londra coronavirus

“QUI STANNO SOTTOVALUTANDO LA SITUAZIONE” - LA TESTIMONIANZA DI UN ITALIANO CHE LAVORA A LONDRA: “QUALCHE GIORNO FA SONO ANDATO IN AMBULATORIO CON TOSSE E PROBLEMI RESPIRATORI, MI HANNO CHIESTO SE ERO STATO IN ASIA E HO RISPOSTO DI NO. MI HANNO LASCIATO ANDARE. HO SPECIFICATO CHE MIA MOGLIE ERA RIENTRATA DA UNA ZONA DI CONTAGIO IN ITALIA E LA RISPOSTA È STATA SCONCERTANTE. MI HANNO DETTO…”

 

 

CORONAVIRUS

 

Da www.lastampa.it

 

Controlli meticolosi a Malpensa, Fiumicino e Caselle ma nessun test negli aeroporti di Londra. È la situazione che ha sconcertato alcuni italiani, rientrati nella capitale britannica dopo qualche giorno trascorso in Italia. «Alla partenza da Caselle mi hanno preso la temperatura - racconta Silvio, tornato a Ivrea per il celebre carnevale - Al mio arrivo a Gatwick non mi ha fermato nessuno. E non ho visto alcun termoscanner».

 

termoscanner aeroporto 7

Della psicosi Coronavirus che si vive in queste ore in Italia, nel Regno Unito non c’è traccia. L’aplomb british, certo. Ma secondo alcuni nostri connazionali i controlli su suolo inglese sono troppo morbidi. Alcuni esperti, da giorni, spiegano il motivo dell’alta incidenza del virus in Italia: ci sono più contagi perché i controlli sono più numerosi. Simple as that. «Noi abbiamo fatto più di 8 mila test, meno di 500 in Francia», osserva il virologo Francesco Broccolo, dell'Università Bicocca di Milano. Nel Regno Unito i tamponi realizzati sono 6795, di cui 13 risultati positivi. E ancora non si registrano vittime. «Ma non è certo merito dei controlli», ragiona Achille, 35enne che lavora nel settore finanziario della City.

termoscanner aeroporto

 

La sua storia è emblematica. Qualche giorno fa si è presentato in un ambulatorio privato con tosse e problemi respiratori. Era rientrato dall’Italia a fine gennaio, quando l’emergenza Coronavirus non era ancora scoppiata. «Dopo avermi misurato la febbre, che non avevo, la dottoressa mi ha domandato se ero stato di recente in Asia. Al mio “no”, mi ha detto che potevo andare». E’ poi stato lui a specificare che era italiano e che la moglie era rientrata da qualche giorno da una delle zone di contagio.

 

PERSONE CON LA MASCHERINA A LONDRA

La risposta è stata sconcertante: «Mi spiace, ma non abbiamo il tampone per fare il test per il Coronavirus». E l’ha invitato a chiamare il 111, il numero per le emergenze. Poi la dottoressa si è lasciata andare a una confidenza: «Spero di sbagliarmi, ma credo che le autorità sanitarie stiano sottovalutando questa situazione».

tampone coronavirus

 

La storia di Achille assume contorni inquietanti per i dettagli geografici in ballo: la famiglia della moglie, infatti, frequenta spesso Vo’, uno dei focolai dell’epidemia in Veneto. Nel suo ufficio, poi, lavora un giovane sudcoreano. È andato dal dottore perché aveva la febbre e ha ricevuto la stessa risposta: «Se non sei entrato in contatto diretto con persone contagiate, non possiamo farci nulla. Noi non abbiamo il tampone».

 

termoscanner aeroporto 1

Ieri il responsabile delle risorse umane ha inoltrato una mail ad Achille e a tutti gli altri dipendenti: sono vietati i viaggi in Italia e chi è rientrato da una delle zone di contagio deve rimanere in quarantena per 14 giorni. Una decisione aziendale, non del sistema sanitario. Molti si chiedono se sia stata una mossa tempestiva.

PSICOSI CORONAVIRUS - UN FILIPPINO SCAMBIATO PER CINESE VIENE AGGREDITO AL SUPERMERCATOil centro di milano durante l'emergenza coronavirus 3il centro di milano durante l'emergenza coronavirus 2il centro di milano durante l'emergenza coronavirus 7meme sul coronavirus 13meme sul coronavirus 8

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