IL CINEMA DEI GIUSTI - NON ARRICCIATE TROPPO IL NASO RISPETTO AL “FERRARI” DIRETTO DA MICHAEL MANN. IL REGISTA AMERICANO PORTA A CASA UN FILM SOLIDO E ASSOLUTAMENTE FUNZIONALE, RISPETTANDO IL CODICE FERRARIANO (MA ERA ANCHE IL CODICE DI ARGAN…) “QUANDO UNA COSA FUNZIONA È ANCHE BELLA ESTETICAMENTE” - IL DECISAMENTE TROPPO ALTO E TROPPO AMERICANO ADAM DRIVER HA SOLO IL NOME ADATTO ALL’OPERAZIONE: TRUCCATO DA COMMENDATORE ITALIANO COI CAPELLI BIANCHI SEMBRA PRONTO PER IL BIOPIC SU GIOVANNI MALAGÒ, PERÒ... VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Brumm… Brumm… Non arricciate troppo il naso rispetto al “Ferrari” diretto da Michael Mann, ricostruito da una vecchia sceneggiatura di Troy Kennedy Martin (“The Italian Job”, “Danko”), pensata per la regia di Sydney Pollack, e infatti ai due autori scomparsi una decina d’anni fa è dedicato non a caso il film, perché anche se non siamo a livello di “Heat” e si sente che il biopic, inoltre un biopic su un genio dell’ingegneria automobilistica e delle corse italiano, anzi modenese, non è il piatto preferito del regista americano.
E che, probabilmente, il Sidney Pollack di “Un attimo una vita” sarebbe stato decisamente più a suo agio con questa storia. Come forse lo sarebbero stati come Enzo Ferrari sia Christian Bale che Hugh Jackman, le prime scelte di una decina d’anni fa. Ma Michael Mann porta comunque a casa un film solido e assolutamente funzionale. Rispettando il codice ferrariano (ma era anche il codice di Argan…) “Quando una cosa funziona è anche bella esteticamente”.
E il decisamente troppo alto e troppo americano Adam Driver ha solo il nome adatto all’operazione, truccato da commendatore italiano coi capelli bianchi sembra pronto per il biopic su Giovanni Malagò, ha comunque modo di rifarsi con tre-quattro scene di grande re fine recitazione. Soprattutto quando ragiona sul costruirsi un muro di difesa a protezione della sua passione mortale per le auto da corsa con tutti i rischi che questo può comportare su famiglie e bambini, e quando deve affrontare l’erinni Penelope Cruz, troppo incazzosa e incazzata come moglie-partner-socia che non riesce a sopportare né i tradimenti del marito, il fatto che le sia malamente morto l’unico figlio e erede del patron e la scoperta che esista un altro figlio erede della dinastia Ferrari, avuto dall’amante Lina Lardi, interpretata da Shailene Woodley .
Certo, direte che come Ferrari e signora avremmo visto meglio un Gino Cervi per non dire un Favino truccato che parla in modenese e una Serena Grandi in versione massaia, ma quello che vediamo è un film hollywoodiano, parlato in inglese che deve essere visto in tutto il mondo. E allora vanno bene anche Adam Driver e Penelope Cruz. E Michael Mann è decisamente più in forma, oggi, di un Ridley Scott, che è scivolato nel ridicolo con il suo caso Getty.
E sfodera tutta la sua grinta sia nel colpo di pistola che Penelope Cruz spara al marito traditore a inizio film (non ce lo aspettavamo, no?) sia nella strepitosa costruzione delle Mille Miglia e dell’incidente di Guidizzolo che non ricordavo proprio più. Ma, e qui penso che il disegno di tutto il film si capisca meglio e che debba più al genio cinematografico di Michael Mann che alla sceneggiatura, nello strutturare tutta la storia del personaggio nel 1957, nel momento umanamente importante della scoperta del figlio e di un’altra famiglia da parte della moglie, assieme alla unione con la Fiat di Gianni Agnelli, interpretato da Tommaso Basili, per la costruzione delle Ferrari da vendere, cosa che lo salverà dalla bancarotta, e alla preparazione della Mille Miglia del 1957, con lo scontro con le auto della Maserati e la vittoria di Piero Taruffi, qui interpretato da Patrick Dempsey, e la tragica fine del pilota Alfonso de Portago, interpretato dal brasiliano Gabriel Leone, allora fidanzato con la bella attrice messicana Linda Christian, interpretato da Sarah Gadon, che vedrà morire l’anno dopo anche il suo precedente e storico marito, Tyrone Power.
Pur con tutta questa carne al fuoco, Mann riesce a costruire un racconto che non molla mai lo spettatore in uno spettacolo che non è mai solo artigianato, ma diventa, pur se solo a tratti, grande cinema. Come dimostra la scena clou dell’incidente. Certo.
Il fatto di avere tutti questi attori americani può non piacere a tutti, Sarah Gadon che fa i ravioli e non i tortellini è un grosso sbaglio, come avere un Ferrari-Malagò troppo alto per le strade modenesi, e lamento l'errore di montaggio nella scopata tra Driver e Cruz con lei che gli toglie le bretelle (momento molto erotico) e subito dopo lui stesso che se le toglie, ma l’azione e la funzionalità vincono su tutto e molte battute, come quella sulla messa degli operai della Ferrari alla quale è meglio assistere se non si vogliono ritoccare i salari, sono precise. Gli attori italiani, ovvio, da Valentina Bellé a Giuseppe Bonifati a Lino Musella, sono un po’ delle figurine. Ma è un film. Non una fiction televisiva o una miniserie.
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