aris messini fotografa i migranti dalla libia -8

CAMMINARE SUI MORTI PER ARRIVARE ALLA SALVEZZA - IL FOTOGRAFO ARIS MESSINIS DOCUMENTA L'ORRORE DEI BARCONI IN PARTENZA (E IN NAUFRAGIO) DALLA LIBIA - ''SEMBRAVA UNA NAVE DEGLI SCHIAVI'', CON BAMBINI USATI COME BANDIERE E 22 MORTI PER ASFISSIA. ''HO VISTO MOLTE COSE STRAZIANTI, MAI UNA SCENA SIMILE'

Angela Geraci per www.corriere.it

 

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Aris Messinis ha spesso messo da parte la sua macchina fotografica per aiutare i soccorritori durante i salvataggi dei migranti nel Mediterraneo. Il fotografo dell’Afp, 39 anni, segue la crisi da tre anni. Ma martedì 4 ottobre 2016 ha tenuta stretta la sua macchina tra le mani e ha documentato l’operazione di recupero di circa mille persone che erano stipate a bordo di un barcone di legno azzurro, a 12 miglia nautiche dalla Libia.

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“C’erano uomini e donne che camminavano sui cadaveri – ha raccontato al New York Times  –  Altri che, per la disperazione, usavano neonati come bandiere, per segnalare la propria presenza”. La scena più orribile però lo aspettava nella stiva della barca azzurra, dondolata dalle onde: “C’erano più di seicento persone ammassate, in condizioni identiche a quelle delle navi degli schiavi”.

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Messinis era insieme al personale della ong spagnola Proactiva Open Arms a bordo della nave Astral. Nell’operazione sono stati recuperati anche i corpi di 22 persone, quasi tutte morte probabilmente per asfissia nella pancia della barca diventata una camera di morte. Le salme, chiuse in sacchi di plastica, arriveranno questa sera nel porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa. Proprio lì dove era diretta la barca. In tutta la provincia siciliana è partita la ricognizione delle celle frigorifere disponibili per ospitare i corpi.

 

 

Poi comincerà il lungo lavoro di identificazione. Da quei corpi straziati, ustionati dalla micidiale miscela di gasolio e acqua di mare, arsi dal sole e dalla sete, si preleveranno dei campioni per conservare il loro Dna. Dai corpi scomposti su cui sono rimasti ancora dei vestiti si cercherà di recuperare e catalogare tutti quegli oggetti che un giorno potranno essere utili per restituire un’identità a quelle persone. Spesso, cuciti dentro gli abiti, ci sono documenti importanti, foto di famiglia, piccoli corani, denaro. Tutto verrà chiuso in buste e custodito in attesa che qualche parente si faccia avanti.

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I migranti soccorsi dalla Astral erano tutti africani: venivano da Eritrea, Etiopia, Somalia, Nigeria e altri Paesi dell’Africa sub sahariana.

 

Erano tutti stretti e schiacciati su un’imbarcazione che poteva portare circa 200 persone. Loro erano circa mille.

 

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 “Le persone sul barcone erano nel panico più totale”, ha raccontato Messinis. A poco sono serviti  gli sforzi del personale della nave Astral che invitava i migranti a mantenere la calma.

 

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La politica, i giornali e le televisioni – da anni ormai – trattano spesso la questione dei migranti da un punto di vista “matematico”: numeri, cifre, quanti morti, quanti salvati, come smistarli nei centri, quanto costa. Dati freddi con cui i Paesi di accoglienza devono certamente fare i conti. Ma che spesso, in un perverso effetto assuefazione, fanno dimenticare  che i migranti sono persone che hanno affrontato  lunghi mesi di viaggio da incubo attraverso il deserto, di detenzione in Libia, di violenze e privazioni; uomini, donne e bambini che hanno visto morire chi aveva iniziato la fuga con loro; giovani che hanno sfidato un mare immenso che in molti casi non avevano mai neppure visto prima.

 

 

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“Nel mio lavoro ho visto molti morti ma mai nulla di simile – conclude  Aris Messinis – Questa volta è stato choccante:  è qualcosa che ti fa sentire la distanza tra il nostro mondo e la civiltà”.

 

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