giulia ligresti

“SI HA DIRITTO ALL'INDENNIZZO PER INGIUSTA DETENZIONE ANCHE DOPO AVER PATTEGGIATO” – LA CASSAZIONE, PARTENDO DAL CASO DI GIULIA LIGRESTI, AFFERMA UN PRINCIPIO CHE RICONOSCE IL DIRITTO A ESSERE RISARCITI DALLO STATO SE SI FINISCE IN PRIGIONE, DA INNOCENTI, ANCHE A SEGUITO DI PATTEGGIAMENTO – LA FIGLIA DEL COSTRUTTORE, NEL CASO FONSAI DEL 2013, PATTEGGIÒ PER REATI GIUDICATI POI INSUSSISTENTI. ASSOLTA NEL 2019, È STATA IN CARCERE E AI DOMICILIARI. ORA LA SUA RICHIESTA E’ DI 1,3 MILIONI…

Estratto dell’articolo di Luigi Ferrarella per www.corriere.it

 

Anche se la detenzione era stata conseguenza di una pena che l’imputato aveva chiesto e ottenuto di poter patteggiare, in caso di sopraggiunta revisione questa richiesta di patteggiamento non può essere intesa come causa dell’errore giudiziario costituito dalla sentenza di patteggiamento, e quindi non può di per sé escludere la necessità per i giudici di rivalutare in concreto se quell’imputato abbia ugualmente diritto alla riparazione dell’errore giudiziario.

 

giulia ligresti mostra love

L’innovativo principio viene affermato ora dalla Cassazione nel caso di Giulia Ligresti, figlia del costruttore e assicuratore Salvatore, che nel 2013 nel caso Fonsai chiese e ottenne di patteggiare proprio quegli stessi reati giudicati poi però insussistenti dalle contrastanti sentenze che nel 2015 assolsero invece il fratello Paolo. Ciò innescò la revisione della pur definitiva condanna di Giulia Ligresti, la sua assoluzione nel 2019, e l’indennizzo per ingiusta detenzione riconosciutole dalla competente Corte d’Appello milanese ma solo per i 16 giorni di custodia cautelare in carcere nel 2013, e non anche per i 50 giorni di domiciliari successivi alla richiesta di patteggiare, e tantomeno per i 20 giorni di pena espiata in carcere nel 2018.

 

giulia ligresti mostra love

Adesso, invece, la Cassazione […] annulla quella decisione della Corte d’Appello e ordina un nuovo giudizio nel quale i giudici […] dovranno attenersi al principio indicato. E cioè non ritenere che la richiesta di patteggiamento sia di per sé ostativa alla riparazione della ingiusta detenzione successiva alla richiesta di patteggiamento, ma valutare nel caso concreto in una prospettiva ex post se l’errore giudiziario sia stato causato dalla condotta dell’imputata durante le indagini, e se (in un prospettiva invece ex ante) si possano ravvisare o meno in quella condotta dell’imputata le due uniche condizioni che possono far rigettare l’indennizzo, e cioè il «dolo» o la «colpa grave».

 

GIULIA LIGRESTI

Una prognosi che sembra aprire la strada a Ligresti, visto che l’anno scorso, con riferimento al segmento parziale già risarcitole nonostante l’Avvocatura dello Stato sostenesse che un po’ di colpa l’aveva avuta Ligresti con gli interrogatori del 2013 «ritenuti reticenti», i giudici d’Appello Nova-Curami-De Magistris avevano concluso che non fosse emerso «alcun elemento a supporto di tale considerazione», né che l’assoluzione avesse accertato «comportamenti ambigui o reticenti dell’imputata nelle indagini».

 

Nell’inchiesta sui supposti falsi da 600 milioni nelle riserve sinistri di Fondiaria-Sai, Giulia Ligresti fu arrestata dal gip di Torino il 17 luglio 2013 quale vicepresidente di Fondiaria (pur senza deleghe esecutive) e asserita beneficiaria con i familiari «del sistema fraudolento». Replicò di nulla sapere di criteri contabili, dismise ogni carica, e il 2 agosto chiese di patteggiare. Il 28 agosto passò dal carcere ai domiciliari su richiesta del pm […]

Il 3 settembre 2013 Ligresti ottenne dal gip di patteggiare 2 anni e 8 mesi, il 19 settembre tornò libera.

 

GIULIA LIGRESTI

Fino a quando il 19 ottobre 2018 fu arrestata per scontare appunto la pena patteggiata nel 2013. Solo che nel frattempo a Milano il fratello Paolo e due manager (dopo gli atti trasmessi per competenza da Torino) erano stati assolti il 16 dicembre 2015 per insussistenza di quei medesimi reati costatile invece la condanna nel 2013. Un contrasto di giudicati che determinò lo stop all’espiazione della pena il 7 novembre 2018, la revisione della condanna, e l’assoluzione l’1 aprile 2019 «perché il fatto non sussiste».

 

Nel 2022 Giulia Ligresti aveva allora chiesto alla Corte d’Appello di Milano di essere indennizzata con 1,3 milioni sia per errore giudiziario sia per ingiusta detenzione, e il tema in gioco era se aver patteggiato fosse o no uno di quei «comportamenti dolosi o gravemente colposi» che per legge escludono l’indennizzo.

GIULIA LIGRESTI

 

E in effetti la Corte d’Appello negò ristoro all’errore giudiziario perché il patteggiamento «è inequivocabile manifestazione di volontà dell’imputato» e «presuppone il suo implicito riconoscimento di responsabilità». Per lo stesso motivo non riparò anche l’ingiusta detenzione nei giorni successivi alla richiesta di patteggiamento. Invece riconobbe l’equa riparazione (che non è risarcimento di un inesistente comportamento illecito della pubblica amministrazione, ma un equo ristoro) solo dei 16 giorni dal 17 luglio all’1 agosto 2013 nei quali ravvisò che Ligresti fosse stata ingiustamente detenuta in custodia cautelare. Lo fece però quadruplicando la somma rispetto al parametro di legge (non 256 ma 1.000 euro al giorno) «in considerazione del clamore mediatico dell’arresto» e della «particolare afflittività» della detenzione.

GIULIA LIGRESTI

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