MEGLIO DISOCCUPATO CHE ALLA FIAT - DEI 300 NEO-ASSUNTI A MELFI, IN VENTI HANNO MOLLATO DOPO POCHI GIORNI: NON VOLEVANO LAVORARE IN CATENA DI MONTAGGIO - CON I TAGLI ALLE PAUSE E I RITMI DI LAVORO, MEGLIO IL PRECARIATO
Paolo Griseri per “la Repubblica” - Da Il Foglio del lunedì
Catena di montaggio? «No grazie». È successo anche questo nei giorni scorsi a Melfi, la fabbrica Fca che è tornata ad assumere grazie al successo di mercato di Jeep Renegade e Fiat 500X, i due nuovi modelli realizzati nello stabilimento lucano. A gennaio, al Salone di Detroit, Sergio Marchionne aveva annunciato «mille nuove assunzioni».
Il primo gruppo di 300 neo-operai è entrato nelle scorse settimane in fabbrica. Ma, sorpresa, un gruppo di loro ha rinunciato dopo pochi giorni, abbandonando il posto. Quanti non hanno retto alla prova della linea? «Il fenomeno esiste e non è affatto marginale», risponde Roberto Di Maulo, numero uno del Fismic, sindacato non certo accusabile di avere una posizione ideologicamente contraria all’azienda. Sul primo gruppo di 300 «sarebbero tra i 15 e i 20 coloro che hanno abbandonato», aggiunge Emanuele De Nicola, numero uno della Fiom della Basilicata.
MARIO MONTI TIENE UN DISCORSO ALLO STABILIMENTO FIAT DI MELFI
«Una percentuale comunque importante e sociologicamente significativa», riassume Di Maulo. «Non sono certo grandissimi numeri», risponde il Lingotto aggiungendo che «appena si è diffusa la notizia delle nuove assunzioni a Melfi siamo stati sommersi dalle domande di lavoro. Ne sono arrivate decine di migliaia». Il punto non è, ovviamente, come sostituire chi ha rinunciato, ma per quale motivo nell’Italia della disoccupazione giovanile al 40% si può rinunciare a un posto di lavoro.
«Nel 1992, quando nacque Melfi – ricorda Di Maulo – c’erano da coprire 4.000 posti. Molti rinunciarono perché nel frattempo avevano trovato un impiego nella Pubblica Amministrazione». Ipotesi che oggi è impossibile: la Pa ha bloccato le assunzioni da tempo. «Piuttosto – osserva De Nicola – alcuni di coloro che hanno lasciato non si aspettavano di finire a lavorare in linea. I requisiti richiesti erano alti».
GLI OPERAI DELLO STABILIMENTO DI MELFI SCATTANO FOTO RICORDO A MARIO MONTI
Per questo primo gruppo di 300 assunti infatti le società interinali selezionavano ragazzi sotto i 30 anni, diplomati con una votazione non inferiore a 85/100 o laureati. Il motivo lo spiega il responsabile auto della Fim, Ferdinando Uliano: «Chi fa parte di questo primo gruppo di assunti dovrebbe diventare in futuro un team leader». Dovrebbe, in sostanza, assumere l’incarico di responsabile di una squadra di operai e per queste posizioni è richiesto un livello di istruzione superiore.
«Certo, è possibile che per un ingegnere lavorare in linea di montaggio non coincida con le sue aspirazioni di lavoro», prosegue Uliano che però sottolinea come «nelle fabbriche moderne la distinzione tra colletti bianchi impegnati negli uffici e tute blu addette alla produzione è ormai superata».
De Nicola aggiunge l’elemento della fatica: «I ritmi della metrica ergo-uas introdotti da Fca e il taglio delle pause – dice il sindacalista della Fiom – rendono il lavoro in linea particolarmente stressante e non c’è da stupirsi che qualcuno decida di rinunciare ». Le voci di fabbrica raccontano di ingegneri che dopo pochi giorni hanno chiesto un colloquio con la direzione spiegando ai capi reparto che non si aspettavano di svolgere il lavoro di linea.
«Uno di loro avrebbe posato a terra il paraurti che stava montando» gettando metaforicamente la spugna, aggiunge Denicola. Una scena da “Isola dei famosi”. Una delle motivazioni che può aver spinto ad abbandonare un lavoro sicuro è anche la distanza dalla residenza: «Non tutti coloro che hanno fatto domanda di assunzione abitano nel circondario di Melfi», osserva di Maulo.
Storicamente gli operai della fabbrica lucana sono sempre stati tra quelli che devono percorrere più chilometri per arrivare a casa. «In media – osserva Uliano – i dipendenti occupati in linea trascorrono ogni giorno due ore in pullman». Insomma, anche tra i selezionati c’è chi dice no. Nei prossimi mesi ai primi 300 assunti dovrebbero aggiungersene altri 700. Ma in questo caso gli episodi di rinuncia potrebbero diminuire perché, dice Uliano, «abbiamo già chiesto che per i ruoli di operaio il livello di istruzione richiesto non sia così alto come nel primo gruppo».