parolacce

C'È UN BUON MOTIVO SE L'ITALIANO È LA "LINGUA VOLGARE" - SAPEVATE CHE "PUTTANA" NON È SOLO IL MESTIERE PIÙ ANTICO DEL MONDO, MA ANCHE LA PAROLACCIA PIÙ VECCHIA DELLA LINGUA ITALIANA? - IL PRIMO USO PER ISCRITTO SI PUÒ TROVARE NELLA BASILICA DI SAN CLEMENTE A ROMA, NELL'AFFRESCO CHE ILLUSTRA LA FUGA DEL SANTO DAI PAGANI, DOVE C'È SCRITTO "FILI DE LE PUTE, TRAITE" - A ROMA LA PAROLA "FROCIO" VENIVA USATO PER INDICARE CHI PARLAVA MALE IN ITALIANO - IL LINGUISTA PIETRO TRIFONE RACCONTA LA STORIA E L'EVOLUZIONE DEL TORPILOQUIO…

Paola Zanuttini per “il Venerdì di Repubblica”

BASILICA SAN CLEMENTE IN LATERANO PAROLACCIA

 

Così, per metterci l'animo in pace, puttana è la parolaccia più antica della lingua di Dante e infatti ricorre anche nella Commedia. Ma fa la sua comparsa oltre due secoli prima a Roma (capitale del turpiloquio) nella basilica di San Clemente, inscritta nell'affresco che illustra come il santo sfugge miracolosamente alla cattura dei pagani.

 

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Fili de le pute, traite - «Figli di puttana, tirate» - intima il potente Sisinnio ai servi: sono convinti di aver preso Clemente che, invece, si è smaterializzato e fatto sostituire da una colonna. Pesante da tirare. A parlar di male parole si passa da Dante a Totò, da Leopardi - che ne scriveva molte, nella sua corrispondenza privata - al Belli, ma il tono del linguista Pietro Trifone nel suo Brutte, sporche e cattive. Le parolacce della lingua italiana (Carocci) è rigorosamente scientifico.

 

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Così scientifico che può suscitare una più o meno scurrile esclamazione di sconcerto la sua meticolosa disamina dei 365 lemmi etichettati come "volg.", cioè volgare, dal Grande dizionario dell'uso (Gradit) di Tullio De Mauro, in cui Trifone individua pure una svista: accanto al non proprio elegante temine mignotta il marchio "volg." non appare.

 

Brutte, sporche e cattive. Le parolacce della lingua italiana di pietro trifone

A dimostrare che la libertà d'espressione è aumentata, ma il livello scaduto, sempre dal Gradit risulta che le parole volgari attestate per la prima volta nella lingua italiana tra il 1900 e il 2004 sono circa il 60 per cento del totale, contro il 40 di tutti i secoli precedenti. Sesso ed escrementi la fanno da padroni, mentre le offese di etnia e genere risultano più aggressive.

 

In questo comparto, la paura del diverso, dell'estraneo, è all'origine dell'insulto: a Roma il frocio era lo straniero e la locuzione parlà frocio significava esprimersi male in italiano. Da notare un ribasso della bestemmia, che segnala una secolarizzazione soprattutto nelle classi più istruite: se non temi o non credi al tuo dio non hai bisogno di maledirlo.

 

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Notevole anche l'evoluzione metalinguistica di vaffanculo: nel turpiloquio quotidiano, come in un celebre testo, riveduto due volte, di Arbasino, Fratelli d'Italia. Nel 1963 lo riportava con v*ff*nc*l*, nel 1976 in forma piena, e nel 1993 con vaffa. Se v*ff*nc*l* era la sigla della parolaccia, il vaffa ne è la metamorfosi: una post parolaccia privata del suo potere performativo. A proposito di potere performativo, due ineffabili metafore dell'organo sessuale femminile: seportura e mortaio. Neanche il Belli, nell'imprescindibile La madre delle Sante, era giunto tanto in là.

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