
CESARE BATTISTI ARRIVERÀ ALL’AEROPORTO DI CIAMPINO ALLE 12.30, CON UN VOLO SPECIALE DIRETTO DALLA BOLIVIA, EVITANDO IL PASSAGGIO IN BRASILE CHE HA PERMESSO DI NON IMPEGNARE IL GOVERNO ITALIANO AL LIMITE DI CONDANNA DI 30 ANNI, CHE AVREBBERO RICHIESTO LE AUTORITÀ BRASILIANE: AD ATTENDERE IL TERRORISTA C’E’ L’ERGASTOLO - LA CITTADINA DI SANTA CRUZ DE LA SIERRA E’ SOLO UNO DEI TANTI POSTI ABITATI DA BATTISTI, CHE HA AVUTO A DISPOSIZIONE MOLTI FIANCHEGGIATORI, FORNITI DAI NARCOTRAFFICANTI - MA L'ASSENZA DI SOLDI LO TORMENTAVA E...
1 - CESARE BATTISTI, LA FUGA È FINITA. OGGI ATTERRA A ROMA
Rocco Cotroneo per www.corriere.it
«Quell’italiano consegnatelo agli italiani. Niente passerella in Brasile!». Alla fine il martello l’ha battuto Evo Morales, il presidente della Bolivia. Ultimo leader presentabile della sinistra latinoamericana — e con qualche pressione interna affinché a Cesare Battisti venisse addirittura concesso l’asilo politico — Morales a metà giornata spiazza i brasiliani e il governo di estrema destra appena insediato. Quando Jair Bolsonaro, con la consueta virulenza, twitta parole come «l’assassino italiano e compagno di ideali di uno dei governi più corrotti mai esistiti al mondo (Lula, ndr)», i boliviani dicono alt.
ARRIVO A CIAMPINO
A quel punto anche a Roma prendono atto che il programma era cambiato, non ci sarebbe stata la desiderata tappa intermedia voluta dai brasiliani. Prima il premier Giuseppe Conte, poi il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede annunciano infine l’arrivo di Battisti per stamani a Roma. La previsione dell’esultante Matteo Salvini è per le 12,30, aeroporto di Ciampino.
ASILO POLITICO
La lunghissima giornata boliviana, iniziata con l’anticipazione di Corriere.it sulla cattura di Battisti nella città di Santa Cruz de la Sierra, ha avuto momenti di tensione e notizie contraddittorie. Compreso un ultimo appiglio per Battisti. In giornata il governo di Morales fa sapere che l’ex terrorista, il 21 dicembre scorso, ha presentato una domanda per ottenere asilo politico in Bolivia, proprio come aveva fatto qualche anno fa in Brasile. Un organismo chiamato «Difensore del popolo» sostiene che la legge vieta di espellere uno straniero che abbia chiesto rifugio prima che la domanda venga analizzata. Se un giudice avesse accolto la tesi, Battisti sarebbe potuto tornare in libertà in qualunque momento.
REALPOLITIK
In una conferenza stampa il ministro dell’Interno boliviano Carlos Romero è sbrigativo. «Non sappiamo da dove sia entrato, né da quando sia qui. Ma si tratta di un cittadino straniero in situazione migratoria irregolare e va espulso immediatamente. Nelle prossime ore verrà consegnato alle autorità italiane nell’aeroporto internazionale di Santa Cruz». Un decennio di stretta amicizia tra la Bolivia dell’«indio» Morales e l’ex presidente brasiliano Lula oggi in disgrazia non si poteva cancellare sull’altare della realpolitik.
Da qui la decisione di consegnare direttamente Battisti alle autorità italiane, all’aeroporto. Sfumava così tutto quello che si erano detti, fin dalla prima mattina, Bolsonaro e i nostri Conte e Salvini. Complimenti, scambi di cortesie e la definizione del latitante come «pacco regalo» dal Brasile all’Italia. L’aereo militare brasiliano che stava volando in Bolivia per portare Battisti a San Paolo, dove sarebbe stato presentato come preda, ha fatto marcia indietro. Quello italiano che doveva fermarsi in Brasile ha tirato dritto fino in Bolivia.
LA CONDANNA
È una questione solo formale, perché Battisti ha 64 anni, ma il cambio di programma potrebbe peggiorare la sua posizione di detenuto in Italia. In teoria i giudici italiani possono confermare la pena all’ergastolo, mentre se fosse partito dal Brasile, a causa di un impegno precedente con le autorità locali, non avrebbe dovuto scontare più di 30 anni. In questo caso ci sarebbero anche stati gli sconti di pena per i periodi già passati in carcere a Brasilia (4 anni) e molto tempo fa anche in Italia.
A metà pomeriggio Cesare Battisti è stato spostato dal commissariato di Santa Cruz all’aeroporto. Di nascosto dai fotografi, tra un enorme apparato di sicurezza. Gli fanno indossare persino un giubbotto antiproiettile, non si sa mai. Arriva l’ambasciatore italiano. Alle 22 ora italiana il decollo, destinazione Ciampino. La lunga latitanza stavolta è finita per davvero.
2 - L'ULTIMA BIRRA POI LE LACRIME «STAVOLTA È FINITA»
Andrea Galli per “il Corriere della Sera”
L' alito gli sa di birra. Ne ha bevuta parecchia anche oggi. Beve solo quella, marca Huari. Quando il poliziotto boliviano gli punta in faccia la pistola, gli urla di congiungere le mani dietro la nuca e di poggiare le ginocchia sull' asfalto, Cesare Battisti si abbassa lentamente, quasi nella paura di perdere l' equilibrio.
Quel poliziotto boliviano è sceso dalla macchina lanciando in aria la sigaretta appena accesa, ha attraversato di corsa la strada, estratto l' arma e urlato «Cesare fermati!». Lui, il terrorista, ha obbedito. Nella convinzione che fosse un banale controllo. Uno dei tanti controlli muscolari che fanno da quelle parti. Invece è stata la sua fine.
Quella che segue, è la ricostruzione della cattura , raccontata d al Corriere grazie a fonti dell' intelligence italiana e straniera . Le 17 di sabato scorso, le 22 in Italia. Santa Cruz de la Sierra. Una città popolosa, cosmopolita e di narcotrafficanti. Tre caratteristiche decisive nella scelta logistica del latitante.
In una tasca dei pantaloni, di cotone e di colore blu come la maglietta, Battisti ha l' equivalente in monete locali di tre euro. Dopo giorni di pioggia, è un sabato caldo e umido, ma il terrorista non ha tracce di sudore in fronte, sul viso coperto dalla barba e sui vestiti. Cammina da poco. È appena uscito dall' ultima tana, a cento metri dal monumento del Chiriguano, nel secondo anello urbano di Santa Cruz de la Sierra, non lontano dal centro e dalla bassa caserma della polizia, dove Battisti, accompagnato velocemente, si siede davanti a un tavolo di legno, farfuglia frasi in spagnolo e infine avanza un' unica richiesta: «Vorrei dormire, avete una coperta»?.
Lo faranno stendere sul divano della sala comune della caserma, quella che serve agli agenti per pranzare, guardare le partite di calcio e caricare i telefonini alle prese al muro.
Battisti si coricherà su un fianco. Riposerà tranquillo.
Ancora sicuro che ce la farà anche stavolta; che lo salveranno i soldi, i tanti soldi pagati ai criminali per garantirgli una rete di covi, e che lo hanno terribilmente indebitato; ancora sicuro che la caccia si perderà nei sistemi di potere sudamericani che mischiano corruzione, trattative tra Stato e anti-Stato, commando che eliminano gli avversari con le bombe. Si sbaglia. Gli stanno dietro da Natale. Ormai gli sono addosso.
Queste sono catture che accelerano le carriere. Di solito non della truppa, però. E questa è una storia di truppa. Sparuta. Agguerrita. Tre investigatori italiani dell' Interpol (un finanziere e due poliziotti) e quattro agenti boliviani, onesti e orgogliosi. È vero che è quel poliziotto boliviano a scorgere dal finestrino uno che può somigliare a Battisti, che gira tre video con il cellulare, e che li invia ai colleghi.
Ma dopo aver ricevuto la conferma di procedere, perché dai «match» sul computer, confrontando le vecchie fotografie a disposizione, quel viso «appartiene» al terrorista nel settanta per cento dei casi, l' agente sente arrivare alle spalle il resto della squadra. Sono tutti già lì, in zona. Da un paio di giorni, a costo di azzardare, le ricerche si sono concentrate proprio nel secondo anello urbano.
Cesare Battisti catturato in Bolivia cb96951ae4
Che Battisti fosse scappato in Bolivia, era stata un'immediata base investigativa. Individuare in quale luogo fosse, è stato un minuzioso, maniacale, sfiancante lavoro artigianale. La mappatura, enorme, dei telefonini di personaggi legati al mondo della mala, personaggi che a loro volta hanno permesso di agganciare pezzi grossi; l' incrocio tra quei cellulari e altri numeri che si credeva fossero in uso al latitante o comunque a chi lo custodiva; giorni e notti a leggere, sottolineare, barrare, per cristallizzare precise aree; e di nuovo giorni e notti a camminare, chiedere porta a porta, raccogliere testimonianze da verificare.
Le fonti boliviane sostengono che Santa Cruz de la Sierra sia stato uno dei tanti posti abitati da Battisti, che ha avuto a disposizione un consistente gruppo di fiancheggiatori, sembra fornito dai narcotrafficanti, e un altrettanto elenco di appartamenti, ripetutamente cambiati per non lasciare indizi.
Un fermo immagine dal video prima della cattura di Cesare Battisti
Forse è stato anche a La Paz, per garantirsi coperture politiche. Forse ha trovato ospitalità nei villaggi difficili da raggiungere e dove la gente non fa domande per non morire assassinata. Quale fosse il piano di Battisti a lungo termine, forse lo dirà lui stesso. Ma quanto davvero avrebbe resistito? L'assenza di soldi aveva iniziato a tormentarlo. Così come le pressioni di chi voleva saldati i prestiti. E che potrebbe anche averlo venduto oppure barattato informazioni preziose. Insieme a quegli spiccioli, in tasca il terrorista aveva un documento d' identità brasiliano. Il suo personale: ovvero l' esatto nome, Cesare Battisti, e l' esatta data di nascita, il 18 dicembre 1954.
La scelta di non comprare un documento falso è legata alla certezza che non l'avrebbero mai scoperto. A maggior ragione a Santa Cruz de la Sierra, una città di varie nazionalità dove un non boliviano non si nota né desta sorpresa fra i vicini di casa. Oltre alla birra, Battisti viveva di pizza, consumata sui tavolini all' aperto dei ristoranti. Non a caso, una delle decisive chiavi della ricerca investigativa s' è concentrata sulle pizzerie.
E ugualmente, gli sbirri le hanno battute tutte, hanno osservato i clienti, interrogato il personale, invitato i titolari a staccare dalla cassa il tempo necessario per smuovere i ricordi. Ha visto questa faccia? Quanto tempo fa? Con chi era quell' uomo? C' era il timore, realistico, che il terrorista avesse delle guardie armate oppure che avesse finanziato una contro-caccia, per stanare gli inseguitori e tendere trappole letali. Ma era solo. E solo Cesare Battisti è rimasto. Nessuno s' è mosso per tirarlo fuori dalla caserma. L' ha capito, il terrorista. E per due volte l' hanno visto singhiozzare.