evita peron 3

DON’T CRY FOR ME MADONNINA – “LA SALMA DI EVITA PERON ERA NASCOSTA AL CIMITERO MUSOCCO DI MILANO. IO L'HO TRASPORTATA A MADRID, NON SAPEVO FOSSE LEI” - ROBERTO GERMANI, IMPRESARIO DI UNA DITTA DI POMPE FUNEBRI, RACCONTA IL TRASPORTO DELLA SALMA IMBALSAMATA DI EVA PERON NEL SETTEMBRE 1971 NELLA CAPITALE SPAGNOLA DOVE AD ATTENDERLA C’ERA IL VEDOVO IN ESILIO JOSE’ DOMINGO - IL RACCONTO PAZZESCO DEL TRASFERIMENTO DEL CORPO DI EVITA RIMASTO NASCOSTO PER 14 ANNI IN UNA TOMBA SOTTO FALSO NOME A MILANO

Estratto dell’articolo di Elisabetta Rosaspina per milano.corriere.it

 

roberto germani evita peron

Quando Roberto Germani racconta come trasportò la salma imbalsamata di Eva Peron da Milano (fin quasi) a Madrid sembra che stia parlando di un’avventura accaduta pochi giorni prima. Invece è passato più di mezzo secolo da quel 2 settembre 1971 quando l’allora giovane autista dell’impresa di pompe funebri San Siro partì, ignaro, con un carico abituale e una destinazione più interessante del solito: la Spagna di Francisco Franco. 

 

(...)

 

Andò un po’ diversamente. Ciò che nessuno sospettava, fino a quel giorno, era che per ben 14 anni il corpo della leggendaria Evita avesse riposato, è il caso di dirlo, sotto mentite spoglie, in un tombino trentennale del più grande cimitero di Milano, a Musocco, Campo 86, Giardino 41.

 

EVITA PERON 3

Il vedovo, José Domingo Peron, era in esilio a Madrid dal 1960, dopo essere stato spodestato dalla presidenza dell’Argentina nel 1955. E, da quello stesso anno, il corpo venerato della «madonna dei descamisados» era scomparso dalla sede della Cgt, il più importante sindacato dei lavoratori del paese, proprio perché nella sua teca di cristallo la reliquia — «quella cosa», come la definivano i suoi nemici — era diventata troppo ingombrante per gli anti peronisti saliti al potere con un colpo di stato.

 

Dell’amatissima (e odiatissima) Evita, morta di tumore a 33 anni, il 26 luglio 1952, si era persa ogni traccia. I servizi segreti militari argentini l’avevano trasferita di nascondiglio in nascondiglio. Inchieste, leggende e romanzi hanno riferito o ipotizzato che fosse stata rinchiusa in armadi, in casse di attrezzature radiofoniche e in furgoni da fioristi, sotto il letto di qualche ufficiale e perfino dietro il sipario di un cinema. Si affermò che per depistare i suoi seguaci circolavano copie in cera ma pochissimi sapevano che, dopo aver pensato di incenerire o di affondare il cadavere nel Mar del Plata, il presidente argentino in carica Pedro Eugenio Aramburu e i suoi emissari avevano ottenuto dal Vaticano il via libera per una «cristiana sepoltura» il più lontano possibile, oltreoceano, in terra italiana.

EVITA PERON 45

 

Evita dunque era arrivata in incognito a Genova nel maggio 1957 in una bara imbarcata sul bastimento Conte Biancamano. Da lì era stata trasferita a Musocco: unico presente all’inumazione, consapevole di essere al cospetto della patrona argentina degli umili, era un sacerdote, padre Giulio Madurini, che avrebbe mantenuto il segreto fino alla fine. Il primo settembre 1971, quando i necrofori gridarono al miracolo riesumando il corpo intatto di una bellissima sconosciuta, fu lui a rassicurarli: «In Argentina — disse loro — si usa imbalsamare i corpi».

 

Il giorno dopo Roberto Germani, affiancato dal sedicente fratello della defunta, Carlos Maggi, intraprese il servizio internazionale più incredibile della sua carriera: «Sono fiero di aver avuto un piccolo ruolo nella storia di quella donna straordinaria» dice ora, ottantenne, passeggiando tranquillo sotto il tiepido sole primaverile, al Parco di Trenno. Ma, quando ripensa alle 60 ore di viaggio con il quale si è conquistato quel posto memorabile, lascia trapelare ancora tutta la sua emozione: «Quel Carlos Maggi aveva una gran fretta di arrivare in Spagna».

evita peron

 

Quel Carlos Maggi, si sarebbe saputo molto tempo dopo, era un sottufficiale dei servizi, si chiamava in realtà Manuel Sorolla e temeva che, se la notizia del recupero del corpo di Eva Peron fosse trapelata, i temibili Montoneros, ala radicale del peronismo, avrebbero organizzato un agguato lungo la strada per impadronirsene. L’ordine era di restituire la salma al vedovo, in un gesto di distensione tra il regime indebolito e l’esule, ancora rimpianto in patria.

 

Dopo una sosta notturna a Perpignan, al confine tra la Francia e la Spagna, Germani trasecolò trovando oltre frontiera un picchetto d’onore in attesa del carro funebre: «Dissi: signor Maggi, lei è davvero un personaggio importante in Spagna. Lui mi rispose che era molto noto per il suo commercio di tabacco». Ma quando a loro si unì una scorta di auto scure che impose un’andatura decisamente sostenuta, il povero autista italiano cominciò ad allarmarsi.

 

evita peron 2

Nessuno li fermò, fino a poche decine di chilometri da Madrid dove, nonostante le sue proteste, Germani fu costretto a svoltare tra i campi di Guadalajara: «C’era uno schieramento di civili che si facevano il segno della croce e di militari sull’attenti». Il feretro fu scaricato dalla Citroën dell’impresa e ricaricato su un anonimo furgone blu. «Ero disperato, il mio compito era di consegnare la bara in un cimitero o in una chiesa». Nessuno, nemmeno il suo cordiale accompagnatore, gli diede spiegazioni: era libero però di tornarsene a Milano.

Juan Domingo Peron con la moglie Evita

 

«Non me lo feci ripetere due volte» ammette lui, che temeva a quel punto di aver portato una cassa piena di armi, documenti segreti, refurtiva o lingotti d’oro. Ignorava che poche ore dopo, invece, la notizia della riapparizione del cadavere di Evita avrebbe fatto il giro del mondo. E lo trovò infatti ad attenderlo alla frontiera francese, dove fu seccamente apostrofato dai gendarmi: «Signor Germani, ha trafugato lei il corpo di Eva Peron?». Negò con vigore.

 

«Ma, involontariamente, era stato proprio così» sorride adesso, a distanza di 50 anni. Quando Peron tornò (per poco) al potere, arrivò una telefonata da Buenos Aires: l’autista e il carro funebre che avevano avuto l’onore di trasportare la «Señora» erano cordialmente invitati per un giro trionfale in Argentina.

 

Evita Peron

«Nemmeno per idea» rimbalzò la proposta Germani. «E se ci fosse stato, mentre ero lì, un altro colpo di Stato? Finiva che mi sparavano pure addosso».

madonna evita peron 1evita peron 1

Ultimi Dagoreport

pier silvio giampaolo rossi gerry scotti pier silvio berlusconi

DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E L'INGAGGIO DI GERRY SCOTTI COME CO-CONDUTTORE DELLA PRIMA SERATA DI SANREMO NE È LA PROVA LAMPANTE - CHIAMARE ALL'ARISTON IL VOLTO DI PUNTA DI MEDIASET È IL SEGNALE CHE IL BISCIONE NON FARÀ LA GUERRA AL SERVIZIO PUBBLICO. ANZI: NEI CINQUE GIORNI DI SANREMO, LA CONTROPROGRAMMAZIONE SARÀ INESISTENTE - I VERTICI DELLA RAI VOGLIONO CHE IL FESTIVAL DI CARLO CONTI SUPERI A TUTTI I COSTI QUELLO DI AMADEUS (DA RECORD) - ALTRO SEGNALE DELLA "PACE": IL TELE-MERCATO TRA I DUE COLOSSI È PRATICAMENTE FERMO DA MESI...

elon musk sam altman

NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON MUSK E SAM ALTMAN HANNO LITIGATO SU “X” SUL PROGETTO “STARGATE”. IL MILIARDARIO KETAMINICO HA SPERNACCHIATO IL PIANO DA 500 MILIARDI DI OPENAI-SOFTBANK-ORACLE, ANNUNCIATO IN POMPA MAGNA DA TRUMP: “NON HANNO I SOLDI”. E IL CAPOCCIA DI CHATGPT HA RISPOSTO DI PETTO AL FUTURO “DOGE”: “SBAGLI. MI RENDO CONTO CHE CIÒ CHE È GRANDE PER IL PAESE NON È SEMPRE OTTIMALE PER LE TUE COMPAGNIE, MA NEL TUO RUOLO SPERO CHE VORRAI METTERE PRIMA L’AMERICA…” – LA GUERRA CIVILE TRA I TECNO-OLIGARCHI E LE MOSSE DI TRUMPONE, CHE CERCA DI APPROFITTARNE…

donald trump elon musk jamie dimon john elkann

DAGOREPORT – I GRANDI ASSENTI ALL’INAUGURATION DAY DI TRUMP? I BANCHIERI! PER LA TECNO-DESTRA DEI PAPERONI MUSK & ZUCKERBERG, IL VECCHIO POTERE FINANZIARIO AMERICANO È OBSOLETO E VA ROTTAMATO: CHI HA BISOGNO DEI DECREPITI ARNESI COME JAMIE DIMON IN UN MONDO CHE SI FINANZIA CON MEME-COIN E CRIPTOVALUTE? – L’HA CAPITO ANCHE JOHN ELKANN, CHE SI È SCAPICOLLATO A WASHINGTON PER METTERSI IN PRIMA FILA TRA I “NUOVI” ALFIERI DELLA NEW ECONOMY: YAKI PUNTA SEMPRE PIÙ SUL LATO FINANZIARIO DI EXOR E MENO SULLE VECCHIE AUTO DI STELLANTIS (E ZUCKERBERG L'HA CHIAMATO NEL CDA DI META)

antonino turicchi sandro pappalardo armando varricchio nello musumeci ita airways

DAGOREPORT – DA DOVE SPUNTA IL NOME DI SANDRO PAPPALARDO COME PRESIDENTE DELLA NUOVA ITA “TEDESCA” BY LUFTHANSA? L’EX PILOTA DELL’AVIAZIONE DELL’ESERCITO È STATO “CALDEGGIATO” DA NELLO MUSUMECI. IL MINISTRO DEL MARE, A DISPETTO DEL SUO INCARICO, È MOLTO POTENTE: È L’UNICO DI FRATELLI D’ITALIA AD AVERE I VOTI IN SICILIA, ED È “MERITO” SUO SE SCHIFANI È GOVERNATORE (FU MUSUMECI A FARSI DA PARTE PER FAR CORRERE RENATINO) – E COSÌ ECCO CHE IL “GIORGETTIANO” TURICCHI E L’AMBASCIATORE VARRICCHIO, CARO A FORZA ITALIA, SONO STATI CESTINATI…

friedrich merz donald tusk giorgia meloni trump emmanuel macron olaf scholz mario draghi

C’ERA UNA VOLTA IL TRENO PER KIEV CON DRAGHI, MACRON E SCHOLZ. ORA, COMPLICE IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO DI GIORGIA MELONI, L’ITALIA È SPARITA DALLA LEADERSHIP DELL’UE - LA DUCETTA PREFERISCE ACCUCCIARSI AI PIEDI DI WASHINGTON (CHE VUOLE VASSALLI, NON ALLEATI ALLA PARI) CHE RITAGLIARSI UN RUOLO IN EUROPA - FRIEDRICH MERZ, PROBABILE NUOVO CANCELLIERE TEDESCO, HA "ESPULSO" L'ITALIA DAL GIRO CHE CONTA: A CHI GLI HA CHIESTO QUALE PAESE ANDREBBE AGGIUNTO A UN DIRETTORIO FRANCO-TEDESCO, HA CITATO LA POLONIA, GUIDATA DAL POPOLARE DONALD TUSK (NEMICO NUMERO UNO DEL PIS DI MORAWIECKI E KACZYNSKI, ALLEATI DELLA DUCETTA IN ECR) - “I AM GIORGIA” SOGNAVA DI ESSERE IL “PONTE” TRA USA E UE E SI RITROVA A FARE LA CHEERLEADER DELLA TECNO-DESTRA DI MUSK E TRUMP…