MAN AGAINST MACHINE! ENTRO IL 2025 ROBOT E SOFTWARE RUBERANNO AGLI UMANI CIRCA 22 MILIONI DI POSTI DI LAVORO, CREANDONE SOLO 13 MILIONI DI NUOVI
Alla stazione Termini di Roma ci sono sedici sportelli per fare i biglietti e cento quattro macchinette self-service. Una macchinetta emette in media 500 biglietti al giorno e può costare, manutenzione inclusa, qualche decina di migliaia di euro in tutto. Un bigliettaio umano, in un turno, emette circa 200 biglietti e costa almeno il doppio ogni anno [1].
La scorsa settimana AlphaGo, l' intelligenza artificiale di Google DeepMind, ha sconfitto il campione mondiale del gioco da tavolo Go, Lee Sedol, in una serie di cinque partite giocate a Seul, in Corea del Sud. La notizia ha fatto parecchio discutere [2].
Il Go funziona così: collocando le proprie pedine su una scacchiera - detta goban - con 19 posizioni orizzontali e 19 verticali bisogna conquistare una porzione di goban superiore a quella dell' avversario.
Ogni giocatore può catturare una o più pedine dell' avversario se riesce a circondarle completamente con le proprie. Il gioco finisce quando entrambi i giocatori passano a vicenda una mano, cosa che indica il fatto che nessuno dei due ha ulteriori possibilità di espandere il proprio territorio o di ridurre gli spazi occupati dall' avversario [2].
Nel Go il numero di possibili mosse è pari a una potenza di dieci con 170 come esponente (il corrispettivo per gli scacchi è 10 alla cinquantesima) [3].
Jaime D' Alessandro: «AlphaGo di Google non avrebbe mai potuto competere con il suo avversario in carne e ossa, il sudcoreano Lee Sedol, a un gioco così complesso e dalle variabili infinite come il Go se si fosse limitato a contare ostinatamente le variabili.
Non è quindi la riproposizione di quel duello avvenuto nel 1997 tra il campione mondiale di scacchi Garry Kasparov e il computer Deep Blue della Ibm. Stavolta la tecnica è diversa» [4].
Il computer Deep Blue della Ibm del '97 era stato programmato per vincere in uno specifico gioco, invece AlphaGo è più generalista e ha imparato da tentativi ed errori, studiando un database di 30 milioni di mosse fatte da giocatori in carne e ossa e poi sfidando se stesso [3].
AlphaGo è la punta di diamante di quella scienza chiamata apprendimento delle macchine o "deep learning". Si basa su reti neurali sintetiche, fatte di chip, a più strati. Ogni strato è destinato a risolvere un problema Ma davvero non notate nulla di strano?
La premessa la conoscete tutti, ok, ma in tutto questo, pensateci bene, davvero non notate nulla di specifico e sommato agli altri genera la complessità, dunque la comprensione [4].
Nel campo del riconoscimento delle immagini, ad esempio, il primo strato individua i contorni e le forme. Il secondo gli arti, il volto e la fisionomia del soggetto e quel che compare sullo sfondo. Il terzo arriva a dare un nome alle cose, persone, animali, riconoscendole come appartenenti a una categoria: foresta, rana, tramonto, spiaggia. E più analizzano immagini, o più giocano a Go, più queste macchine diventano abili, riducendo il margine di errore [4].
Queste caratteristiche rendono AlphaGo più versatile e - si spera - adatto a risolvere problemi reali che richiedono il riconoscimento di schemi complessi e la pianificazione a lungo termine [3].
Secondo Giorgio Metta, da dieci anni a capo del team iCub all' Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, «per arrivare a una intelligenza generale capace di risolvere qualsiasi problema la strada è davvero lunga. Quel che voglio dire è che AlphaGo sa giocare al gioco del Go ma non sa ad esempio guidare una macchina.
A loro volta i veicoli a guida autonoma, che sono sempre basati sul "deep learning", possono muoversi in una strada trafficata ma certo non dialogare di filosofia. Noi sappiamo fare entrambe le cose. In quattro anni mi aspetto una crescita straordinaria di questi sistemi, in ogni ambito, ma sempre con compiti specifici» [4].
Maurizio Ricci: «Sui robot oscilliamo sempre fra eterna minaccia ed eterna promessa.
Dal Golem giù giù fino al perfido Hal di Odissea nello spazio, all' ecatombe di Terminator. Nell' immaginario collettivo, questa eterna minaccia si confronta però con il neurochirurgo -robot capace di muovere il bisturi nel cervello nell' ordine dei micron, il robot che va a fermare la fuga radioattiva di Fukushima, quello che sbriga in silenzio le faccende di casa.
Ragionare in termini di "arrivano i robot" non ha senso. Se smettiamo di pensare a loro come se fossero i colleghi di C3PO, l' automa-maggiordomo di Star Wars, con tanto di braccia e gambe e li vediamo come software, ci accorgiamo che sono già qui. E da tempo» [5].
obama gioca a calcio col robot
Un recente rapporto McKinsey distingue tra mestieri trasformativi, transazionali e interazionali. I primi, manifatturieri, sono stati i primi traslocati in Oriente, dove costavano dieci volte meno. I secondi, routinari come i call center o i servizi di sportello, vengono sempre più automatizzati, ma l' elemento umano ancora tiene. I terzi, ad alto valore aggiunto, sono gli unici a non temere la concorrenza delle macchine, almeno per ora [1].
Lo studio di Forrester Research che prevede che entro il 2025 robot e software ruberanno agli umani circa 22 milioni posti di lavoro, creandone contemporaneamente 13 milioni di nuovi [1].
«Una volta, fare la fila al supermercato significava aspettare di arrivare davanti a una cassiera scortese che, però, a volte, regalava un sorriso e una battuta. Oggi, la fila la si fa davanti a un lettore ottico che decifra il codice a barre del formaggio. Cassiere, operai, commessi, contabili, centralinisti, fino a bancari e agenti di borsa. Sono milioni i posti di lavoro già inglobati dai software» (Maurizio Ricci) [5].
Tra le categorie a rischio immediato ci sono gli autisti professionisti, come i camionisti e i tassisti. Secondo i calcoli di Morgan Stanley, la guida pienamente autonoma sarà raggiunta nel 2022, l' ingresso sul mercato avverrà entro il 2026 e le auto che conosciamo oggi saranno quasi estinte nel ventennio successivo [1].
Apple sta lavorando alla sua self -driving car. Nome in codice Triton [1]. Ma potrebbero essere presi di mira anche tutti quei lavori da impiegato che si è sempre pensato fossero esclusiva degli esseri umani. Ryan Holmes: «I primi a bruciare saranno i paralegali, i contabili, gli addetti alle trascrizioni e le segreterie mediche. L' uso sempre più diffuso dei software di finanza fai -da -te e di strumenti di sbobinatura automatica rappresentano solo l' inizio del cambiamento che investirà questi settori.
E la cosa importante da sottolineare è che molti di questi lavori non sono solo ripetitivi e meccanici. Necessitano anche una certa abilità nell' apprendere e nell' adattarsi a nuove informazioni. Ed è proprio per questo che la rivoluzione dell' intelligenza artificiale è così spaventosa» [6].
Nei mesi scorsi, Elon Musk (quello di Tesla), Bill Gates e Stephen Hawking hanno lanciato l' allarme: l' intelligenza artificiale sta avanzando troppo in fretta, dobbiamo mettere dei paletti. Ricci: «Se AlphaGo fa lo stratega, i suoi colleghi nei laboratori imparano a riconoscere le parole, a classificare le immagini, a riconoscere gli oggetti e le loro diverse funzioni. Il problema non è se comandiamo noi o loro, ma cosa mangiamo noi se lavorano loro» [5].
Fanuc, azienda giapponese, è la prima produttrice al mondo di robot industriali. Uno dei suoi 22 impianti è grande ottomila metri quadrati e impiega in tutto quattro dipendenti [1].
Un quarto di tutti i robot industriali venduti nel mondo nel 2014 sono finiti nelle fabbriche cinesi [1].
Dal 2001 a oggi il salario medio dell' operaio cinese è cresciuto del 12 per cento l' anno [1].
Alla fine di marzo il governo della provincia di Guangdong - l' epicentro della manifattura cinese, quindi del mondo - ha reso pubblico un programma di finanziamenti per 152 miliardi di dollari lungo tre anni per comprare robot da introdurre in circa duemila fabbriche della zona con l' obiettivo di arrivare entro il 2020 ad avere otto fabbriche su dieci pienamente automatizzate [1].
C' è chi ragiona guardando oltre, come Martin Ford, l' autore di Rise of the Robots: visto che lavorano loro, bisogna dare agli uomini quanto occorre per comprare quei prodotti. Quindi distribuire un reddito minimo universale garantito. È una strada su cui stanno ragionando economisti come Krugman e Stiglitz [5].
«I robot producono oggetti per gli esseri umani. Sta agli umani decidere se ciò che i robot hanno creato è buono o cattivo» (Yoshiharu Inaba, presidente della Fanuc) [1].
Nel '75 servivano più di trenta persone di equipaggio per una nave e oggi in media una ventina (anche con 13 si arriva a destinazione). Questo perché i computer di bordo praticamente guidano da soli. Al posto del timone c' è un joystick e il comandante governa la nave realmente solo per una quota minuscola della navigazione [1].
Oggi un maglione attraversa l' oceano per 2,5 centesimi di dollaro, una lattina di birra per un centesimo [1].
Ai pescatori scozzesi conviene spedire il salmone a sfilettare in Cina e farselo rimandare indietro, poco meno di quarantamila chilometri tra andata e ritorno, piuttosto che farlo lavorare da manodopera locale [1].
Note: [1] Riccardo Staglianò, Al posto tuo. Così web e robot ci stanno rubando il lavoro, Einaudi, Torino, 2016, 246 pagine; [2] il Post 16/3; [3] Anna Meldolesi, Corriere della Sera 10/3; [4] Jaime D’Alessandro, la Repubblica 15/3; [5] Maurizio Ricci, la Repubblica 15/3; [6] Ryan Holmes, Wired.it 18/3.