davide fabbri budrio igor vaclavic

CACCIA ALLA BELVA - ALLE FORZE DELL’ORDINE ARRIVANO MOLTE SEGNALAZIONI FARLOCCHE SU IGOR VACLAVIC - I CARABINIERI ASPETTANO CHE ARRIVI UN AVVISTAMENTO ACCERTATO PER STRINGERE LE MAGLIE INTORNO A MOLINELLA - AMMESSO CHE IL KILLER SIA ANCORA LÌ…

Luca Fazzo per “il Giornale”

 

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Avete paura? «Adesso non posso dire che stiamo tranquilli. Ma la vera paura comincerà tra qualche giorno, quando lui comincerà ad avere fame. Allora non potrà fare altro che entrare nelle case». Sono le tre di ieri pomeriggio, e in via del Fiume Vecchio, la strada di campagna che da Molinella scorre verso Argenta, un giovane artigiano esce dalla sua casa e parla di «lui». Non c’è neanche bisogno di dargli un nome, e peraltro il suo nome vero ancora non si sa.

 

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Ma «lui» è l’uomo che da quasi due anni semina morte in questa pianura sterminata, e che solo da una settimana lo Stato si è messo a cercare sul serio. Lo Stato lo aveva in mano, e lo ha lasciato libero di andare per la sua strada. Ed è tornato a seminare morte, in questa primavera che sembra quasi un’estate ma estate ancora non è: dettaglio importante, perché - come spiega l’artigiano di via del Fiume Vecchio - «il mais e il frumentone sono ancora bassi, e lui là in mezzo non può trovare riparo. Ma più in là c’è vegetazione alta, verso l’oasi di Campotto. Chi lo becca più, se si infila là dentro?».

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Sbucherà quando avrà fame, come i lupi. Ezechiele Feher, serbo, o Igor Vaclavic, russo. Che differenza fa? Quello che è chiaro, che emerge ad ogni ora con più chiarezza, è che il lupo che si aggira per questi campi sa il fatto suo.

 

Lo testimoniano le sue mosse di questi giorni, dopo il tragico assalto al bar di Budrio, dove ha ammazzato a sangue freddo il padrone del locale; e, con la caccia all’uomo già in corso, è riuscito a spostarsi di quasi quaranta chilometri, senza mai incappare nella rete: quando è inciampato in un controllo ha reagito con freddezza da professionista, e un altro cadavere di cittadino innocente è andato ad aggiungersi alla sequenza delle bare riempite dal lupo; per non parlare delle ore di domenica e di ieri, quando le ricerche si sono trasformats nella più imponente e mediatica caccia all’uomo che in Italia si ricordi da decenni.

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E di lui, niente: qualche ombra vaga, qualche traccia approssimativa. Ai centralini arrivano segnalazioni continue, lo danno in contemporanea a chilometri di distanza. La gente chiama, perché vuole che sia preso, ma spesso riattacca senza dare il proprio nome, perché Igor fa paura. Ma quando arrivano i controlli, dell’assassino in fuga non si trova neppur l’odore. Il lupo venuto dall’est sa come uccidere, e sa come scappare.

 

Quattrocento, ottocento, mille: sugli uomini impiegati nella caccia all’uomo circolano cifre iperboliche. Ma attraversando in lungo e in largo queste strade, l’impressione è che - numeri a parte - di caccia vera e propria non si possa in realtà parlare. Se davvero ci sono i cani molecolari, mandati a fiutare le tracce del fuggitivo, bisogna dire che si nascondono bene; e in tutto il pomeriggio un solo, sparuto elicottero, si aggira a un certo punto sui campi di mais, poi sparisce.

 

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Le decine di posti di blocco disseminati tutto intorno a Molinella sono assai blandi. I carabinieri danno un occhio, poi fanno cenno di passare. Su venti pattuglie incrociate, solo una si prende la briga di fare aprire il bagagliaio al cronista. La sensazione è insomma che siano lì non tanto nella illusione che Igor gli passi sotto il naso, ovvero nella botta di fortuna che a dicembre vicino Milano mise fine alla fuga del terrorista Amri, quanto invece per essere pronti a bloccare le strade e le vie di fuga nel momento in cui scatterà l’allarme vero, l’avvistamento accertato: e allora le maglie si dovranno chiudere strette, per impedire che scivoli via un’altra volta, come dopo l’ultimo ammazzamento a Portomaggiore, quando una pattuglia se lo è fatto sfuggire via qua vicino, a Malmorta.

 

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Tutto l’apparato di caccia è tarato su una certezza: che da quel momento, dall’incrocio ravvicinato con i carabinieri a Malmorta, Igor non possa avere fatto tanta strada. Così nei venti chilometri tutto intorno a Molinella è un susseguirsi di pattuglie, a ogni incrocio di statale, di provinciale, di strada poderale. Se davvero Igor è qui intorno, tra i canneti dell’oasi di Campotto, le sponde del Reno e del Sarmento, prima o poi sbucherà fuori.

 

Ma se è già filtrato può essere chissà dove, perché già dopo Argenta non c’è più mezzo posto di blocco. Eppure anche quelli sono posti che conosce bene, battuti in lungo e in largo nella prima fase della sua carriera, prima di essere arrestato nel 2007: e di nuovo nel 2015, dopo che lo avevano scarcerato e gli avevano permesso di restare in Italia con una espulsione burla.

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Se davvero, come sospettano gli inquirenti, Igor/Ezechiel è anche l’assassino di Salvatore Chianese, la guardia giurata uccisa il 30 dicembre 2015 in una cava di ghiaia a Savio di Ravenna, allora significa che il territorio dove il lupo sa muoversi è quasi sconfinato, dalla provincia di Bologna fino a ridosso del mare.

 

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Certo, oggi è a piedi e braccato, ma ha fatto di queste terre pacifiche la sua steppa personale, e circondarlo non sarà facile. In queste ore, analizzando le sue imprese, gli inquirenti hanno raggiunto una convinzione: spara solo quando si sente in pericolo, quando vede una reazione. Per questo il tabaccaio di Budrio è morto, e il metronotte di Consandolo - che gli ha consegnato la sua arma senza fare storie - è ancora vivo. Ma come si comporterà, quando si troverà davvero in trappola?

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