ARCHISTAR INCOMPRESE – LA PROCURA DELLA CORTE DEI CONTI DEL VENETO CHIEDE A CALATRAVA 3,8 MILIONI PER IL PONTE SUL CANAL GRANDE – “IL DANNO ERARIALE FU CAUSATO DAL PROGETTO SBAGLIATO DI CALATRAVA”
Da “il Giornale”
Una tegola da 3,8 mln di euro rischia di cadere addosso all'archistar catalana Santiago Calatrava, per la progettazione e i costi lievitati per la realizzazione del Ponte della Costituzione, il quarto sul Canal Grande, a Venezia. È il conto presentato dalla Procura della Corte dei Conti del Veneto nell'udienza davanti al collegio presieduto da Angelo Buscema, dal relatore Giovanni Comito e a latere, Gennaro di Cecilia.
Un progetto «sbagliato perché fatto come un'opera stradale», ha sostenuto il Procuratore Carmine Scarano, che è costato il doppio del previsto. Un bel ponte - ha risposto la difesa - con la spesa cresciuta solo a causa delle opere accessorie e niente da imputare al suo ideatore, Calatrava, e ai tre dirigenti del comune lagunare anch'essi sotto inchiesta.
MASSIMILIANO FUKSAS SANTIAGO CALATRAVA
Tutta l'udienza, è stata segnata dalla schermaglia tra le parti, accesa dalla valutazione sulla bontà o meno del progetto, sulle scelte delle aziende che lo hanno realizzato e sull'utilizzo dei materiali, dall'acciaio al vetro, con cui il manufatto è stato realizzato.
MASSIMO CACCIARI OSPITE DI SERVIZIO PUBBLICO
Un progetto lanciato, nel 1996, dall'allora sindaco Massimo Cacciari. La progettazione e la realizzazione prevedeva una spesa complessiva di 6,7 mln di euro da realizzare in 456 giorni a partire dal 2001. Tempo che però si è dilatato fino al 2008 con un costo salito a 11,276 mln di euro e una mare di polemiche anche per le centinaia di cadute avvenute su quei gradini.
Per Scarano, «il ponte è stato presentato come prototipo, opera d'arte, da un Calatrava peraltro già realizzatore di almeno un manufatto, a Bilbao, che ha presentato problemi simili dalla scivolosità alla fragilità». «Un progetto - ha aggiunto -, seguito da subito da Calatrava, fatto male come prova il fatto che si sono dovute fare notevoli varianti d'opera, che si è scoperto che il materiale in acciaio previsto non era compatibile con l'opera progettata e che quindi è stato cambiato, che i gradini sono scivolosi e che quelli in vetro si rompono».
Sotto accusa anche la scelta di far spingere l'arcata sulle due rive, morfologicamente variabili a Venezia, con l'obbligo di ricorrere a ripetuti controlli. Per le difese, i dirigenti del Comune, gli avvocati Alfredo Biagini e Vittorio Domenichelli, hanno fatto il loro lavoro di fronte ad un'opera d'arte che è funzionante e che ha visto salire i costi «per scelte in alcune fasi di realizzazione che hanno improntato alla massima sicurezza di fronte anche all'ipotesi di rischio, legittimamente valutate, che hanno fatto aggiungere dei componenti come i martinetti per sopperire all'eventuale spostamento del manufatto».