CANNES NON È PIÙ QUELLA DI UNA VOLTA – 'VARIETY' INFILZA I FRANCESI: GUADAGNINO E BRADLEY COOPER NON PORTERANNO I LORO FILM AL FESTIVAL: PER CHI PUNTA ALL'OSCAR, LA CROISETTE E' DIVENTATA PEGGIO DELLA KRIPTONITE. MOLTO MEGLIO VENEZIA, TORONTO E TELLURIDE - IL GRAN RIFIUTO A NETFLIX, IL #METOO, LO SCHIAFFO AI CRONISTI CON L'ABOLIZIONE DELL'ANTEPRIMA STAMPA
DAGONEWS
Se a un festival cinematografico che si tiene nel sud della Francia non c’è (quasi) nessuna star internazionale, chi – nel resto del mondo – lo prenderà in considerazione? A porsi la domanda è Variety, la bibbia del cinema, con un articolo firmato da Ramin Setoodeh e Brent Lang.
Cannes non ha mai dovuto affrontare così tante domande sul suo futuro, che non sembra più così luccicante. Colpa dei fattori #MeToo e Netflix, ma non solo.
Una torre d’avorio, Cannes, dove l’elité di un’elité si è rinchiusa su se stessa senza accorgersi che il mondo intorno è cambiato. Così si spiega il gran rifiuto posto alle produzioni Netflix, a cui è seguito il divieto di selfie sul tappeto rosso. E anche sul #MeToo, che pure sta spazzolando via ondate di registi e produttori, non c’è una posizione chiara, scrive Variety. “non ci sono molte registe donne nella lineup. La rappresentazione più visibile arriverà dalla giuria, guidata da Cate Blanchett, affiancata da Ava DuVernay, Kristen Stewart, Léa Seydoux e Khadja Nin”.
Non basta, secondo Variety, che evidenzia come “il festival non abbia aggiornato il suo codice di condotta per condannare e bandire le molestie”. Cosa avrebbe dovuto fare, non è chiaro. Anche perché allo stesso Variety, il direttore Thierry Frémaux aveva detto: “Non possiamo sostituirci al sistema giudiziario o alla polizia. Contro molestie e stupri ci sono le leggi”.
Si tratta fin qui solo di sintomi. Il vero problema di Cannes è che la sua influenza sul cinema contemporaneo è svanita. Quel misto di celebrità e cinefilia che da 71 anni sfila sulla Croisette è un mito che non esiste più. “Per gli studios far viaggiare star e registi fino alla Costa Azzurra costa una cifra che i piccoli produttori non si possono permettere”. Il cinema d’essai, che Cannes tipicamente celebrava, è rimasto fuori da un sistema che premia le produzioni più ricche e commerciali.
Altra questione cruciale è la tempistica. Se vuoi lanciare la volata agli Oscar per un film, la spinta propulsiva e pubblicitaria di Cannes si esaurisce nel lasso di pochi mesi. Da maggio a febbraio c’è quasi un anno. Meglio portarli a Telluride, Toronto o Venezia, festival più vicini al voto degli Academy Awards. Una teoria corroborata dalla pratica degli ultimi anni, dove le pellicole presentate sulla Croisette sono state bruciate nella corsa agli Oscar. Non a caso A star is born di Bradley Cooper e Suspiria di Guadagnino hanno rifiutato l’invito a Cannes.
Film come Loving di Jeff Nichols, Foxcatcher di Bennet Miller e Carol e Wonderstruck di Todd Haynes furono lanciati a Cannes con gran chiacchiericcio da Oscar, ma gli studios non sono riusciti a tenere l’abbrivio verso le statuette quando la pioggia di papabili ha debuttato ai festival autunnali. L’ultimo Oscar per il miglior film a debuttare a Cannes è stato The Artist nel 2011. Da allora, ogni vincitore della statuetta più ambita ha debuttato a Venezia, Telluride o Toronto.
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L’anno scorso, si era trovato un compromesso con Netflix, che aveva una forte presenza con “Okja”, “The Meyerowitz Stories” e attori di primo piano come Adam Sandler, Jake Gyllenhaal e Tilda Swinton. Adesso, per dire, non ci sarà nemmeno Sorrentino, che pure Cannes aveva lanciato nel mercato internazionale con il premio della giuria a “Il Divo”, nel 2008.
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