LE COLPE DEI GENITORI NON RICADANO SUI FIGLI - UN BAMBINO DI DUE ANNI E MEZZO È RECLUSO DA 10 MESI NEL CARCERE DI REBIBBIA, A ROMA. LA MADRE È UNA 30ENNE ITALIANA CHE STA SCONTANDO UNA PENA PER REATI MINORI (ANCHE IL PADRE È RECLUSO NEL PENITENZIARIO DELLA CAPITALE) - IL PICCOLO, CHE TRE VOLTE A SETTIMANA VIENE PORTATO A UN ASILO NIDO, HA MATURATO UN RITARDO NELLO SVILUPPO PSICO-MOTORIO DOVUTO ALLE CONDIZIONI IN CUI È COSTRETTO A VIVERE E LE UNICHE PAROLE CHE RIESCE A PRONUNCIARE SONO "APRI" E "CHIUDI" - LA MADRE NON È STATA PORTATA IN UNA CASA FAMIGLIA PERCHÉ…
Estratto dell'articolo di Alessandra Ziniti per “la Repubblica”
«Apri», «Chiudi». Giacomo (lo chiamiamo così per proteggere la sua identità) non ha neanche due anni e mezzo e, di fatto, non parla. Dice «si»,«no», «mamma», «pappa» e quasi niente altro. Ma quelle due parole che sente ripetere così spesso in quella che è diventata la sua tragica routine dietro le sbarre, quelle le ripete puntualmente ogni volta che entra ed esce dal carcere.
A Rebibbia, nella sezione nido, Giacomo è recluso ormai da dieci mesi insieme alla sua mamma […] una trentenne italiana che sta scontando una pena per reati minori. Come il suo compagno, padre del bimbo, anche lui recluso a Rebibbia. E così dietro le sbarre è finito anche Giacomo. […] Alle quali il piccolo si attacca con il nasino schiacciato sul vetro aspettando ogni mattina l’arrivo di una delle volontarie dell’associazione “A Roma insieme-Leda Colombini” che hanno dato alla direzione di Rebibbia la disponibilità a portare Giacomo ad un nido esterno la mattina e a riportarlo in carcere il pomeriggio. […]
Da ottobre scorso, quando sua madre è stata arrestata, Giacomo è il solo bimbo che sta a Rebibbia. Nessuno con cui parlare, giocare, interagire, nessuno degli stimoli di cui un bambino a quell’età avrebbe bisogno. Tanto che Giacomo ha maturato un ritardo nello sviluppo psico-motorio dovuto proprio alle condizioni in cui è costretto a vivere. Non parla, non corre, è sovrappeso, porta ancora il pannolino.
[…] A raccontarci le giornate di Giacomo dietro le sbarre è una delle volontarie che tre volte la settimana va a prenderlo a Rebibbia « Lui è contentissimo di andare al nido – dice – io entro con l’auto dentro il carcere, quando salgo a prenderlo lo trovo dietro il vetro di sicurezza con le sbarre che mi aspetta. Mi vede e gli si illumina il viso. Scendiamo insieme i 16 gradini che portano all’atrio e provo a fargli ripetere i numeri. Poi quando in auto aspettiamo che le guardie aprano il cancello, lui cominciare a dire: “Apri, apri, apri”. […]
«Quando ci avviciniamo a Rebibbia e lui riconosce le mura di cinta, allora dice sempre “mamma” – racconta ancora la volontaria – capisce che lo sto riportando da lei. E mi si stringe il cuore quando, dopo aver varcato il grande cancello di ferro con le sbarre, Giacomo dice ‘chiudi’. Sa che le guardie ce lo richiudono subito alle spalle».
Per il resto della giornata, la tv con i cartoni animati è il suo principale passatempo. C’è un piccolo giardinetto nella sezione nido con dei giochi, ma è pieno di zanzare. Non corre mai come fanno tutti i bimbi della sua età, mangia quel che passa il convento e quello che la mamma gli compra allo spaccio. Una volta a settimana viene portato dall’altro lato ad incontrare il padre.
Ma come è possibile che un bimbo di due anni sia in carcere da nove mesi, perchè la mamma non è in una casa famiglia? Giacomo è purtroppo vittima anche della burocrazia, di una lunga attesa di una valutazione. […]