TOCCHIAMO BRUSAFERRO – IL PRESIDENTE DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ: “IL RALLENTAMENTO C’È, ASSISTIAMO A UN APPIATTIMENTO DELLA CURVA. ARRIVIAMO FINO A PASQUA POI GUARDIAMO I DATI PER STABILIRE COME PROCEDERE” – “QUESTA INFEZIONE GLOBALE NON SCOMPARIRÀ IN TEMPI BREVI E CI COSTRINGERÀ A IMMAGINARE UN FUTURO DIVERSO, ALMENO FINCHÉ…”
Michele Bocci per “la Repubblica”
Tutti in casa fino a Pasqua e poi occhi sulla curva dei contagi. Dopo le feste si capirà quanto tempo dovremo ancora trascorrere tra la cucina e il divano e per quanto resteranno chiuse le attività produttive e commerciali, le scuole e gli uffici. Silvio Brusaferro, presidente dell' Istituto superiore di sanità però avverte: anche quando i casi di coronavirus scenderanno a zero, la vita non tornerà come prima per un bel po' di tempo. Almeno finché non verrà trovato un vaccino o un farmaco efficace contro la malattia.
Professore, cosa pensa dei dati di questi giorni?
coronavirus, milano deserta nel secondo giorno di quarantena 4
«Il rallentamento c' è. Assistiamo a un appiattimento della curva, non ci sono ancora segnali di discesa ma va meglio. Le importanti misure che sono state adottate stanno mostrando i loro effetti».
Quanto tempo ancora dobbiamo restare in casa?
«Intanto arriviamo fino a Pasqua e poi guardiamo i dati per stabilire come procedere. Più preciso non riesco ad essere perché su questi temi non è possibile dare una risposta secca, va vista l' evoluzione dell' epidemia. Comunque la decisione finale non spetta a me».
Quali segnali ci diranno che le cose vanno meglio?
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«Dobbiamo osservare un aumento quotidiano dei casi inferiore a quello delle 24 ore precedenti per alcuni giorni consecutivi. Il numero delle nuove infezioni si deve quindi ridurre significativamente. Per ottenere questo trend bisogna rispettare le misure del governo e fare anche molta attenzione all' isolamento dei positivi o dei loro contatti stretti.
Un Cowboy con mascherina si esibisce a Times Square
La sfida da una parte è certamente quella di garantire assistenza in ospedale a chi ne ha bisogno ma dall' altra è anche quella di occuparsi di chi ha pochi sintomi.
Questi cittadini devono fare l' isolamento, a casa o in una struttura protetta».
Si parla già di riaperture, quando avverranno e come?
«Stiamo studiando adesso proprio questo aspetto, per capire come muoverci una volta che la curva sarà in discesa. Purtroppo nel mondo non ci sono esempi da seguire, saremo i primi a fare un' operazione del genere e stiamo studiando vari modelli. Il problema è capire quali forme di apertura garantiscono che la curva non ritorni a crescere.
Certamente le riaperture avverranno in modo graduale e dovremo organizzarci per essere capaci di intercettare rapidamente eventuali nuove persone positive. Stiamo anche valutando un' idea degli inglesi, quella dello "stop and go". Prevede di aprire per un certo periodo e poi chiudere di nuovo».
Che ne pensa della app per tracciare malati e i loro contatti?
«È una delle idee che stiamo approfondendo. L' importante è che questo strumento sia compatibile con le nostre leggi, anche quelle sulla privacy. È interessante anche la ricerca su kit diagnostici nuovi, che danno risposte più velocemente. Su tanti temi legati alla malattia in tutto il mondo sono in corso studi. Più passa il tempo, e più la curva si appiattisce, e più le conoscenze tecnologiche e farmacologiche fanno aumentare gli strumenti a disposizione per fronteggiare l' epidemia».
Ha senso tenere a casa certe categorie di persone, magari in base all' età, come proposto da qualcuno?
TRASPORTO DI UN PAZIENTE CON IL CORONAVIRUS
«Stiamo valutando anche questa misura. Parliamo di malati fragili e anziani. Dobbiamo proteggerli, creare reti di supporto e valutare come impatterebbero certe misure su di loro».
E quando saremo a zero nuovi casi, come la Cina adesso, cosa succederà?
«Credo, più che da medico da osservatore, che questa infezione globale che per sua natura incide su aspetti importanti delle relazioni e dei contatti tra le persone, non scomparirà in tempi brevi. Ci costringerà quindi ad immaginare un futuro diverso, almeno finché non arriverà un vaccino oppure un farmaco efficace contro il coronavirus».
In che senso?
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«Dovremo trovare un modo nuovo in cui fare le cose che ci piacciono. Penso ad attività come ascoltare un concerto o socializzare. Andranno fatte in una forma che ci aiuti a non far ripartire l' infezione. Ci vuole creatività. È un viaggio di esplorazione che stiamo facendo tutti assieme: dobbiamo immaginare un futuro nel quale proteggere i più fragili sacrificandoci un po' e trovando nuovi punti di equilibrio. Sono fiducioso. La fantasia e la capacità di innovazione del nostro Paese ci aiuteranno ad immaginarci un po' diversi, e consapevoli che adesso siamo tutti strettamente legati ai comportamenti degli altri».