alessandro gandolfi costa concordia

“LA CONCORDIA NON ESISTE PIÙ MA L'ITALIA È PIENA DI COSE CHE RICORDANO QUELLA TRAGEDIA” – NEL LIBRO FOTOGRAFICO “CONCORDIA”, ALESSANDRO GANDOLFI MOSTRA TUTTI I RESTI, ULTIME RELIQUE, DI QUELLO CHE RIMANE DELLA NAVE AFFONDATA ALL'ISOLA DEL GIGLIO: L’OROLOGIO DI SCHETTINO, IL BERRETTO E PARTE DELLA DIVISA DEL CAPO COMMISSARIO DI BORDO GIAMPEDRONI, I GIUBBOTTI DI SALVATAGGIO E TANTO ALTRO...

Da www.repubblica.it

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L'orologio, un Tag Heuer Grand Carrera, che il comandante condannato Francesco Schettino portava al polso la tragica sera del 13 gennaio 2012; il berretto e una manica della divisa con i gradi del capo commissario di bordo Manrico Giampedroni, l'ultimo uomo a uscire vivo dalla nave; i giubbotti di salvataggio gialli che salvarono la vita di alcuni passeggeri ma non bastarono per altri; il casco da soccorritore ritrovato nella Chiesa dei Santi Lorenzo e Mamiliano del Giglio; le corde con cui il coraggioso vicesindaco dell'isola tirò su, assieme ad altri, una decina di persone rimaste incastrate nei corridoi del transatlantico diventati nel frattempo tunnel verticali mortali.

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Più di dieci anni dopo il naufragio che costò la vita a 32 persone, la Costa Concordia non esiste più, il relitto è stato raddrizzato, smantellato e in gran parte riciclato. Restano però gli oggetti, sparsi per l’Italia, reliquie che raccontano storie, tracce di memoria sulla vita a bordo, storie dei sopravvissuti, la paura della morte e la gioia della salvezza.

 

La lunga ricerca per rimettere insieme i pezzi di quel dramma è diventata ora un libro fotografico: si chiama "Concordia" e contiene le fotografie di Alessandro Gandolfi con testi di Antonio Carloni e la prefazione di Pablo Trincia. Il volume è acquistabile sul sito della casa editrice Seipersei, da novembre si potrà trovare in libreria.

 

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"Mi piacciono le storie degli oggetti, scoprire quell'anima silenziosa che li trasforma in reliquie", racconta Gandolfi, parlando della genesi del libro. "'Sai, la Concordia non esiste più ma l'Italia è piena di cose che ricordano quella tragedia', mi disse l’anno scorso un amico - prosegue il fotografo - Così mi è venuta voglia di seguirne le tracce, riaprire vecchi cassetti, capire dove fosse finito questo gigante d'acciaio.

 

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Il lavoro di ricerca mi ha impegnato per mesi fra telefonate, ricerche d'archivio e viaggi lungo la penisola. Oggi, a distanza di dieci anni dal naufragio, quel lavoro diventa un libro fotografico al quale tengo molto: un volume della memoria - realizzato insieme alla casa editrice Seipersei - che attraverso gli oggetti racconta il coraggio e la fragilità umane".

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