ANCHE CARLO CRACCO È UN DURO DAL CUORE TENERO: “SENZA MIA MOGLIE ROSA NON AVREI AVUTO LA POSSIBILITÀ DI ESSERE LIBERO E CREATIVO, CI COMPENSIAMO IN MODO ASSOLUTO” – L’ALBERGHIERO, L’ESPERIENZA DA MARCHESI E LA SPINTA DELLA MADRE: “IL SUO ARROSTO DELLA DOMENICA È IL PROFUMO CHE RICORDO CON MAGGIORE INTENSITÀ. DA RAGAZZO AVEVO LA PASSIONE PER MANGIARE PIÙ CHE PER CUCINARE. POI LEI UN GIORNO MI HA DETTO CHE DOVEVO…”
Giovanni Terzi per “Libero quotidiano”
«A Draghi cucinerei una piadina». «Senza mia moglie Rosa non avrei avuto la possibilità di essere libero e creativo, noi due ci compensiamo in modo assoluto e grazie a lei ho avuto la possibilità di capire dimensioni del mio lavoro diverso».
Così inizia il racconto di Carlo Cracco durante la nostra intervista nello scenario del Grand Hotel di Rimini durante la rassegna "La terrazza della dolce vita" iniziativa sostenuta da Libero. Il cibo è anche nel racconto, di come si compone e da dove proviene, ed è così che diventa un patrimonio culturale universale e straordinario del nostro paese.
Per questo motivo mi piace ricordare una frase di Manuel Vazquez Montalban, il grande scrittore spagnolo che narrò le gesta del detective-gourmet Pepe Charvalho: «Non si sa di nessuno che sia riuscito a sedurre con ciò che aveva offerto da mangiare, ma esiste un lungo elenco di coloro che hanno sedotto spiegando quello che si stava per mangiare». Così la passione per il cibo e la conoscenza delle materie prime diventano una parte fondamentale della cultura del nostro paese.
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Come è la cucina italiana Carlo?
«Il nostro paese ha una cucina che ne rispecchia le caratteristiche più profonde. Non esiste una vera e propria cucina italiana, piuttosto c'è una fortissima cucina regionale con una varietà che fa invidia al mondo intero. L'Italia è il paese delle trattorie e dei prodotti tipici a differenza della Francia».
In che senso a differenza della Francia?
«Lì esiste una cucina nazionale e non una cucina tipica regionale».
In Emilia Romagna stai aprendo con tua moglie Rosa una azienda agricola. Come mai la scelta è cascata a Sant' Arcangelo di Romagna?
«Molti motivi mi hanno portato a scegliere questa regione. La prima che mia moglie e la sua famiglia sono romagnoli e poi da sempre, sin da bambino venivo qui. Mio papà era un grande fan di questa regione ed io per cinque anni, dai cinque ai dieci anni, andavo un mese e mezzo in estate in colonia a Riccione».
CARLO CRACCO RIMPROVERA UN CONCORRENTE A HELLS KITCHEN
Quando è nata la sua passione per la cucina?
«Devo ammettere che da ragazzo avevo la passione per mangiare più che per cucinare. Poi mia mamma un giorno mi ha detto che dovevo dimagrire e così ho riflettuto molto su come gestire questa necessità...».
E la riflessione cosa ti ha portato a fare?
«Mi sono detto che sarebbe stato meglio iniziare a fare da mangiare e controllare il mio amore per il cibo».
E così hai deciso di fare la scuola alberghiera...
«Un tempo la scuola alberghiera era scelta da chi non voleva più di tanto studiare, ma per me era differente; posso dire che ai miei tempi era scelta dagli scappati di casa e qualche figlio d'arte. Mio padre, inoltre, non era particolarmente favorevole e mi diceva sempre che io ero fatto per mangiare più che per cucinare».
Un motivatore?
«Mio padre è sempre stato così. Una persona severa che amava Casadei e la Mazurca; comunque pensa che l'unica insufficienza che avevo era proprio in cucina».
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Vuoi dirmi che il professore di cucina ti dava cinque?
«Assolutamente sí».
L'hai più visto, cosa ti ha detto quando sei diventato uno degli chef più famosi al mondo?
«Che è anche grazie a lui che sono riuscito a migliorarmi».
Poi con la valigia di cartone sei arrivato a Milano da Gualtiero Marchesi...
«Più che con la valigia di cartone sono arrivato senza nulla. Prima di arrivare a Milano sono stato da Mario Baratto, che è stato un grande punto di riferimento».
CARLO CRACCO RIMPROVERA UN CONCORRENTE A HELLS KITCHEN
Mario Baratto patron del ristorante "Da Remo" a Vicenza tempo fa rilasciò una intervista sul Gazzettino di Venezia in cui così descriveva il giovane Cracco: «È arrivato da me all'età di 14 anni dall'istituto alberghiero Artusi di Recoaro, dove un illustre professore che lo voleva bocciare in cucina gli aveva consigliato di andare a lavorare e suo padre non voleva che facesse il cuoco.
L'ho preso a settembre, è tornato anche l'anno successivo ed i seguenti per 5 volte finché non ha finito la scuola e l'ho mandato da Marchesi su mia intercessione. Sono stato per lui come un padre severo. Io ho capito subito che sarebbe diventato un grande, tanto che per la sua curiosità lo avevamo soprannominato "prezzemolo"».
Come è stata l'esperienza da Marchesi?
«Importante e molto costruttiva. Eravamo due italiani, Davide Oldani ed io, due tedeschi, due francesi e due austriaci...».
Sembra una barzelletta... «Ma non lo è: parlavamo in inglese e si sgobbava come matti». E quando tornava a casa tuo padre cosa diceva? Era soddisfatto dei successi che man mano ottenevi?
«Papà diceva sempre che i piatti di mia mamma erano i migliori».
Quale è il piatto che più ami mangiare?
«Non esiste un piatto in particolare. Ho però il ricordo dei profumi e dei sapori».
E qual è il profumo che ricordi con maggiore intensità?
«È quello dell'arrosto della domenica che faceva mia mamma. Mi svegliavo alle nove e mezza la domenica e sentivo quel coacervo di sapori ed aromie capivo che era domenica, era festa».
Questo anno e mezzo è stato molto duro per voi ristoratori. Come ha superato questo momento?
«Io, per scelta, non ho mai voluto fermarmi e quindi ho cercato di usare al meglio ogni opportunità, dal delivery fino anche al cucinare i piatti per gli operai in ospedale. Per me è sempre stato decisivo non arrendermi e non demordere mai».
E per il futuro cosa prevedi?
«Dobbiamo darci tutti una calmata. Già abbiamo la pandemia che ha messo a soqquadro tutto, se poi aggiungiamo anche la gente che si agita non ne usciamo più. Oggi le cose, per fortuna, stanno andando abbastanza bene perché c'è la possibilità di mangiare all'esterno, ma tra qualche mese, in autunno, cosa succederà?».
Lei quindi è favorevole al Green pass?
«Io sono favorevole a ciò che è green».
E cosa farebbe da mangiare al premier Mario Draghi?
il ristorante di carlo cracco in galleria a milano
«Siamo in Romagna e gli preparerei una bella piadina capace di contenere tutte le cose che il premier deve e vuole mettere dentro. Ne uscirebbe un piatto davvero interessante».
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