I SOLDI DEI TERRONI NON PUZZANO? - DIETRO GLI ATTACCHI DEI GOVERNATORI DELLE REGIONI DEL NORD AL SUD, SI NASCONDE LA PAURA CHE I MERIDIONALI, DOPO LA DISFATTA LOMBARDA SUL CORONAVIRUS, SI FACCIANO CURARE A CASA LORO. E NON E' UNA BUONA NOTIZIA PER I PADANI: SAREBBE LA FINE DEL “TURISMO SANITARIO”, CHE PORTA NELLE CASSE DELLE REGIONI DEL NORD MILIARDI E MILIARDI DI EURO...
Carlo Tarallo per Dagospia
FINANZIAMENTI ALLA SANITA - I GOVERNI
“Follow the money”, dice il saggio. Segui il denaro e arriverai alla verità. In questo caso, se si vuole andare oltre le sparate cabarettistiche che in queste settimane alcuni giornalisti e politici del Nord stanno mettendo in scena contro le regioni meridionali, che fino ad ora hanno contrastato con maggiore efficacia l’epidemia da coronavirus, bisogna ricordare bene cosa è il “turismo sanitario”.
Comprendere il meccanismo è semplicissimo, come bere un bicchiere di vino (anche due) e andare in tv a sparare contro i “meridionali inferiori”. Il tema è questo. Il Servizio sanitario nazionale è articolato su base regionale, per cui ogni cittadino ha diritto a prestazioni gratuite, ovviamente nei limiti dei ticket così via, su tutto il territorio nazionale, ma chi paga è la Regione di residenza.
Quindi il signor Gennaro Esposito, residente a Napoli, ha diritto a farsi curare in Calabria, in Trentino o in Lombardia, ma i costi saranno a carico della Regione Campania. Cosa accade, dunque: ogni anno, per effetto di questa migrazione sanitaria, il saldo è negativo, per la Regione Campania,per circa 320 milioni di euro. Soldi che ogni anno la Campania paga alle regioni del Nord dove vanno a farsi curare i pazienti campani. Ogni anno, dalle regioni del Sud partono centinaia di migliaia di malati che vanno a farsi curare al Nord, portando con sé un vero e proprio fiume di denaro.
Secondo il Sole24Ore, le Regioni con saldo positivo superiore a 100 milioni di euro in relazione a questo fenomeno (dati 2017) sono tutte del Nord, quelle con saldo negativo maggiore di 100 milioni tutte del Centro-Sud. In particolare: in Lombardia il saldo è pari a 784,1 milioni, in Emilia Romagna a 307,5 milioni, in Veneto a 143,1 milioni e in Toscana a 139,3 milioni. Saldo negativo rilevante per Puglia (-201,3 milioni di euro), Sicilia (-236,9 milioni), Lazio (-239,4 milioni), Calabria (-281,1 milioni), Campania (-318 milioni). Se si aggiunge a tutto ciò l’indotto rappresentato dai familiari dei pazienti, che spendono soldi per vitto, alloggio, spostamenti, annessi e connessi, la cifra aumenta ancora.
Naturalmente, la scelta di andare a curarsi al Nord è dettata dalle croniche inefficienze della sanità meridionale, in particolare riguardo alle lunghissime liste d’attesa, ma c’è anche un fattore per così dire “emotivo”, che spinge i meridionali a fidarsi di più della sanità settentrionale.
Anzi, per meglio dire, spingeva. Con l’epidemia coronavirus che ha flagellato il Nord, infatti, questo fiume di denaro è destinato a ridursi e di molto: innanzitutto, per i prossimi mesi i cittadini del Sud avranno oggettive difficoltà a raggiungere le strutture sanitarie del Nord; in secondo luogo, ci sarà un’inevitabile preoccupazione dovuta al coronavirus; in terzo luogo, la sanità settentrionale dal punto di vista dell’immagine esce male da questa emergenza, mentre quella meridionale sta dimostrando di poter raggiungere risultati di eccellenza. Meno turisti della salute, meno soldi che vanno dalle regioni del Sud a quelle del Nord, quindi. Questo è quanto, il resto è cabaret.
2 - I PAZIENTI CON LA VALIGIA SPOSTANO 4,6 MILIARDI DI EURO DA SUD A NORD
Barbara Gobbi per http://amp.ilsole24ore.com/ del 31 Luglio 2019
Le Regioni del Nord come una calamita per il Sud Italia. La mobilità sanitaria, il fenomeno dei pazienti con la valigia in cerca di assistenza migliore che muove ogni anno circa un milione di malati più i familiari, si traduce in un fiume di denaro pari nel 2017 a 4,6 miliardi di euro, certificati dalla Conferenza delle Regioni nei mesi scorsi previa compensazione dei saldi.
E il flusso ha una direzione chiara: l’88% del saldo in attivo (chi riceve pazienti) va ad alimentare le casse di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto – che sono anche le tre Regioni più avanti nel processo di autonomia differenziata - mentre il 77% di quello passivo (chi “esporta” pazienti) pesa su Puglia, Sicilia, Lazio, Calabria e Campania.
Un quadro che racchiude sfaccettature fisiologiche ma anche patologiche, imputabili alle liste d’attesa o alla scarsa qualità dell'assistenza nelle Regioni di partenza, da cui riesce a “fuggire” per curarsi solo chi può permetterselo.
A fare il punto è la Fondazione Gimbe: «Abbiamo analizzato – spiega il presidente Nino Cartabellotta – esclusivamente i dati economici della mobilità sanitaria aggregati in crediti, debiti e relativi saldi, in attesa di ottenere il prospetto dei flussi integrali trasmessi dalle Regioni al ministero della Salute, che permetterebbero di analizzare la distribuzione delle tipologie di prestazioni erogate in mobilità, la differente capacità di attrazione del pubblico e del privato e la Regione di residenza dei cittadini si curano fuori casa». Elementi fondamentali per scovare il «lato oscuro» della mobilità sanitaria e su cui non a caso indagherà il Patto per la salute in via di definizione tra governo e Regioni.
Perché il fenomeno è la cartina di tornasole di un'Italia delle cure spaccata in due, dove troppo spesso si emigra in assenza di alternative valide nella propria realtà. E «in tempi di regionalismo differenziato – avvisa Cartabellotta – il report Gimbe non solo dimostra che il flusso di denaro scorre prevalentemente da Sud a Nord, ma che anche se la bozza di Patto per la Salute prevede misure per migliorare la governance, difficilmente la fuga in avanti delle tre Regioni che cumulano l'88% del saldo attivo potrà ridurre l'impatto di un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche».
Sei Regioni vantano crediti superiori a 200 milioni di euro (mobilità attiva): in testa Lombardia (25,5%) ed Emilia Romagna (12,6%) che insieme contribuiscono ad oltre 1/3 della mobilità attiva. Un ulteriore 29,2% viene attratto da Veneto (8,6%), Lazio (7,8%), Toscana (7,5%) e Piemonte (5,2%). Il rimanente 32,7% della mobilità attiva si distribuisce nelle altre 15 Regioni, oltre che all'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (217,4 milioni di euro) e all'Associazione dei Cavalieri di Malta (39,7 milioni).
Le 6 Regioni con maggiore indice di fuga (mobilità passiva) generano debiti per oltre 300 milioni: in testa Lazio (13,2%) e Campania (10,3%) che insieme contribuiscono a circa 1/4 della mobilità passiva; un ulteriore 28,5% riguarda Lombardia (7,9%), Puglia (7,4%), Calabria (6,7%), Sicilia (6,5%).
Il restante 48% si distribuisce nelle altre 15 Regioni. Le differenze Nord-Sud risultano più sfumate quando si guarda al passivo: gli indici di fuga, alti in quasi tutte le Regioni del Sud, sono rilevanti anche al Nord grazie alla facilità di spostamento dei cittadini. In Lombardia si arriva a -362,3 milioni di euro, in Piemonte a -284,9 milioni, in Emilia Romagna a -276 milioni, in Veneto a -256,6 milioni e in Toscana a -205,3 milioni.
Le Regioni con saldo positivo superiore a 100 milioni di euro sono tutte del Nord, quelle con saldo negativo maggiore di 100 milioni tutte del Centro-Sud. In particolare: in Lombardia il saldo è pari a 784,1 milioni, in Emilia Romagna a 307,5 milioni, in Veneto a 143,1 milioni e in Toscana a 139,3 milioni. Saldo negativo rilevante per Puglia (-201,3 milioni di euro), Sicilia (-236,9 milioni), Lazio (-239,4 milioni), Calabria (-281,1 milioni), Campania (-318 milioni)