LA CUPOLA ROSA DEL CLAN ZAGARIA – IN MANETTE SORELLA E COGNATE DEL BOSS DEI CASALESI – L’ACCUSA E’ DI RICETTAZIONE AGGRAVATA – GESTIVANO GLI STIPENDI DEGLI “AFFILIATI” AL CLAN - LE DONNE INTERCETTATE NELLA CHAT GRAZIE A UN VIRUS INFORMATICO INOCULATO NEI LORO TELEFONINI
Nino Femiani per “il Giorno-La Nazione-il Resto del Carlino” - www.quotidiano.net
UNA 'CUPOLA ROSA' controlla quello che resta del clan Zagaria. Le sorelle del boss Michele 'capastorta' Zagaria, Gesualda e Beatrice, gestiscono la cassa e pagano la 'mesata' ad affiliati e familiari. Le cognate - Francesca Linetti, moglie di Pasquale, Patrizia Martino, compagna di Antonio, Tiziana Piccolo, moglie di Carmine -, sono anche esse sul libro paga del clan e ricevono uno 'stipendio' di 2.500 al mese, ma si lamentano per il 'braccino corto' delle cognate che non consentirebbe a loro di vivere più agiatamente.
È uno spaccato di vita criminale e familiare, quello che viene fuori dalle 200 pagine con cui la gip Federica Colucci ordina la custodia in carcere di Beatrice, Francesca, Patrizia e Tiziana, gravemente indiziate del delitto di ricettazione aggravata perché destinatarie di rendite del clan casalese. La precedente 'contabile', Gesualda Zagaria, invece, era stata arrestata nell' ottobre 2015 e condannata a maggio 2017, con la stessa accusa, a due anni e due mesi di carcere.
D' altra parte 'capastorta' ha sempre considerato le sorelle come la naturale estensione del suo comando. Così, finita in galera Gesualda, era toccato a Beatrice tirare le redini del clan, almeno dal punto di vista finanziario (per questo è l' unica delle quattro arrestate a dover rispondere anche di associazione camorristica). Beatrice è considerata dai magistrati della Dda, la grande organizzatrice delle attività residue della fazione dei Casalesi governata per decenni dal fratello, arrestato il 7 dicembre 2011 in un bunker a Casapesenna.
È lei che amministra il fiume di denaro che serve a pagare 'stipendi' alle cognate che non hanno mai lavorato, a inviare contante ai fratelli in carcere (135 mila euro dal 2011 a oggi) per consentire a loro di mantenere un tenore di vita consono al loro lignaggio, a pagare mensili e tredicesime agli affiliati, a sborsare gli onorari per gli avvocati.
MA LA CONTABILITÀ, prima di Gesualda poi di Bea, non piace alle tre cognate che se ne lamentano continuamente nelle chat intercettate grazie a un virus informatico inoculato nei loro telefonini.
GLI ASCOLTI fanno capire come i rapporti tra le cinque donne fossero a fior di pelle. In un colloquio intercettato nel maggio 2015 in carcere con il marito Carmine (libero dopo sei anni di carcere e sorvegliato speciale), la Piccolo se la prende con la cognata. «I bambini a Pasqua non si dovevano vestire?», riferendosi al fatto che Gesualda non aveva provveduto a comprare gli abiti. «Qua ognuno pensa ai fatti suoi», aggiunge arrabbiata. Anche Patrizia Martino, convivente di Antonio Zagaria, in un colloquio dell' agosto 2015, sbotta: «Io ho 52 anni e mi sono scocciata di chiedere l' elemosina.
Siamo al 26 e io devo ancora pagare il fitto al Tribunale».
'capastorta' non assiste impassibile agli alterchi e agli animosi contrasti tra le donne della sua famiglia. Quando si trova di fronte, nel carcere di Opera, la cognata Tiziana e le due sorelle, l' investe con la sua rabbia, minacciando di pentirsi: "«Nella mia coscienza, mi sono pentito, però mi potevo pentire pure in altro modo. E se mi pento in un' altra maniera tu, tu e tu, fra sei mesi, andate a lavare le scale».
Solo una minaccia per rimetterle in riga o anche il segnale del profondo disagio che il padrino casalese sta vivendo in carcere? Interrogativi che condiscono di mistero l' interminabile saga di 'capastorta'.