"HO RISO DUE VOLTE IN CELLA DI ISOLAMENTO. LA PRIMA VOLTA CHE HO VISTO IL CIELO E POI QUANDO C'ERA UN UCCELLINO CHE HA FATTO UN VERSO BUFFO" - CECILIA SALA RACCONTA NEL SUO PODCAST ("STORIES"), INSIEME A MARIO CALABRESI, L'ARRESTO E I GIORNI PASSATI NEL CARCERE DI EVIN, IN IRAN: "HO LETTO DELL’ARRESTO DI ABEDINI, HO PENSATO CI FOSSE L’INTENZIONE DI USARMI. PENSAVO CHE SAREBBE STATO UNO SCAMBIO MOLTO DIFFICILE, MI INTERROGAVANO TUTTI I GIORNI, HO PRESO IN CONSIDERAZIONE DI ESSERE ACCUSATA DI COSE GRAVI"
Estratto dell'articolo di Greta Privitera per www.corriere.it
La puntata finisce così: «Non vedo l’ora di tornare a raccontare». Cecilia Sala, di nuovo libera da 24 ore, riparte dalla sua di storia. Dai suoi 20 giorni da detenuta in Iran. Li racconta a voce a Mario Calabresi, il suo direttore, il fondatore di Chora Media che l’ha mandata a Teheran, in una puntata appena del suo podcast Stories dal titolo I miei giorni a Evin, tra interrogatori e isolamento.
In questa conversazione intensa e gioiosa c’è tutto. Il motivo che l’ha spinta a tornare nel Paese che più ama, il momento in cui dall’albergo è stata portata a Evin, l’isolamento, i minuti e le ore che non passano mai, la mancanza di chi è a casa, la gioia che dà rivedere il cielo quando ti è negato guardalo liberamente.
Poi l’abbraccio potente con la compagna detenuta che non varcherà il cancello di Evin da donna libera come invece è successo a lei, l’8 gennaio. In una puntata di 40 minuti, la giornalista di Chora Media e Il Foglio risponde a domande che in queste tre settimane avremmo voluto farle tutti: Che cosa provi? Che cosa ti manca? Come ti trattavano?
«A un certo punto mi sono ritrovata, ad esempio, a passare il tempo, a contare i giorni, a contare le dita, a leggere gli ingredienti del pane che erano l'unica cosa in inglese». Oppure i libri. I libri come mezzo in cella per tornare libera: «E la cosa che più volevo era un libro. Era la storia di un altro, qualcosa che mi portasse fuori. Un'altra storia in cui mi potessi immergere e che non fosse la mia in quel momento».
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Non mancano passaggi sull’ingegnere iraniano arrestato a Milano, Abedini: la giornalista aveva capito che la storia «dell’uomo dei droni» poteva essere collegata alla sua detenzione. E poi la passione per il suo lavoro, per le storie che racconta e l’infinita voglia i tornare a raccontarle.
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Ho riso due volte in cella di isolamento. La prima volta che ho visto il cielo e poi quando c'era un uccellino che ha fatto un verso buffo. Il silenzio è un nemico in quel contesto (...)
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