“BISOGNA CAMBIARE LINGUAGGI. IO HO PROVATO A FARLO A BOSE E NON MI HA PORTATO MOLTA FORTUNA” – ENZO BIANCHI, L’EX PRIORE DELLA COMUNITÀ MONASTICA DI BOSE COSTRETTO A LASCIARE DOPO UN LUNGO BRACCIO DI FERRO CON IL VATICANO, HA COMPRATO UN CASCINALE AD ALBIANO D’IVREA PER FARLO DIVENTARE LA SEDE DI UNA NUOVA COMUNITÀ: "SARÀ UN POSTO PER TORNARE A RIFLETTERE E PREGARE CON CHI NON LO HA MAI ABBANDONATO”
Andrea Bucci per "la Stampa"
Dieci chilometri, ma è come se fossero dieci anni luce. Dieci chilometri, ovvero la distanza che separa Magnano - piccolo comune in provincia di Biella - da Albiano, provincia di Torino. La distanza che separa la Comunità di Bose da questo cascinale in aperta campagna, dove i camion di un'impresa edile vanno e vengono dal cortile e i muratori spaccano vecchie pareti e portano nuovi mattoni.
Un tempo questo casale che ha terra e stanze e una grossa dependance era cascina. Poi - raccontano da queste parti - è diventato la sede di un campo volo. Domani, anzi, un domani che non è neanche troppo lontano sarà la nuova casa, la nuova vita, e forse anche la sede di una nuova comunità per padre Enzo Bianchi. L'ex priore della comunità monastica di Bose.
Il cattolico che non risparmia critiche ai cattolici, il fondatore - 56 anni fa - della comunità da cui è stato allontanato con decreto della Santa Sede. Se n'è andato che la primavera era già arrivata a Bose per trasferirsi a Torino, in una casa di mezza collina, un piccolo ritiro dal quale ha continuato a parlare a chi non lo ha mai abbandonato. A chi in questi mesi ha letto i suoi Tweet, nei quali citava spesso la parola «solitudine».
La solitudine di un uomo che ha ritenuto di aver subito un'ingiustizia. Alla quale, però, non si è mai opposto. Oggi si scopre che padre Enzo Bianchi non si è mai arreso. Anzi. Chi lo conosce bene lo ha sempre detto. «È un vulcano, una forza della natura, oltre che un uomo di Chiesa e di pensiero: tornerà a far sentire la sua voce». E così è stato. Poco prima di Natale è apparso alla chiesa di San Secondo. Duecento persone a sentirlo parlare. Ad annuire quando diceva «l'Eucarestia, così com' è oggi allontana i giovani».
E ancora: «Bisogna cambiare linguaggi». Sdrammatizzava: «Io ho provato a farlo a Bose, e non mi ha portato molta fortuna». Poi, in privato, confidava agli amici che voleva far qualcosa qui, a Torino, o nel torinese. Una nuova comunità? Con i monaci cacciati e con quelli pronti a voltare le spalle a Bose, e seguirlo? Si disse che stavano cercando uno spazio adatto in giro per l'Italia.
Oggi la sede c'è. Ed è questo bel cascinale, dal quale quasi puoi immaginare di sentire gli echi di Bose. I silenzi e le preghiere, di quel luogo culla dell'ecumenismo. Il casale è stato acquistato da padre Enzo Bianchi nel luglio scorso. È un posto perfetto. Non grande come Bose, ma in qualche modo intimo. Fin suggestivo. Lontano da tutto. Intuisci in lontananza il campanile delle parrocchiale e la massa del castello di Albiano.
Dove vive un altro prelato amato-temuto-ammirato e oggi ormai vicino al secolo di vita, monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, ex presidente di Pax Christi internazionale. Uomo del dialogo e delle forti prese di posizione. Dicono che Bettazzi e padre Enzo Bianchi si siano incontrarti qualche giorno fa, proprio lì, in quel castello.
Ma i temi di quel dialogo sono segreti. Non li sa e non ne parla nessuno: tantomeno i diretti interessati. Attenti entrambi ad evitare polemiche inutili, chiacchiericci e «si dice» di varia natura. Al di là delle supposizioni quel che conta oggi è il progetto di padre Bianche. È quello che - impropriamente - qualcuno già chiama la nuova Bose.
La casa dell'uomo del dialogo che ha abbandonato la sua creatura di gioventù senza mai lasciarsi andare a polemiche e sbuffi. E pure pronto a frenare gli amici che volevano - pubblicamente - difenderlo. Bianchi ha taciuto e si è mosso. Ha comprato il cascinale. Qui nascerà - forse- una nuova comunità. O uno scampolo di quella vecchia continuerà in modo autonomo il suo cammino.