DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI "CHEMSEX", IL SESSO POTENZIATO DALLE SOSTANZE STUPEFACENTI - A MILANO UN GRUPPO DEDICATO IN MODO SPECIFICO ALL’AIUTO DI CHI HA SVILUPPATO UNA DIPENDENZA - IL FENOMENO DIFFUSO SOPRATTUTTO NELLA COMUNITÀ "MSM" (OMOSESSUALI MASCHI ATTIVI) - I RISCHI INFETTIVI: DALL’HIV ALLA SIFILIDE, DALLA GONORREA AI CONDILOMI ANO-GENITALI CHE A MILANO SONO TRIPLICATI…
Nadia Galliano per corriere.it
Un gruppo di supporto psicologico a sostegno delle persone con dipendenza da «chemsex», l’uso di specifiche sostanze stupefacenti a scopo sessuale diffuso soprattutto nella comunità Msm (omosessuali maschi attivi). Una sperimentazione che l’associazione A.S.A. onlus (Associazione Solidarietà Aids) ha avviato a Milano da quest’anno per far fronte alle richieste di aiuto che le sono pervenute. «È un fenomeno emergente, in gran parte ancora sommerso» spiega Giorgia Fracca, psicanalista ALIpsi (Associazione Lacaniana Italiana di Psicoanalisi) e psicoterapeuta in A.S.A., ideatrice del gruppo, a cadenza settimanale. «Negli ultimi anni sono cresciute le domande di aiuto alla nostra attenzione. Quest’anno abbiamo deciso di creare un primo gruppo psicoterapeutico ma la speranza è che ne possano nascere altri in città con cui fare rete».
Falso senso di empatia
Pochi sono i dati italiani ed europei sul chemsex. Nel 2010 il sondaggio Emis (European MSM Internet Survey) condotto in 44 città europee segnalava un 20 per cento dei soggetti MSM intervistati come utilizzatore di «chems» - le sostanze stupefacenti utilizzate allo scopo - nelle quattro settimane precedenti l’indagine. «Le sostanze psicotrope eccitano e disinibiscono, incrementando il desiderio sessuale e creando un falso senso di empatia - chiarisce Giorgia Fracca -. Per chi entra in questo vortice, l’uso dei chems diventa la base delle relazioni interpersonali legate alla sessualità». Il rischio maggiore riguarda i più giovani, ragazzi dai venti ai trent’anni, inconsapevoli della dipendenza a cui vanno incontro.
Sesso chimico
Ne giustificano l’uso con la capacità di utilizzare le sostanze nel weekend senza apparenti difficoltà durante il resto della settimana. Convinzione che si rivela tutt’altro che veritiera sul medio e lungo termine, portando alla dipendenza. «Alla domanda: “Quand’è stata l’ultima volta che hai avuto un rapporto sessuale senza sostanze?” faticano a ricordarlo» puntualizza Fracca. Finora sono otto gli iscritti al gruppo in A.S.A., aperto fino a un massimo di dodici partecipanti. Molte le storie che hanno condotto gli utenti a sperimentare il sesso chimico, ma «le ragioni scaturiscono prevalentemente da una condizione di solitudine, una mancata accettazione della propria sessualità oppure un rifiuto da parte dei familiari. Spesso i più giovani non hanno ancora superato la cosiddetta omofobia interiorizzata, legata al rapporto con la propria sessualità» generando un’inefficace accettazione di se stessi alla base delle complicanze psico-sessuali.
Desiderio falsato
«Nei chemsex party» continua l’esperta «è facile trovare attraente chiunque dopo una certa ora. Il desiderio sessuale è falsato dall’uso delle sostanze stupefacenti». Così come lo è la sensazione di essere accettati da una comunità. Oltre alla dipendenza psico-fisica, il chemsex rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie a trasmissione sessuale e disturbi psichiatrici. Lo conferma David Stuart, ideatore del termine chemsex, responsabile dei programmi dedicati al benessere sessuale e al supporto dei soggetti dipendenti dal chemsex presso il 56 Dean Street, clinica per la salute sessuale e il trattamento dell’Hiv nel cuore di Londra, parte del Chelsea and Westminster Hospital Nhs Foundation Trust.
Cocaina a Roma
«I dati dimostrano che è molto spesso associato allo scarso uso del preservativo, al numero più elevato di partner sessuali, all’aumento degli accessi di emergenza negli ospedali, alle psicosi, alla dipendenza e ai decessi». Un processo meritevole di attenzione su più fronti, clinica e istituzionale. Per quanto riguarda l’Italia, ad esempio: «A Roma la cocaina base o basata, detta “crack”, è molto comune nei contesti sessuali tra gli omosessuali, attualmente più di altre sostanze stupefacenti» approfondisce David Stuart. «In questo caso potrebbe essere un comportamento precursore del successivo chemsex».
Appare quindi auspicabile l’attuazione di interventi mirati per arginare la crescita esponenziale del trend. Molti governi in tutto il mondo stanno identificando il chemsex come una preoccupazione per la salute pubblica. Non tutti coloro che lo praticano sperimentano gli effetti sopradescritti, ma esistono prove sufficienti per giustificare una risposta (non allarmista) al fenomeno e lo sviluppo di servizi di supporto culturalmente competenti in tutte le città che ospitano grandi comunità omosessuali» conclude Stuart.
Hiv, sifilide e condilomi
Lo scarso uso del preservativo - come avviene durante un chemsex party - rappresenta un fattore di rischio per la diffusione delle malattie a trasmissione sessuale (Mts). Dal 2010 in Italia sono aumentati progressivamente i casi di Mts. A Milano sono pressoché triplicati i casi di sifilide e gonorrea.
Non solo: il rapporto 2017 dell’Associazione Dermatologi Ospedalieri ha segnalato una crescita del 400 per cento dei casi di sifilide dal 2000; raddoppiati in Europa i casi di gonorrea tra il 2008 e il 2013. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità mostrano un andamento triplicato anche per i condilomi ano-genitali tra il 2004 e il 2016. Nello stesso anno la prevalenza di Hiv tra le persone con una Mts è risultata circa 75 volte più alta rispetto a quella stimata nella popolazione generale. Il presidio fondamentale per prevenirle resta il profilattico.
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