accampati altare della patria

EMERGENZA CAPITALE - DOPO LO SGOMBERO UNA PARTE DEI RIFUGIATI DI VIA CURTATONE SI È ACCAMPATA DAVANTI ALL’ALTARE DELLA PATRIA: DI NOTTE CI SONO 200 PERSONE - “DA QUI NON CI MUOVIAMO, VOGLIAMO UNA CASA. QUALCOSA IN COMUNE DOVRANNO PUR FARLA PRIMA CHE ARRIVINO PIOGGIA E FREDDO…”

Rinaldo Frignani per il Corriere della Sera

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La loro sfida è non restare invisibili. E stanno facendo di tutto per vincerla. Anche se per ora nessuno - fra le istituzioni e chi si occupa dell' assistenza ai senza casa - li ha voluti vedere.

 

Da nove giorni in circa cinquanta (eritrei ed etiopi con lo status di rifugiato) sono accampati davanti all' Altare della Patria. Di notte diventano molti di più. «Anche 200», rivelano. Alle loro spalle c' è il Foro Traiano, in fondo il Colosseo e dalla parte opposta piazza Venezia, con il blocco dei Lince dell' esercito all' imbocco dei Fori Imperiali.

 

Più in centro di così non si può. Dal 24 agosto scorso gli ex occupanti dell' immenso edificio di via Curtatone sono lì, a piazza Madonna di Loreto, con gazebo e striscioni che davvero non passano inosservati. «E da qui non abbiamo nessuna intenzione di muoverci, non importa quanto dobbiamo restare. Vogliamo una casa», spiega una ragazza che parla un perfetto italiano ma non vuole, come tutti gli altri, rivelare il suo nome.

 

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«Siamo tutti uguali, e poi cosa cambia? Dovete raccontare che ci hanno abbandonato, che per andare in bagno dobbiamo farlo nei bar qui intorno, che mangiamo solo perché qualche amico racimola i soldi per fare la spesa e che ci sono bambini, anche neonati, che dormono all' aperto da più di una settimana», aggiunge.

 

C' è rabbia e stanchezza di fronte al Vittoriano. C' è anche diffidenza, che porta a invitare i giornalisti a mostrare il tesserino in cambio di qualche frase da riportare. I sacchi della spazzatura pronti per essere portati via, i cartoni da usare come giacigli impilati con ordine rivelano la volontà di mantenere tutto pulito.

 

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Ma non è certo una situazione che può durare. Oltretutto dal doppio sgombero di piazza Indipendenza (il 19 agosto del palazzo, cinque giorni più tardi dei giardini, fra scontri e polemiche che hanno portato ieri alla rimozione del funzionario di polizia che ha pronunciato la frase rivolta a chi manifestava: «Se ci riprovano spezzategli un braccio») per i rifugiati nulla si è mosso.

 

Nemmeno i turisti, che a migliaia passano tutti i giorni davanti al presidio, si fermano per scattare foto: danno un' occhiata alle mamme sdraiate sulla ghiaia o sotto gli alberi, ai passeggini con i neonati e ai bambini che giocano, e passano oltre. «Ma qualcosa in Comune dovranno pur farla prima che arrivino pioggia e freddo», auspicano gli ex occupanti. Nessuno però sembra crederci troppo.

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