CHIAMATE FREUD! - PRIMA DI ANDARE A LETTO CON STORMY DANIELS, NEL 2006, DONALD TRUMP LE DISSE "MI RICORDI MIA FIGLIA IVANKA: INTELLIGENTE, BIONDA E BELLISSIMA. SI FECE SCULACCIARE CON LA COPIA DI UNA RIVISTA CON IL SUO RITRATTO IN COPERTINA" - L'ASCESA DELLA PORNOSTAR (CON LE POPPE RIFATTE E I CAPELLI TINTI) CHE HA FATTO CONDANNARE IL TYCOON: DALLA FATTORIA DI FAMIGLIA IN LOUISIANA, DOVE SPALAVA IL LETAME, ALLE LUCI DELLA RIBALTA INTERNAZIONALE - DEL RAPPORTO SESSUALE CON TRUMP DISSE CHE "HA UN PENE INSOLITO, SOTTO LA MEDIA. HA IL PUBE DA YETI E I GENITALI COME IL FUNGO DI MARIO KART"
Estratto dell'articolo di Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
Pornostar, attrice e poi regista, autrice di un libro di memorie, imprenditrice che sulla storia del suo rapporto sessuale con Donald Trump ha costruito una lucrosa attività di merchandising. E, alla fine, testimone del processo che la fa entrare nei libri di storia: decisiva per la condanna penale di un presidente, un evento senza precedenti fin dalla nascita degli Stati Uniti.
Stormy Daniels, vero nome Stephanie Gregory Clifford: una ragazzina di una famiglia della Louisiana andata in pezzi — padre assente, madre rude e scostante — che a 17 anni comincia a fare la modella e a esibirsi in spettacoli di striptease a Baton Rouge perché «mi dava da vivere più di quello che facevo prima: spalare letame in una stalla».
Poi la trasformazione in pornostar, i film, fino all’incontro con Trump durante un torneo di golf a Lake Tahoe, in Nevada. E la storia della cena finita con un rapporto sessuale (sempre negato da The Donald) nella suite del tycoon che le aveva promesso un altro spicchio di celebrità: la partecipazione a The Apprentice , il suo show in tv.
Siamo nel 2006. L’invito al reality non arriverà mai e allora Stormy torna alla professione del sesso. È un campo nel quale è già diventata una imprenditrice e Trump aveva apprezzato proprio questo, oltre alla sua bellezza fisica. È lei a raccontare nell’autobiografia che fin dall’inizio, brunetta naturale, si tinge i capelli di rosso per gli incontri sessuali.
Ma poi, guardando le colleghe, cambia idea e passa al biondo platino che fa impennare i suoi introiti. Un business che addirittura esplode quando decide di investire nell’impianto di protesi per gonfiare i seni: il suo corpo come patrimonio dell’azienda Stormy.
Quando incontra Trump in un golf club di Lake Tahoe è una splendida 27enne, Donald un 60enne già appesantito. E «con un pene di dimensioni inferiori alla media» scrive nel suo libro, mentre durante la testimonianza in tribunale si limita a raccontare di non ricordare bene come sia finita a letto con lui (ma esclude di essere stata sotto l’effetto di alcol o droghe).
Mette in imbarazzo Trump che siede a pochi metri da lei: «Mi ha detto che gli ricordavo la figlia (Ivanka, ndr) perché ero intelligente, bionda e bellissima come lei». Poi gli avrebbe chiesto di sua moglie. Trump, sposato da poco con Melania, avrebbe risposto di non preoccuparsi: «Dormiamo in stanze separate».
Per anni la storia rimane sepolta nella memoria dei protagonisti, ma nel 2011 la Daniels decide di raccontarla a un giornale di gossip, il Touch Weekly . Ritiene che altri magazine stiano per pubblicarla: allora, pensa, la faccio uscire io, almeno ci guadagno qualcosa. Ma a quel punto cominciano gli avvertimenti: Stormy dice di essere stata minacciata da uno sconosciuto in un parcheggio sotterraneo di Las Vegas, mentre il settimanale rinuncia a pubblicare una storia che resterà sepolta fino al 2018.
Quando è il Wall Street Journal a renderla nota. Ma il quotidiano dà soprattutto la notizia che porterà alla condanna di Trump: il pagamento a Stormy di 130 mila dollari fatto attraverso l’avvocato di allora, Michael Cohen, per comprare il suo silenzio a poche settimane dalle elezioni nelle quali Donald sconfiggerà Hillary Clinton.
Il versamento non è illecito di per sé anche se pesa sul voto: la storia del sesso con la pornostar quando Melania aveva appena dato alla luce Barron, se raccontata poco prima delle elezioni, non gli avrebbe di certo giovato (impatto comunque prevedibilmente limitato, visto che anche gli altri episodi di machismo con Trump protagonista non hanno intaccato la sua base elettorale). In ogni caso i procuratori di New York lo incriminano e la giuria lo riconosce colpevole di 34 capi di imputazione: soprattutto falsificazione dei bilanci. [...]
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