big brigate rosse policlinico milano

CROCE ROSSA? NO: BRIGATE ROSSE - DURANTE I LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE NEL POLICLINICO DI MILANO DA UN SOTTOTETTO VIENE FUORI UN COVO DELLE BRIGATE ROSSE: ALL’INTERNO FASCICOLI E MATERIALE RITENUTO “ORIGINALE” DAGLI INQUIRENTI. RISALE A 40 ANNI FA

Piero Colaprico per “la Repubblica

 

POLICLINICO MILANO PADIGLIONE GRANELLIPOLICLINICO MILANO PADIGLIONE GRANELLI

È solo un pannello, ma per i carabinieri funziona come una macchina del tempo. Policlinico di Milano, alcuni giorni fa. Sono, questi, lunghi anni di lavori di ristrutturazione dentro l’ospedale e, padiglione dopo padiglione, si è arrivati al Granelli. Due operai salgono in cima a una scala, che porta ai sottotetti. Basta un colpo di martello e si accorgono che qualche cosa non va. Sembra venire giù tutto. Chiamano il titolare della ditta.

 

Provano insieme a capire che cosa succede e cade per terra un fascicolo: sull’intestazione, la stella a cinque punte delle Brigate Rosse, la formazione terroristica comunista, tra i protagonisti degli anni di piombo.

 

LUIGI MARANGONILUIGI MARANGONI

Siamo dunque di fronte al primo caso in Italia di «covo» organizzato dentro un ospedale pubblico e, per di più, scoperto dopo fiumi di processi e parole di pentiti a quarant’anni di distanza. Difficile che si possano riaprire chissà quali indagini, ma – risulta a

Repubblica - il materiale è assolutamente «originale». Non ci sono solo fotocopie. Forse per questo, la notizia è stata tenuta segreta.

 

Andò molto diversamente nell’ottobre 1990, in un altro caso di ritrovamento, del tutto simile. Il proprietario di un bilocale in via Monte Nevoso decide di ristrutturare. E là, dove, nel 1978, c’erano state un’irruzione dei carabinieri e la cattura di alcuni brigatisti, un muratore scopre una struttura di cartongesso.

 

Protegge centinaia di fotocopie, tra cui non poche pagine del memoriale scritto dal presidente democristiano Aldo Moro prigioniero a Roma. Più 60 milioni in vecchie banconote e varie armi funzionanti. In un pomeriggio di sole, la Digos di Achille Serra porta le cineprese: «Non si sa mai con i dietrologi italiani, il materiale è ancora dentro il muro, noi filmiamo, se inventano storie gli mostriamo i fotogrammi».

MASSIMO DE CAROLISMASSIMO DE CAROLIS

 

Con i progressi scientifici fatti grazie al Dna per l’identificazione delle persone, in quest’estate del 2016 si sta procedendo in un’altra maniera. Anzi, se l’«operazione Policlinico» non è passata del tutto inosservata, dipende dalle unità cinofile: i cani che fiutano esplosivi e gli olii delle armi sono stati mandati, per ordine della procura, lungo il piano. «Un’esercitazione», è stato spiegato ai curiosi.

 

Il materiale raccolto è da giorni sotto esame e si possono dire soltanto due cose. La prima è che non ci sono armi e non ci sono collegamenti, stando a indiscrezioni, con quello che resta dei più gravi omicidi firmati dalle Br milanesi, «colonna Walter Alasia, brigata Fabrizio Pelli», e cioè l’agguato mortale contro il medico Luigi Marangoni, il più giovane direttore sanitario italiano.

 

Semplicemente uno che non s’era voltato dall’altra parte durante gli atti di sabotaggio di alcuni infermieri contro la banca del sangue: li aveva denunciati. Tre capoinfermieri, ritenuti d’accordo con Marangoni, poco dopo vengono azzoppati a colpi di 7.65. «Gambizzati», come si diceva allora.

MASSIMO DE CAROLISMASSIMO DE CAROLIS

 

Lui rifiuta la scorta: «Non voglio vedere morire poliziotti al posto mio». Il 17 febbraio 1981, mentre il direttore sanitario del Policlinico Marangoni esce dal garage di casa, al volante della sua auto, incontra quattro terroristi, armati di mitra e di bastoni acuminati. Oggi portano il suo nome a Milano i nuovi giardini e l’ala del Policlinico dedicata ai trapianti.

 

A indicare Marangoni come bersaglio era stata un’infermiera del Policlinico condannata all’ergastolo nel primo processo milanese: uscita dal carcere, è diventata una collaboratrice di don Gino Rigoldi nei progetti di recupero sociale. Un percorso simile a quello di altri brigatisti, ma contestato - nonostante i numerosi e vibranti incontri in nome della «giustizia riparativa», basata sul dialogo tra autori e vittime del reato - dalle associazioni dei familiari delle vittime (e non solo): «Come possiamo perdonare se non spiegate com’è andata?».

 

GIUSEPPE MAZZOLA E GRAZIANO GIRALUCCIGIUSEPPE MAZZOLA E GRAZIANO GIRALUCCI

Argomento che sembra sottindere l’altro dettaglio emerso. Riguarda - ripetiamo, sono indiscrezioni attendibili, ma non c’è l’ufficialità - alcuni elementi del tutto inediti su un attentato milanese non mortale, avvenuto nella primavera del lontano 1975. Un gruppo di brigatisti entra nello studio di Massimo De Carolis, avvocato, democristiano, leader della cosiddetta «maggioranza silenziosa»: blocca lui e i suoi assistenti, lo sottopone a un breve «processo del popolo» e gli spara alle gambe.

 

MORO BRIGATE ROSSEMORO BRIGATE ROSSE

Con una 7.65 con silenziatore. Quella pistola non aveva sparato solo a Milano, ma anche a Padova, il 17 giugno dell’anno prima: un commando, con una scusa, era entrato nella sede del Movimento sociale, ma i due militanti che c’erano, il carabiniere in congedo Giuseppe Mazzola e l’agente di commercio Graziano Giralucci, avevano reagito, finendo ammazzati. Viene considerato il primo omicidio commesso e rivendicato dalle Brigate rosse.

 

Quando De Carolis venne «condannato», i suoi «giudici» si appropriarono del tesserino di riconoscimento da deputato. Ma nessuno, allora, aveva messo in relazione De Carolis e la cosiddetta «brigata ospedaliera». Oggi lo si può fare perché, insieme con le rivendicazioni e i lunghi documenti inneggianti alla lotta armata, il tesserino è riemerso dal muro del più antico ospedale milanese. Sembra un reperto archeologico? Eppure, il sangue sulle nostre strade scorreva davvero.

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…