TUTTI A CASA CON MAMMÀ! NON SOLO IN ITALIA: IN TUTTO IL MONDO I MILLENNIALS RESTANO A CASA CON I GENITORI - NEGLI USA SOLO IL 31% DEGLI UNDER 40 METTE SU FAMIGLIA E SE NE VA - MA IL FENOMENO E’ IN CRESCITA ANCHE IN GIAPPONE E IN GERMANIA

Marino Niola per “la Repubblica”

 

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Stiamo entrando nell’era dei bamboccioni globali. Ormai i giovani adulti che restano a casa con mamma e papà sono diventati un fenomeno planetario. Sembra infatti che imillennials non ne vogliano sapere di abbandonare il nido. E se nell’Italia del mammismo ci siamo abituati, per nazioni come Usa e Giappone è uno choc scoprire che per gli under 40 il bisogno di protezione prevale su quello d’indipendenza.

 

A porre la questione all’ordine del giorno è stata una recentissima ricerca del Pew Research Center di Washington, un think tankspecializzato in analisi delle tendenze sociali, rilanciata nei giorni scorsi dal Washington Post. I bamboccioni sono una novità assoluta negli States dove, dal 1880 a oggi, la vita di coppia è sempre stata il grande sogno da realizzare. Negli anni Sessanta il 62% dei giovani dai 18 ai 34 anni metteva su casa con il partner, oggi lo fa solo il 31%. Esattamente la metà.

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E persino l’America alla Sex and City, quella dei single indipendenti e impenitenti, è in recessione, visto che la stragrande maggioranza di coloro che vivono da soli nelle grandi città è fatta di divorziati con figli a carico. Insomma single di ritorno, la cui vita è lontana anni luce dall’autonomia metrosexual di Carrie Bradshaw e delle sue tre scatenate amiche. Anche se, va detto, risulta che le ragazze, a parità di condizioni, sono in generale più disposte a sacrificarsi pur di non tornare al nido materno.

 

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Il report di Pew sta turbando l’opinione pubblica Usa, che vive questa trasformazione come un terremoto sociale e parla senza mezzi termini di avanzata della limbo generation. «Stiamo diventando come l’Italia», dice Meg Wilkes Karraker, sociologa della famiglia che insegna in Minnesota, alla St. Thomas University. «Voi italiani ci siete abituati, ma per noi è un’inversione di tendenza che ha qualcosa di epocale».

 

In effetti nel Belpaese siamo ben oltre le percentuali che spaventano tanto gli americani, visto che da noi due ragazzi su tre restano sotto l’ombrello genitoriale. D’altra parte, anche la media europea del bamboccionismo è generalmente più elevata di quella americana. E si attesta su una media del 48%, con picchi clamorosi come il 72% della Macedonia e il 71% della Croazia. Controbilanciati dal 19% della Danimarca e degli altri Paesi scandinavi, dove i giovani, sposati o no, schizzano via da casa appena terminati gli studi e qualche volta anche prima.

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E non scherza neanche la Germania dove iNesthoker, ovvero gli uccellini imboccati dai genitori, sono in costante aumento. Ma il tramonto del mito dell’indipendenza e dell’autosufficienza non riguarda solo l’Occidente, visto che perfino il Giappone si sta avvicinando ai livelli europei. Nel paese del Sol Levante, dove li definiscono senza mezzi termini parasaito shinguru, single-parassiti, i bamboccioni sono arrivati al 48%. Suscitando un vero allarme sociale.

 

Sembra proprio che, in un tempo in cui il lavoro è sempre più precario, il ruolo di figlio diventi l’unica occupazione a tempo indeterminato. E l’Hotel Mama, come lo chiamano in Germania, è il solo posto fisso in un mondo lavorativo e personale sempre più mobile e flessibile. Forse perché mamma e papà non mandano mai la lettera di licenziamento.

 

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In realtà, a spiegare questa mutazione antropologica è un insieme di fattori, sia strutturali sia culturali. In primo luogo il lavoro, che diventa sempre meno sicuro, con l’aggravante dei salari che si fanno sempre più bassi. In secondo luogo, l’età del matrimonio che, per un motivo o per l’altro, si innalza anno dopo anno. E oltretutto, si diffonde sempre di più l’allergia ai fiori d’arancio. Il 25% degli americani non vuole nemmeno sentirne l’odore. E preferisce le commodities della convivenza, o addirittura di un meno impegnativo part time sentimentale.

 

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Ne è convinta Karraker, che sottolinea: « Nell’american way of life, lasciare la casa dei genitori per sposarsi era il grande rito di passaggio verso l’età adulta. Diploma, lavoro, matrimonio. Una sequenza fissa che scandiva i destini con la precisione di un timer. E saltare anche una sola delle tappe era il segno di un fallimento, di una crescita mancata». Ma oggi il timer si è desincronizzato e le diverse generazioni affrontano insieme le difficoltà. Dando vita a nuove forme di solidarietà intergenerazionale.

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Insomma le ragioni economiche del terremoto ci sono eccome. Ma sono anche i dati che galleggiano più facilmente nei sondaggi. In realtà, quella che affiora dalle cifre è una rivoluzione culturale che non ha precedenti. Una nuova creatività sociale che riscrive anche l’etica e l’estetica dei sentimenti. Perfino quelle dell’amore. Che diventano sempre più on-demand, a termine, destrutturate, senza contratto, rinnovabili. Così i ruoli e le identità si fanno interinali, nei rapporti di coppia come in quelli di lavoro. E le regole dell’economia diventano forma di vita.

 

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