PRENDI E PORTO A CASA! CONTINUA LA GUERRA NEL PORTO DI NAPOLI: SI ALLARGA L'INCHIESTA DELLA COMMISSIONE EUROPEA SUI PRESUNTI AIUTI DI STATO - A RISCHIO LE CONCESSIONI MILIONARIE DELLE AZIENDE - IL GOVERNO CONVOCA I VERTICI, L'INDAGINE PUO' PORTARE ALLA BANCAROTTA
Simone Di Meo per Dagospia
Ha provocato un maremoto nel porto di Napoli la notizia rivelata da Dagospia sull'apertura dell'inchiesta Ue per presunti aiuti di Stato (circa 100 milioni di euro) a favore di sette aziende partecipate dal gruppo armatoriale di Gianluigi Aponte, uno degli uomini più ricchi e potenti dello scenario marittimo mondiale.
Il pericolo di default dello scalo. Nei giorni scorsi, i vertici dell'Autorità portuale (che è senza presidente dal 2013) sono stati convocati dal Governo a Roma per chiarire questa e altre vicende legate alla gestione dello scalo. Bruxelles ha chiesto a Palazzo Chigi e ai ministeri competenti delucidazioni anche sull'altro filone da 44 milioni di euro per concorrenza sleale che vede sott'indagine la società «Cantieri del Mediterraneo», firmataria a sua volta proprio della denuncia che ha portato all'apertura del fascicolo sulle sette aziende orbitanti nella galassia «Msc». Una guerra fratricida che tra qualche settimana sarà ufficialmente resa pubblica – rivela il sito Ship2Shore – sulla Gazzetta ufficiale europea. Il rischio è che l'Autorità portuale partenopea debba restituire, in totale, 144 milioni di euro. Scenario che la porterebbe a un passo dal crac.
Niente concessioni ai morosi. Secondo l'Antitrust, l'Autorità portuale avrebbe rinunciato o comunque ritardato l'incasso delle concessioni demaniali per decine di milioni di euro addirittura autorizzando, di fronte all'incalzare della Procura della Corte dei Conti, delle rateizzazioni vietate dalla legge. In pratica, una «esenzione fiscale» mascherata che avrebbe avvantaggiato alcuni operatori economici a danno di altri in regola coi pagamenti. La normativa nazionale e comunitaria sul punto è però chiara: l'omesso pagamento del canone demaniale determina la decadenza del concessionario.
Dunque, nel mirino ora potrebbero esserci tutte le stesse aziende coinvolte – a vario titolo – nell'inchiesta della Commissione europea. E mentre si discute di come poter difendere il porto da un possibile irreparabile danno si assiste all’ultimo goffo tentativo di portare a segno un risultato che avrebbe favorito le casse del gruppo Aponte.
Lo sconto sui canoni non passa. Nell’ultimo comitato portuale del 28 luglio (ultimo perché con la riforma dei porti varata nella stessa giornata dal Consiglio dei ministri i comitati sono stati soppressi proprio per eliminare i conflitti di interesse), alcuni componenti hanno promosso l’approvazione di una riduzione per oltre il 40% dei canoni demaniali dei terminalisti (due società su tre sono del gruppo Aponte ed occupano l’85% delle aree terminalistiche del porto di Napoli, per dire).
Ed a proporre questa riduzione è stata proprio una commissione speciale formata da tre persone, tra cui l’amministratore delegato del terminal Conateco Pasquale Legora De Feo (sotto processo per turbativa d’asta e per non aver pagato i canoni di concessione), il rappresentante degli agenti marittimi Andrea Mastellone (che opera commercialmente con il gruppo Aponte) ed un sindacalista della Uil, Filippo Salvatore. Ma nonostante nel comitato siedano a Napoli molti uomini del gruppo Aponte (prevalentemente dipendenti) il «blitz» non è riuscito. Singolari la presa di posizione – secondo quanto riferito a Dagospia – di un sindacalista della Cisl, Ugo Milone, componente del comitato portuale, che ha anche minacciato di rivolgersi addirittura alla Procura della Repubblica per non aver visto approvare la delibera di riduzione dei canoni. Naturalmente è un caso che il sindacalista Milone sia anche un dipendente della società Conateco, controllata totalmente dal gruppo Aponte.