rider coronavirus

RIDER CHE LA MAMMA HA FATTO GLI GNOCCHI – I FATTORINI DELLE CONSEGNE SONO IN RIVOLTA: “LA NOSTRA VITA VALE PIÙ DI UN SUSHI, DI UN PANINO. NON ORDINATE” – MA NON TUTTI SONO PRONTI A SMETTERE, PERCHÉ SIGNIFICHEREBBE NON GUADAGNARE NIENTE. E LORO NON HA AMMORTIZZATORI SOCIALI

Jacopo Orsini per “il Messaggero”

 

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L'emergenza coronavirus si abbatte anche sui rider, i fattorini che in bici e in motorino consegnano a casa il cibo ordinato sulle piattaforme on line. Lavoratori autonomi pagati a consegna, senza garanzie e tutele. In Italia si stima che siano circa 20mila. «Noi ci fermiamo. Invitiamo i rider ad astenersi dal servizio fino a tutta la durata delle ordinanze restrittive!», è il messaggio lanciato sui social da alcuni collettivi, tra cui Deliverance Milano, che chiedono a tutti i colleghi di interrompere l'attività visto che le misure di emergenza varate dal governo per contenere il contagio consentono di continuare a fare le consegne.

 

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Secondo i ciclofattorini infatti le prescrizioni di sicurezza «non sono possibili da rispettare per le app del food delivery». «Sentiamo la necessità di dire che la nostra vita e la nostra salute valgono più di una pizza, di un sushi, di un panino», scrivono ancora invitando anche i «consumatori a non ordinare: pensiamo al necessario, alla nostra salute, alla nostra vita».

 

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Non tutti però sono pronti a smettere, anche perché per tanti non consegnare significa non guadagnare niente. Tanto che la Cgil ha chiesto ammortizzatori sociali anche per questa categoria di lavoratori. Nicoló Montesi, presidente dell'Anar, associazione che riunisce circa 650 rider in tutta Italia, sottolinea che nella sua organizzazione «c'è chi chiede lo stop ma anche altri che vorrebbero continuare a lavorare».

 

IL RISCHIO

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C'è poi il problema dei dispositivi di sicurezza per cercare di contenere il rischio contagio. Assodelivery, l'associazione che riunisce le imprese del settore ha fornito alcune linea di sicurezza da rispettare. Ma le piattoforme considerano i fattorini lavoratori autonomi e quindi non forniscono guanti e mascherine. «Basta lavorare senza dispositivi di sicurezza, in piena emergenza sanitaria non siamo monatti», insistono dal collettivo milanese.

 

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«Riteniamo la situazione molto grave e per noi fermare il contagio viene prima di qualsiasi altra cosa. Noi ci fermiamo», sostiene anche Riders Union Bologna. Sempre Montesi nei giorni scorsi si è comprato mascherine, guanti e amuchina. «Adesso che mi proteggo e che mi sono informato bene sulle regole da seguire per evitare di essere contagiato, ho meno paura», dice. Ma il rischio di esporsi al contagio rimane.

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«Sollecitiamo con urgenza Assodelivery a dotare le migliaia di ciclofattorini, che ancora continuano a svolgere attività di consegna a domicilio, degli strumenti di protezione individuale, altrimenti il servizio va sospeso. Al governo, invece, chiediamo ammortizzatori sociali e che l'attività venga ricondotta alle consegne di beni di prima necessità», afferma Tania Scacchetti della Cgil, ricordando che i rider « lavorano senza garanzie e tutele, ancora pagati a consegna e che, nella maggior parte dei casi, non hanno neanche l'indennità di malattia».

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