OSTRICHE E CHAMPAGNE IN MONTAGNA? MA MAGNETEVE LA POLENTA E NON ROMPETE IL CAZZO! - IL CLUB ALPINO ITALIANO SI SCAGLIA CONTRO I RIFUGI ALPINI CHE SI SONO TRASFORMATI IN RISTORANTI DI LUSSO: "SI FANNO CHIAMARE 'RIFUGI' MAGARI PERCHE' COSI' RICEVONO SOVVENZIONI E AGEVOLAZIONI FISCALI" - LA REPLICA DEI GESTORI: "È QUANTO CHIEDONO I CLIENTI. NON È SCANDALOSO" - MAURO CORONA: "CHI SALE IN RIFUGIO VUOLE TROVARE CIÒ CHE HA IN CITTÀ. NON DICO CHE BISOGNA IMPORRE L'ETICA DELL'ALPINISMO, MA…"
1 - LA DISFIDA DEI RIFUGI GOURMET
Estratto dell'articolo di E.Mar. per “la Stampa”
Montagna ferita, etica tradita da ostriche e Champagne, oppure risposta di mercato? Insulto e business? Forse è il vento del nostro tempo. Ma il Cai (Club alpino italiano) non ci sta, punta l'indice contro quei rifugi che non lo sono più […]: non ospitano più alpinisti, ma turisti in cerca di emozioni del palato.
«Non chiamateli rifugi, non danno da dormire. Definendoli così si creano malintesi con i clienti dei rifugi veri che così pretendono le stesse cose», dice Carlo Alberto Zanella, presidente Cai dell'Alto Adige. La polemica è servita tra i piatti, […] Accade così che nei gestiti dal Cai i clienti chiedano piatti da gourmet. Fabio Targhetta, gestore del rifugio Col Alt, a 2.000 metri in Val Badia: «Ostriche e Champagne? Giusto o sbagliato che sia, è quanto chiedono i clienti. Moda? Direi, mercato. Non mi pare scandaloso. Il Cai si lamenta, ma potrebbe applicarsi di più per il proprio servizio». […]
E l'etica della montagna? Ride: «[…] Più che badare allo "scandalo" di una pasta all'astice, bisognerebbe guardare all'estate quando vengono allestiti parchi di divertimento in alta quota per far viaggiare di più gli impianti».
Zanella aggiunge: «Il mio timore è che chiamandosi rifugi abbiano sovvenzioni e agevolazioni fiscali. Bisogna far ordine. I rifugi veri sono quelli che raggiungi a piedi. E a tavola si mangiano i prodotti della nostra montagna. Gli altri sono soprattutto sulle piste di sci e li chiamano rifugi per marketing. […]?». Targhetta: «No, nessuna agevolazione, ci chiamiamo rifugi ma siamo come i ristoranti nei paesi, mille metri più in basso». […]
Un grande albergatore della Val Badia, Michil Costa di Corvara, fa autocritica: «È colpa nostra per queste mense di lusso. Non è il mercato che chiede, ma noi che offriamo. Ci sono "rifugi" che presentano una carta con duemila etichette di vino. È il "Life style", non più l'ospitalità classica, fa parte del cinema. […]».
2 - MAURO CORONA "C'È GENTE CHE VUOLE TUTTO E OVUNQUE BISOGNA AVERE IL CORAGGIO DI DIRE NO"
Estratto dell'articolo di Enrico Martinet per “la Stampa”
[…]Mauro Corona […] per i rifugi […] dice: «Ci sono quelli che grondano fatica perché i gestori e chi li frequenta devono farsi ore a piedi e ci sono quelli che arrivi in macchina o funivia e metti le gambe sotto tavoli di ristoranti stellati».
Un'altra fiaba?
«Eh no. Si chiama nichilismo imperante. Gente che pensa che cosa me ne frega del dopo, tutto e subito. Io non potrei fare quel lavoro lì, dico di dare in montagna piatti di ostriche».
E perché?
«[…]E io direi minestrone e montagna se no andate da un'altra parte. Oppure "se non avete fame fatevi 8 ore a piedi e poi tornate e se volete le ostriche pagherete tutto allo stesso prezzo[…]».
Ma il mondo è cambiato, che cosa non va nel voler mangiare bene?
«E avanti con ‘sta storia che il mondo è cambiato. Quello che non va è che chi sale in rifugio vuole trovare ciò che ha in città. […]».
Però si potrebbero legare le due cose, un buon piatto gustando anche la montagna.
«È una questione di etica e di palanche. […]Non dico che bisogna […] imporre l'etica dell'alpinismo, ma ricordarsene. Sa come si dice? Quando pago non prego. E oggi davanti alle palanche ci si genuflette e offrendo soldi si pretende la prelibatezza. Fanno anche piatti di pesce nei rifugi proprio per accontentare chi porta palanche. […]».
[…]
Quindi, che fare nei rifugi?
«Il rifugio è una casa di salvamento e riposo. Ora, se trasformati, come tanti, in ristoranti stellati, sono un insulto alla montagna che non può far altro che sorridere di malinconia. I gestori dei rifugi sono quelli che portano su tutto a spalle e che offrono ciò che hanno agli ospiti. […]».
[…]