UN BUON SIGNAL PER LA SILICON VALLEY – MEREDITH WHITTAKER, EX MANAGER DI GOOGLE CHE SI BATTE PER UN USO ETICO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE, DIVENTA PRESIDENTE DI SIGNAL, LA PIATTAFORMA DI MESSAGGISTICA CRIPTATA PREFERITA DA GIORNALISTI, POLITICI E TECNOMANI OSSESSIONATI DALLA PRIVACY – È STATA CHIAMATA PER RENDERE SOSTENIBILE LA SOCIETÀ CHE, PUR ESSENDO UNA NON PROFIT, HA BISOGNO DI UN EQUILIBRIO DI BILANCIO. COME? COME FANNO TUTTI: FACENDO PAGARE GLI UTENTI (CHE SCAPPERANNO)
Massimo Gaggi per www.corriere.it
Aria nuova nella Silicon Valley. Meredith Whittaker, la pasionaria manager di Google che nel 2018 contribuì a organizzare la protesta mondiale dei dipendenti della società californiana contro discriminazioni e abusi nei confronti del personale femminile e che poi si è battuta per un uso più etico dell’intelligenza artificiale e per l’interruzione delle collaborazioni tecnologiche della sua società coi militari, diventa presidente di Signal : una piattaforma di messaggistica istantanea che consente di mandare comunicazioni criptate con sistemi end to end.
Una app con un numero imprecisato di utenti: le stime vanno dai 40 ai 140 milioni sparsi nel mondo, con Usa e India in testa col 16 percento ciascuno. Molto pochi rispetto a piattaforme simili come Whatsapp (due miliardi di utenti) e Telegram (un miliardo), ma Signal è considerata più sicura dei suoi concorrenti per la qualità dei sistemi di criptaggio e perché, a differenza di Whatsapp che li immette nel sistema Meta-Facebook, non condivide o registra i dati degli utenti per ricavarne un profitto.
Per questo è molto diffusa tra tecnologi, giornalisti, personale politico, stelle dello spettacolo e dello sport che vogliono difendere la loro privacy. E piace anche a chi vuole discrezione mentre organizza proteste, da Black Lives Matter alle milizie paramilitari degli Oath Keepers.
Questa caratteristica di Signal è anche all’origine del reclutamento della Whittaker: un’esperta tecnologa che dopo aver lavorato per dieci anni per Google, nel 2019 se n’è dovuta andare (disse di essere stata messa alla porta per via del suo attivismo) e ha creato presso la New York University l’AI Now Institute, un osservatorio sulle conseguenze sociali della diffusione dell’intelligenza artificiale.
Il fondatore di Signal, Moxie Marlinspike e il suo principale finanziatore (Brian Acton, cofondatorte di Whatsapp, poi venduta a Facebook) l’hanno chiamata per cercare di mettere la società su binari sostenibili. Signal è una non-profit. Non cerca, quindi, di realizzare grossi utili, ma, per stare in piedi, ha comunque bisogno di un equilibrio di bilancio .
Difficile da raggiungere se non hai grossi incassi pubblicitari o non vendi i tuoi dati. Attualmente Signal sopravvive grazie ai contributi di alcuni ricchi donatori idealisti come Acton e a donazione volontarie degli utenti, ricompensati con un token digitale che possono esibire nelle loro pagine.
Ora Meredith spiega che l’unico modo di far tornare i conti senza abdicare ai principi è quello di pagare il prodotto che si usa. Per questo la nuova presidente pensa di introdurre un sistema, comunque volontario, di microabbonamenti (da 5,15 e 30 dollari al mese, a seconda dell’uso dell’app).
«Vogliamo crescere», spiega, «ma per adempiere la nostra missione non per fare profitti». Scelta idealista dal sapore un po’ naive, ma, dopo anni dominati dai giovani tycoon della Silicon Valley passati dal buonismo delle origini alla ricerca spasmodica di massimizzare i guadagni, il tentativo di cambiare rotta è, comunque, apprezzabile. Se riesce, si allargherà l’area dell’open source e del non profit che oggi comprende il browser Firefox e poco altro.
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