“È GIUSTO MOSTRARE QUEL VIDEO” - GIANLUCA NICOLETTI STRONCA GLI INDIGNATI SPECIALI CHE POLEMIZZANO SULLA PUBBLICAZIONE DEL FILMATO CHOC DELLA FUNIVIA DI STRESA: “FORNIRE ELEMENTI CHE AIUTINO A MISURARE UNA SCIAGURA SICURAMENTE CAUSATA DA NEGLIGENZA UMANA È UN ATTO CHE RIBADISCE, PER LE STESSE VITTIME, IL DIRITTO AD AVERE GIUSTIZIA…” - QUANTI DI QUELLI CHE HANNO STORTO IL NASO E PUNTATO IL DITINO HANNO FATTO LO STESSO QUANDO LE GRANDI TESTATE HANNO MOSTRATO IL MORENTE GEORGE FLOYD O IL PONTE MORANDI CHE SI SBRICIOLAVA CON 43 PERSONE INGHIOTTITE DALLE MACERIE?
Al Tg3 un documento esclusivo della cabina della funivia del Mottarone, prima della caduta, agli atti dell'inchiesta sul disastro costato la vita a 14 persone. Le immagini per il loro contenuto potrebbero urtare la sensibilità di alcuni pic.twitter.com/en6MHCfS00
— Tg3 (@Tg3web) June 16, 2021
il video della tragedia della funivia
DAGONOTA
Non si dovrebbe mai perdere tempo a spiegare perché si dà una notizia. I giornalisti questo fanno, o dovrebbero fare. Ma vista l’assurda e incomprensibile shitstorm piovuta sulle testate che hanno pubblicato il video della tragedia del Mottarone è necessario spendere due parole.
I twittaroli che ieri hanno manifestato orrore e indignazione per quel filmato dovrebbero chiedere conto ai giornali delle notizie che non danno e non di quelle che giustamente pubblicano.
In secondo luogo: quanti dei censori social, che ieri hanno storto il naso e puntato il ditino evocando addirittura la morte del giornalismo, hanno fatto lo stesso quando le grandi testate hanno mostrato il morente George Floyd o il ponte Morandi che si sbriciolava con 43 persone inghiottite dalle macerie? Che dire della foto del piccolo Aylan Curdi morto sulla spiaggia? Aggiungeva qualcosa al dramma dei migranti? Per noi sì, come “aggiunge qualcosa” ogni testimonianza, immagine o video che racconta la realtà anche nella sua crudezza, perché non usiamo doppie morali. A differenza di chi condivide e diffonde quelle immagini soltanto quando sono funzionali alla loro battaglia ideologica o politica
1 - STRESA, PERCHÉ È GIUSTO MOSTRARE QUEL VIDEO
Gianluca Nicoletti per “La Stampa”
Da ieri è oggetto di aspro dibattito il video che documenta gli ultimi attimi prima dello schianto della cabina 3 della funivia del Mottarone. È in discussione l' opportunità di aver diffuso quel filmato nei telegiornali e nell' informazione sul web.
Da una parte è invocato il dovere di integrare con quelle immagini una tragedia che è stata per giorni al centro di tutte le cronache. Dall' altra si invoca il rispetto per le 14 vittime di quel disastro, come dei familiari sottoposti all' atrocità di vedere moltiplicato ovunque l' episodio che rappresenta l' epicentro del loro dolore.
Sono 59 secondi in cui è, senza dubbio, possibile rivivere emotivamente il passaggio violento dall' essere ignari partecipi di un' escursione, a tracollare sul fondo della cabina che si impenna all' improvviso, per poi ritornare a folle velocità verso valle fino allo schianto contro un pilone.
Non si può fare a meno di essere trapassati dall' angoscia per quelle persone che non saranno più vive nel giro di pochi secondi.
È veramente di poca importanza cercare di risalire a chi abbia avuto interesse perché quel video fosse diffuso. Qualcuno che ne era in possesso lo ha messo in circolazione, il file era disponibile per tutte le parti coinvolte nell' inchiesta sull' incidente, sia come presunti responsabili quanto come parti lese.
FUNIVIA DEL MOTTARONE - GABRIELE TADINI CON GLI IRON MAIDEN
Non si può fingere di non sapere quanto sia oramai irreale pensare che, un documento video di questa rilevanza, possa essere ignorato da chi ha il compito di informare. Il video testimonia in maniera inequivocabile quello che per settimane è stato ricostruito attraverso infografiche, non si può certo immaginare che un tassello di realtà così fondamentale potesse essere ignorato.
Come ha poco senso disquisire se sia stato più corretto chi si è fatto lo scrupolo di pixellare i volti degli esseri umani, nei primi frame in cui erano chiaramente visibili, o chi invece lo abbia trasmesso senza alcun filtro, considerando tale attenzione solo un maldestro voler edulcorare la propria responsabilità.
il video della tragedia della funivia 19
Sono tutti filoni per accendere interminabili dispute da social opinionismo. È facile immaginare lo spostarsi della discussione su piani ideologici; qualcuno tirerà sicuramente in ballo il politicamente corretto a senso unico, il cinismo dei giornalisti, il disprezzo per la dignità degli esseri umani.
Forse basterebbe ricordare che nessun atto che avvicini alla verità può ledere chi perde la vita a causa di un crimine. È vero che la verità si accerta nei tribunali e non nei giornali, è sacrosanto e questo accadrà. È anche vero che fornire ai propri lettori, teleutenti o follower che siano, elementi che aiutino a misurare, nella sua effettiva entità, una sciagura sicuramente causata da negligenza umana è un atto che ribadisce, per le stesse vittime, il diritto ad avere giustizia.
2 - IL VIDEO CHOC DELLA FUNIVIA SCATENA LA POLEMICA IN RAI
Valeria Braghieri per “il Giornale”
Erano arrivati. Era il momento in cui ci si gira verso le porte in attesa dell' apertura. Mascherine, zaini sulle spalle e schiena dritta: pronti a scendere. Ma non arriva nessun centimetro di contatto. La cabina tre non tocca la banchina.
Si blocca, torna indietro e si impenna. Inizia il suo brevissimo viaggio a ritroso, sparata a tutta velocità, in esilio da qualsiasi geografia e tragitto. Come se stesse prendendo la mira oltre il bersaglio. Urta il pilone, il cavo si stacca e la cabina tre precipita nel vuoto. Con tutti quanti dentro: quindici passeggeri, quattordici morti, tranne Eitan, il bimbo israeliano rimasto orfano e senza fratello.
il video della tragedia della funivia 5
Ce lo siamo sempre immaginati così. Ma vederlo così è tutta un' altra storia. Buca il vuoto e il cielo le si arriccia attorno, come i lembi di un fazzoletto che si chiudono con un peso al centro. Si sente la tensione che precede l' irreparabile. Perché conosciamo già la fine e perché in quella manciata di secondi l' aria si tende di irreale. E poi scricchiola di tragedia. Ce lo siamo sempre immaginati così. Ma vederlo così è tutta un' altra storia.
il forchettone dei freni di emergenza della funivia del mottarone
Ieri è stato chiaro davvero cos' è successo il 23 maggio scorso alla funivia del Mottarone. Le immagini raccolte dalle telecamere di videosorveglianza sono andate in onda al Tg3 e sono subito rimbalzate sui siti e sulle altre tv. Non avrebbero dovuto essere rese pubbliche, ma sono «uscite». Non le avevano mai viste neppure i parenti delle vittime.
Perché fanno sussultare e svuotano. Il Procuratore della Repubblica, Olimpia Bossi, ieri ha fatto un comunicato stampa, per spiegare che la pubblicazione delle immagini è vietata, trattandosi di atti relativi a un procedimento in fase di indagini preliminari.
il video della tragedia della funivia 4
«Ma ancor più del dato normativo» diceva la Bossi «mi preme sottolineare la assoluta inopportunità della pubblicazione di tali riprese, che ritraggono gli ultimi drammatici istanti di vita dei passeggeri della funivia precipitata il 23 maggio scorso sul Mottarone, per il doveroso rispetto che tutti, parti processuali, inquirenti, e organi di informazione, siamo tenuti a portare alle vittime, al dolore delle loro famiglie, al cordoglio di una intera comunità».
LA FAMIGLIA DISTRUTTA SULLA FUNIVIA
Anche la Rai si è «spaccata» sulla decisione del Tg3 di divulgare le immagini. C' è chi ha parlato di «scelta macabra» e lo stesso Marcello Foa, presidente della Rai, si è detto «toccato dalle immagini» e ha spiegato che il servizio pubblico avrebbe dovuto tener conto «dell' impatto emotivo» di quel filmato. Mentre dalla redazione della Terza Rete giustificavano la diffusione del video spiegando che «aggiunge qualcosa in più alla comprensione della tragedia». Opportunità e sensibilità, insomma. Ognuno le proprie.
il corpo del bambino siriano aylan kurdi
Ma intanto stringe lo stomaco quella cabina che cambia rotta. E quell' impennata, che deve averli scaraventati tutti gli uni addosso agli altri, per poi partire all' impazzata verso lo schianto. Non si sente nulla, ma sentiamo lo stesso le grida fino al terrore che va a comprimere i polmoni e a renderli afoni. E noi non siamo quelle madri, quei padri, quei fratelli... Erano arrivati. Praticamente arrivati.
il video della tragedia della funivia 3
A guardarli oggi, sapendo cosa c' è dopo, viene da tendere le mani da quella banchina mai toccata per afferrarli, agganciarli in qualche modo, tenerli. «Tenere» è il verbo che salva. Sempre. Viene voglia di sdraiarsi sul cemento e di agganciare in qualche maniera disperata quella bara di metallo prima che si lanci a tutta velocità. A guardarli oggi, a fare senso più della morte, è la vita. Vedere la vita che c' era fino a pochi istanti prima. L' uomo con lo zaino sulle spalle e la mascherina sulla bocca che si volta verso l' uscita per scendere. È quello lo sgomento. Lo sgomento è la vita. A far senso è la vita. Vederla ignara, stagliata sul destino.
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