CI SONO I NIGERIANI DI PAMELA MASTROPIETRO, MA CI SONO ANCHE LE DODICI (12!) ITALIANISSIME BESTIE CHE HANNO DROGATO UNA POVERA DONNA INGLESE CHE SOGGIORNAVA IN UN HOTEL DI META DI SORRENTO E L’HANNO TRASCINATA IN UNA STANZA PER VIOLENTARLA A TURNO - SOLO LA SUA CAPARBIETÀ (TEST DEL DNA SUL LIQUIDO SEMINALE AL RITORNO IN INGHILTERRA) HA PORTATO ALL’ARRESTO DI CINQUE DI LORO. TUTTI CON PROFILI FACEBOOK CON FIDANZATINE E MOGLIETTINE
Titti Beneduce per www.corriere.it
«Mi sembrava di essermi staccata dal corpo e di assistere dal di fuori a quel che mi stava accadendo»: così la turista inglese stuprata a Meta ha provato a spiegare come si sentisse nell’ottobre del 2016, quando almeno una decina di uomini — alcuni dei quali giovanissimi — l’hanno drogata e violentata a ripetizione.
uno degli indagati per lo stupro di sorrento
Determinata, coraggiosa, la donna ha deciso di denunciare e poi di andare avanti con la denuncia, anche se, per una serie di motivi, forse sarebbe stato più semplice lasciar perdere. Quando si è ripresa dallo stordimento, la donna ha subito contattato il tour operator che le aveva organizzato il soggiorno in albergo, uno tra i più panoramici e lussuosi della penisola sorrentina. Il personale, sgomento, ha cercato di offrirle aiuto in tutti i modi, anche perché mancavano poche ore al suo rientro in Inghilterra. Ma, per quanto riguarda la denuncia, ha suggerito alla turista di rivolgersi al consolato di Roma: è quello che lei ha fatto. Poiché il rientro in patria era imminente, dal consolato le hanno suggerito di presentare la denuncia alle autorità di polizia del Kent.
Una volta tornata a casa, dunque, la signora ha messo nero su bianco la sua denuncia e consegnato le foto di due barman che casualmente aveva scattato con il cellulare: «Nella stanza del personale, dove sono stata portata sotto l’effetto della droga — si legge nell’esposto — c’erano almeno dieci uomini nudi, tutti molto giovani. Uno di loro, mi ricordo, aveva tatuata sul collo una corona». Pochi elementi ma precisi, che hanno consentito alla polizia italiana, con la collaborazione dell’albergo, di identificare sei partecipanti allo stupro; cinque sono in carcere, il sesto è indagato a piede libero. Alcuni erano già stati o si erano licenziati. A inchiodarli, elementi di notevole peso: tracce di Dna sul corpo della vittima e, nelle sue urine e sui suoi capelli, tracce di Benzodiazepine e di Z - drugs, le cosiddette «droghe da stupro».
Fondamentale, come sottolinea in una nota il procuratore, Alessandro Pennasilico, la collaborazione tra la polizia e gli inquirenti italiani e inglesi. Ieri finalmente la svolta, con la notifica ai cinque delle ordinanze di custodia cautelare. Nelle prossime ore gli interrogatori di garanzia; gli indagati decideranno di concerto con i loro difensori se rispondere alle domande del gip o avvalersi, come la legge consente loro, della facoltà di non rispondere.
Lunedì pomeriggio, intanto, sulla pagina Facebook di alcuni degli arrestati, tra le foto con le fidanzatine e i messaggi d’amore scambiati con loro, qualcuno ha postato i link dei siti che davano la notizia degli arresti. Presto sono comparsi messaggi di disapprovazione e condanna dai toni inequivocabili: «In + di 10 una povera 50enne drogata e stordita, veri maschi etero davvero! Schifo, disgusto e rigetto». E ancora: «Bastardi dovete marcire in galera siete feccia dovete avere lo stesso scempio in galera mostri bastardi»
gli accusati di stupro sorrento
2. LO STUPRO DI SORRENTO, QUANDO I CRIMINALI SONO ANCHE TRA NOI
Elena Tebano per https://27esimaora.corriere.it/opinioni/18_maggio_15/stupro-sorrento-donne-d14174cc-57a1-11e8-bd9c-ca360360a9e7.shtml
Dodici. Sono dodici i dipendenti di un albergo di Sorrento che, secondo quanto ha ricostruito la Polizia, hanno violentato una turista britannica ospite della struttura. Non due balordi, né tre sbandati che vivono di espedienti, né un gruppetto di criminali abituali, ma dodici persone senza precedenti penali — a quanto risulta —, che lavorano in una delle località turistiche più note d’Italia.
Dodici uomini che per mestiere dovrebbero assistere i clienti dell’albergo e invece si sono accordati per drogare i drink della 50enne (e della figlia), l’hanno trascinata prima nella zona della piscina e poi in uno degli alloggi del personale e l’hanno violentata a turno. Dodici sono tanti: se nemmeno a uno di loro è venuto in mente di tirarsi indietro, di provare a interrompere quanto stava accadendo, di denunciarlo nell’anno e mezzo successivo angosciato dal pensiero di ciò che avevano fatto, significa che quella dello stupro è una «cultura» condivisa.
Al punto che i violentatori hanno persino creato una chat intitolata «cattive abitudini» come un film di quart’ordine, in cui si scambiavano le immagini della violenza, chiamavano la vittima «milf», una categoria mutuata dal porno, e confrontavano la madre con la figlia (che si sarebbe salvata perché si è sentita male ma anche perché i dodici le preferivano la prima). È consolante pensare che la violenza sulle donne venga da fuori, sia un fenomeno importato con la «criminalità straniera» che basta ricacciare indietro, come può aver fatto pensare l’omicidio di Pamela Mastropietro a Macerata.
La vicenda di Sorrento ci ricorda che le bestie sono anche tra noi. Un altro particolare, minore, di questa storia fa pensare: la turista di Sorrento aveva un’assicurazione «antistupro», come le studentesse americane che hanno denunciato per violenza sessuale due carabinieri a Firenze. Le donne che vengono nel nostro Paese sembrano dare per scontato che la violenza sia un fenomeno diffuso. Non può essere così.