestatoBernardo provenzano arrestato

Sono 36 gli imprenditori che hanno rotto il silenzio, raccontando ai carabinieri le loro storie di vittime del racket e facendo arrestare boss e gregari di Cosa Nostra nel blitz che ieri ha entusiasmato il ministro dell' Interno An gelino Alfano, convinto che in Sicilia la fine dell'omertà è vicina: "La gente onesta è scesa in campo e non ha avuto paura perché ha fiducia nelle istituzioni e crede nella legalita".

 

L'ottimismo, davanti alle denunce anti -pizzo (mai così tante neppure a Palermo) è comprensibile. Ma la prudenza è d' obbligo. La ribellione degli imprenditori onesti di Bagheria è l' altra faccia di una Sicilia dove il leader di Confindustria Antonello Montante, ex paladino della legalità, è finito sotto inchiesta per concorso in mafia. Dove il più fiero avversario del racket (a parole) Roberto Helg, l' ex presidente della Camera di Commercio di Palermo, è stato condannato a 4 anni e 8 mesi per estorsione.

 

BAGHERIABAGHERIA

Dove il catanese Mimmo Costanzo, patron della Tecnis, anche lui ex icona dell' imprenditoria "pulita", si trova agli arresti domiciliari per corruzione. E dove pochi giorni fa Dario Lo Bosco, il presidente di Rfi (vicino al dirigente di Confindustria Ivan Lo Bello) è finito in manette per aver intascato una mazzetta da 58 mila euro.

 

E se persino Beppe Grillo, commentando il blitz di Bagheria, ha scritto su Twitter che "l'onestà sta tornando di moda", è opportuno riflettere sul paradosso di una Sicilia dove crollano i colossi dell' imprenditoria, gli stessi che ieri sbandieravano appelli alla trasparenza e oggi appaiono travolti dal malaffare, mentre i piccoli operatori di un' economia al collasso scoprono la "convenienza della legalità": la denuncia come unico antidoto al fallimento.

 

BAGHERIABAGHERIA

Lo dice persino una nota di Confcommercio Sicilia, che ieri sottolinea come il nostro è un sistema economico "stremato dalle tasse e ormai arrivato al punto di non ritorno", dove commercianti e imprenditori non sono più in grado di accettare "alcuna imposizione", neppure quella criminale, e "collaborano con la magistratura" perché questa oggi è per loro la scelta più conveniente.

 

Da un lato una finanza corrotta, dall' altro un' economia allo stremo che cerca la salvezza nelle istituzioni. Lo scenario emerso dal blitz dei carabinieri che ieri a Bagheria ha fatto scattare 22 ordini di custodia cautelare per capi clan ed esattori del pizzo (uno è latitante), è quello di un tessuto economico soffocato dalle estorsioni. Supermercati, negozi di mobili, botteghe di frutta, bar, sale giochi: gli uomini del racket non risparmiavano nulla.

mafia mafia

 

Tra i destinatari dei provvedimenti dell' operazione Reset2,coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci, ci sono i nomi storici del gotha mafioso di Bagheria: tra questi Nicolò Eucaliptus, Gioacchino detto Gino Mineo, Onofrio Morreale, Giuseppe Scaduto e Pietro Giuseppe Flamia, detto il Porco, in passato vicino al boss Provenzano. Sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, sequestro di persona: molti di loro erano già detenuti.

 

Sono una cinquantina i taglieggi amenti documentati tra il 2003 e il 2013 anche con il contributo del pentito bagherese Sergio Flamia. Dalle intercettazioni si scopre che l' incasso mensile è per il mantenimento delle famiglie dei carcerati: e che per garantire un flusso di entrare costanti, a Pasqua e a Natale, gli esattori si davano il cambio, tra un arresto e l' altro, in una sorta di "staffetta" del pizzo.

 

 

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