CANNOLO AMARO – GUERRA TRA D&G E DIET PRADA, L'ACCOUNT INSTAGRAM CHE HA FATTO ESPLODERE LO SCANDALO PUBBLICANDO LO SCAMBIO DI MESSAGGI CON STEFANO GABBANA – IL CURATORE: “QUESTO STUPIDO BLOG DI MODA E' RIUSCITO A STIMOLARE LA REAZIONE DELLA COMUNITÀ CINESE. MIO PADRE LAVAVA I PIATTI A NEW YORK, SO COS'E' IL RAZZISMO, ORA LO SA PURE CHI SOSTIENE DOLCE & GABBANA. IMPARATE A TRATTARE I CLIENTI NON SOLO COME UNA VOCE DI BILANCIO” – LA BATOSTA RISCHIA DI FAR SALTARE I CONTI DEL BRAND: TUTTI I NUMERI
DAGONEWS
DOLCE E GABBANA NEL VIDEO DI SCUSE ALLA CINA
L’eco dello scandalo esploso sul marchio D&G sembra non arrestarsi. E mentre Dolce e Gabbana corrono al riparo intervenendo con scuse pubbliche, è guerra con DietPrada, uno degli account di moda più seguiti su Instagram, che ha pubblicato lo scambio di messaggi con Stefano Gabbana che esprimeva opinioni estremamente razziste e offensive verso la Cina.
La miccia che ha fatto esplodere lo scandalo è diventato una medaglia al petto dell’account, che su Instagram è tornato a replicare allo stilista italiano con un lungo post:
“Ciao dieters!
Dopo quasi 4 anni di Diet Prada (il 4° compleanno sarà il 14 dicembre) e avendo passato gli ultimi anni a fare luce sulle ingiustizie nel settore della moda, voglio spiegare perché lo scandalo Dolce&Gabbana è stato così importante per Diet Prada grazie all'aiuto di Michael Atranova, Anthxnyxo, e di questa grande comunità che è il motore dell’esplosione delle nostre storie.
I miei genitori sono emigrati a New York dalla Cina all’inizio degli anni '80, nella speranza di un futuro migliore per loro stessi. Mentre mia madre iniziava a lavorare in una fabbrica di abbigliamento, mio padre lavava i piatti in un ristorante cinese... non di certo un lavoro affascinante (quello che Stefano potrebbe definire “sporco”), ma rispettabile, che è stato in grado di farmi capire le fondamenta del duro lavoro, della determinazione, della perseveranza per guadagnare e costruire una famiglia.
Crescendo in una comunità prevalentemente bianca nella parte settentrionale di New York, il razzismo si insinuava al punto da essere normalizzato. La differenza, ora, è che questi stessi atteggiamenti sono stati perpetrati da due individui pubblici ed estremamente potenti. Ma presto i loro alleati che hanno scelto di normalizzare questo comportamento girando la testa dall’altra parte dovranno risponderne, anche se D&G non l’hanno fatto.
Di recente, ho partecipato all'80esimo compleanno di mio zio (e una delle celebrazioni importanti nella cultura cinese ogni 10 anni dall'età di 60 anni). È stata un'enorme riunione di più di 70 membri della famiglia... immigrati e americani di prima generazione. Dopo i tanti discorsi degli anziani che raccontavano le difficoltà del viaggio per arrivare negli Stati Uniti e l'importanza dell'eredità da lasciare ai loro figli, non ho smesso di chiedermi qual era il mio scopo. Che impatto avrei dovuto avere sugli altri?
PROTESTE DI CINESI DAVANTI AI NEGOZI DOLCE E GABBANA
Sono orgoglioso che questo “stupido blog di moda” (come lo chiama Stefano) sia stato in grado di stimolare lo spirito della più grande comunità cinese che sta facendo pagare conseguenze serie a un importante marchio del lusso mondiale. Una sfilata da 12 milioni di dollari è stata cancellata in poche ore, senza contare la reazione di diverse celebrities e della rete di vendita… e questo è solo l'inizio. Ciò avrà un impatto a lungo termine sulla futura espansione del mercato? La rapida mobilizzazione dei cinesi sembra essere un indicatore. Il post di Diet Prada ha generato 15 milioni di impressions... grazie ai vostri repost e alle vostre condivisioni.
Il messaggio è forte e chiaro: rispettate i consumatori dei mercati da cui volete trarre profitto. Non state facendo loro un regalo… state prendendo i loro soldi. Guardate le persone come qualcosa di più di una semplice riga sul bilancio delle vostre entrate”.
Daniela Fedi per ‘il Giornale’
La domanda è una sola: perché un marchio d' immagine come Dolce & Gabbana non ha la minima idea di come si fa immagine in Cina? Se lo chiedono in tanti tra gli addetti ai lavori della moda e i businessman che hanno aperto o sperano di aprire proficue trattative d' affari con il Grande Paese.
Pare infatti che gli errori commessi siano stati tantissimi prima, durante e dopo la clamorosa storia del mega evento di Shanghai cancellato dall' ufficio degli Affari culturali cinesi per le accuse di razzismo e sessismo lanciate sul web contro il brand.
Gli esperti dicono che la prima e più grave offesa sono stati quei video fatti in Italia per attirare l' attenzione su The Great Show (così era stata battezzata la sfilata-spettacolo) e postati su Weibo, il Facebook cinese, oltre che sui social media dell' azienda e su quello personale di Stefano Gabbana.
«Le bacchette per noi sono intoccabili», sostengono i cinesi di Milano criticando anche l' aspetto della modella e i troppi stereotipi della location. Stendiamo poi un pietoso velo sul doppio senso - più volgare che divertente - della battuta «è troppo grande per te?» pronunciata dalla voce maschile fuori campo mentre la modella è alle prese con un enorme cannolo.
Insomma un disastro su cui poi si è inserito il problema delle pesanti offese postate sui social media di Dolce & Gabbana che dicono di avere subito un atto di pirateria informatica su cui sarebbe in corso un' indagine legale.
«Bisognava prima di tutto scusarsi e poi dire di essere stati hackerati», sostiene Francesco Sisci, uno dei più importanti sinologi al mondo, per anni corrispondente dalla Cina delle maggiori testate italiane, oggi editorialista di Asia Times e docente di politica europea all' università del Popolo di Pechino.
«In Cina - continua - per questioni storiche sono molto più sensibili a certi argomenti per cui è facile incorrere in accuse di razzismo. Infatti la prima reazione a questa brutta vicenda è arrivata dalla gente comune. Poi è arrivato tutto il resto che certo non è poco».
Gravissimo, ad esempio, l' annuncio del ritiro di tutti i prodotti firmati D&G dalle piattaforme internet cinesi.
«È un danno incalcolabile», spiega ancora Sisci. Infatti per alcuni prodotti di moda l' e-commerce in Cina vale il 90 per cento se non di più dell' intero giro d' affari. Inevitabile a questo punto ricordare che Dolce & Gabbana deve al mercato cinese un terzo del suo fatturato complessivo, che quest' anno ha raggiunto la cifra record per un' azienda privata di 1,3 miliardi di euro.
«Potrebbero perdere anche molto di più», conclude il sinologo. Si teme infatti un effetto domino su importanti mercati asiatici come Corea e Giappone (anche loro mangiano con le bacchette) e poi non bisogna dimenticare che gli Stati Uniti hanno un debito enorme con la Cina.
PROTESTE DI CINESI DAVANTI A NEGOZI DOLCE E GABBANA
Come se questo non bastasse ieri il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Geng Shuang, a una richiesta di commento del governo sulla vicenda ha risposto: «Non è una domanda diplomatica e non lascerò neppure che lo diventi. Bisognerebbe chiedere alle persone comuni come si pongono davanti a questa faccenda».
Le risposte sono già arrivate sui social media dove vengono postate foto di cinesi che protestano davanti alle vetrine di Dolce & Gabbana (l' altra sera è successo anche in via Montenapoleone a Milano) oltre a una riedizione dei filmati incriminati con la ragazza che maneggia da vera maestra di bon ton le posate occidentali.
Inutile dire che a tutti piacerebbe saperne di più sulle reazioni dei due designer: Gabbana nei panni del cattivo come Harvey Weinstein e Dolce che secondo Dagospia avrebbe pianto come una vite tagliata nella sede del quartier generale dello show, ovvero il Grand Hyatt Hotel dove risiedevano le 200 persone dello staff portato dall' Italia. Gli altri ospiti, tra cui alcuni vip come Eva Herzigova, che avrebbe anche dovuto sfilare, stavano al Mandarin. Si dice che qualcuno sia rimasto lì. Per la sfilata di Miu Miu che, invece, si è svolta regolarmente.
DOLCE E GABBANA SFILATA 4DOLCE E GABBANA SELFIE NEI VICOLIDOLCE E GABBANA PIZZA FRITTADOLCE E GABBANA A NAPOLI - SAN GREGORIO ARMENO 9DOLCE E GABBANA A NAPOLIDOLCE E GABBANA SUL PRESEPE