IL BUSINESS DEL SULCIS? FINGERSI PESCATORI PER OTTENERE GLI INDENNIZZI DELLO STATO - LA BASE MILITARE DI CAPO TEULADA IN SARDEGNA BLOCCA LA NAVIGAZIONE: CHI È DANNEGGIATO PRENDE UN RISARCIMENTO DI 15MILA EURO: COSI' È BOOM DI RESIDENTI NELLA ZONA - 35 SONO STATI DENUNCIATI
Nicola Pinna per la Stampa
Michele Cassisa passeggia sul molo di Porto Pino. «Sto contando le barche ormeggiate, anche oggi sono tutte ferme: solo noi siamo andati a pescare. Gli altri in mare non ci vanno mai: basta osservare le condizioni delle barche per capirlo». Tra i moli, dal ponticello in legno fino alla foce di questa specie di darsena, ci sono pochissimi posti vuoti: qualche grande peschereccio in fondo, per il resto tutte piccole chiatte. Pescatori indaffarati a sistemare le reti non ce ne sono.
«Noi abbiamo avuto un' avaria al motore e siamo rientrati presto, al largo è rimasta soltanto un' altra barca - racconta Daniele Marica, giovanissimo comandante dello "Squalo 2" - Tutte queste imbarcazioni non sappiamo neanche di chi siano. Per la maggior parte appartengono a persone che hanno trasferito la residenza qui solo per gli indennizzi.
È la verità, inutile negarlo. Nei registri dei pescatori compaiono anche donne e ultranovantenni: è chiaro che si tratta di persone che non vanno per mare. Per qualcuno gli assegni del Ministero della Difesa sono l' unica salvezza dopo il licenziamento».
Nel profondo Sulcis c' è soltanto un' industria che funziona a pieno ritmo: quella militare. Dalle ciminiere dell' Alcoa non esce più fumo, le fabbriche chiudono una dopo l' altra e l' esercito dei cassintegrati comincia a vedere la fine degli ammortizzatori sociali. Nel frattempo, le truppe italiane vengono qui a fare le prove di guerra.
A Capo Teulada c' è un gigantesco poligono: una distesa enorme di macchia mediterranea e dune di sabbia, 7200 ettari a disposizione dei militari per le esercitazioni. I 450 chilometri quadrati di mare intorno a questa penisola sono off-limits tutto l' anno: pescare è sempre vietato, passare consentito solo quando i bombardamenti s' interrompono.
I pescatori che non possono lavorare ottengono un risarcimento dal Ministero della Difesa: assegni che variano tra i 12 e i 15 mila euro all' anno. «Questo ha scatenato i falsi pescatori - dice Luciano Marica, uno dei più anziani della marineria - Pur di incassare l' assegno arrivano da ogni parte: dalla Sicilia, dalla Toscana, persino da Ancona. In tanti si comprano una barchetta, la portano qui e il gioco è fatto. Alla fine ci sono più barche che pesci».
Per risarcire i pescatori sardi il Ministero della Difesa sborsa ogni anno svariati milioni di euro. «La cifra cambia a seconda delle giornate di "sgombero", cioè sulla base dei giorni effettivi di esercitazione: nel 2015 abbiamo raggiunto gli 8 milioni di euro - spiega il generale Giovanni Domenico Pintus, comandante militare della Sardegna -
Questo indennizzo viene riconosciuto a tutte le marinerie che operano nei pressi delle basi, ma il 72 per cento va agli operatori che risiedono nel Sulcis». E da queste parti, infatti, l' elenco dei pescatori cresce sempre: 82 in più nel 2014, altri 100 nel 2015. A Sant' Anna Arresi e Teulada le richieste di residenza aumentano ogni anno, proprio per incassare gli assegni della Difesa. Per ottenerli basta una semplice autocertificazione.
La procura di Cagliari ha fatto scattare un' indagine: nel giro di due anni sono stati denunciati in 35, ma gli uomini della "polizia militare" dei carabinieri continuano a lavorare. «Dagli accertamenti fatti finora emerge che tra gli imbarcati c' erano anche casalinghe e anziani - spiega il tenente colonnello, Ivan Giorno -
Poi sono venuti fuori i casi di pescatori veri che hanno inserito nell' equipaggio tutta la famiglia e di pescatori finti che in mare non ci sono mai andati. In più abbiamo verificato che gli indennizzi venivano incassati anche da persone che contemporaneamente percepivano la disoccupazione». Sotto inchiesta, poi, sono finiti anche alcuni vigili urbani, accusati di non aver mai verificato che i pescherecci "indennizzati" fossero davvero ormeggiati nei porticcioli della zona.
Pietropaolo di Giovanni è il presidente della cooperativa "San Giuseppe", una cinquantina di soci che ogni giorno pescano nello stagno di Porto Pino. A separare la laguna dal mare interdetto per le esercitazioni c' è una spiaggia bianchissima e un ponte. Per questo, secondo le indagini dei carabinieri, i soci della cooperativa non potrebbero essere tra i beneficiari degli indennizzi e in sei sono stati denunciati.
«Non è così, anche noi andiamo in mare - ribatte il presidente - Per noi il poligono è diventato quasi il reddito principale. Guadagniamo più dagli indennizzi che dalla pesca».