LA FOLLIA USA: CAMBIANO I GIUDICI, CAMBIA IL DIRITTO – LA CORTE SUPREMA DEGLI STATI UNITI VUOLE RIMETTERE MANO ALLA LEGGE SULL’ABORTO: I GIUDICI CONSERVATORI DELL'ALTA CORTE, CHE SONO IN MAGGIORANZA DOPO LE TRE NOMINE FATTE DA TRUMP (6 A 3), SEMBRA INCLINE A DARE L'OK ALLA NORMA DEL MISSISSIPPI CHE VIETA L’INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA DOPO 15 SETTIMANE DI GESTAZIONE, METTENDO A RISCHIO LA STORICA SENTENZA DEL 1973 – BIDEN SI È GIÀ INIMICATO I CATTOLICI PER AVER DIFESO IL DIRITTO ALL’ABORTO, MA…
Francesco Semprini per "la Stampa"
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La Corte suprema degli Stati Uniti è pronta a rimettere mano alla legge sull'aborto. È quanto emerso ieri nel corso dell'udienza in cui sono state ascoltate le argomentazioni delle parti in merito alla legge del Mississippi che vieta di fatto (imponendo limiti severissimi) l'interruzione di gravidanza dopo 15 settimane di gestazione.
I giudici conservatori dell'Alta corte, la maggioranza dei 9 togati, sembra incline a consacrare la norma. Se così fosse potrebbe essere messa in discussione dopo quasi mezzo secolo la storica sentenza Roe v. Wade del 1973 che legalizzò l'aborto in America. Il caso aveva già sollevato polemiche nell'opinione pubblica americana spaccata tra abolizionisti della legge del 1973 e sostenitori del diritto pieno all'aborto.
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Il clima di tensione si è respirato anche ieri davanti alla sede della Corte Suprema, dove almeno una decina di gruppi pro-life e di attivisti per la difesa dei diritti delle donne si sono radunati in attesa di notizie brandendo cartelli e intonando slogan. Un clima che sarà esacerbato dalla corsa per le elezioni di metà mandato che si svolgeranno il prossimo novembre. I saggi della Corte si riuniranno nei prossimi giorni in forma privata per esprimere un voto preliminare da cui si procederà a un dibattimento interno. Il pronunciamento è atteso non prima del giugno 2022.
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Il braccio di ferro sull'aborto nello Stato del Sud dura dal 2006 ed è passato alle aule giudiziarie nel 2018 sino ad arrivare alla Corte Suprema. Dove però il fronte dei conservatori non è compatto: i falchi Amy Coney Barrett, Clarence Thomas, Samuel Alito e Neil Gorsuch sono propensi a smantellare l'iconica sentenza, e i più moderati, il presidente John Roberts e Brett Kavanaugh, favorevoli a non andare oltre il via libera alla legge del Mississippi. «Negli ultimi 50 anni la marcia del progresso nei posti di lavoro rende ormai i diritti sull'aborto non necessari, superflui, visto che oggi per le donne è molto più facile combinare famiglia e lavoro, vita professionale e vita privata», è la tesi dei rappresentanti legali del Mississippi.
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Secondo cui devono essere i singoli Stati Usa a decidere su materie come questa, e non dei giudici costituzionali che non sono eletti e, dunque, non rappresentano la volontà del popolo. Di segno opposto è stato l'intervento della giudice di nomina democratica Sonia Sotomayor, che ha puntato il dito contro chi vuole politicizzare e ridurre solo a una dimensione religiosa un tema come l'aborto, a danno di milioni di donne e del loro diritto di scegliere, soprattutto all'interno delle fasce e delle comunità disagiate della popolazione.
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Con la sentenza del 22 gennaio 1973, la Corte suprema stabilì che l'impedimento da parte del Texas di accedere alla pratica dell'aborto era incostituzionale, se non nel caso di pericolo di vita per la madre. La legge acquistò valenza erga omnes. Da allora si sono succedute iniziative e provvedimenti che hanno tentato di introdurre modifiche limitative da parte dei 50 Stati con la tolleranza zero dilagata nel Midwest e nel Sud del Paese. Più restrittivo di quello del Mississippi è ad oggi solo il bando varato dal Texas, che vieta l'aborto dopo sei settimane, al primo battito del feto.
Secondo l'ex vicepresidente Mike Pence, la Corte deve rovesciare la sentenza Roe v. Wade perché «fu sbagliata e la volontà di giudici non eletti non riflette l'opinione popolare». Joe Biden ha invece ha ribadito il suo fermo sostegno ai diritti delle donne acquisiti e consolidatisi nel corso dei decenni. Una posizione pro-aborto che lo ha messo in rotta di collisione anche con i cattolici americani, pur incassando le parole di Papa Francesco secondo cui la comunione non va negata a chi si schiera per l'interruzione della gravidanza.
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