CHIUSO PER COVID – A FABRO, UN PICCOLO PAESE DELL’UMBRIA, PRATICAMENTE TUTTI GLI ABITANTI SONO IN ISOLAMENTO: I CONTAGIATI SONO PASSATI DA 20 A 120 IN DIECI GIORNI E COSÌ IL BORGO È IN UN LOCKDOWN DI FATTO (ANCHE PERCHÉ IL 25% DELLA POPOLAZIONE NON È VACCINATA)– IL SINDACO: “I FOCOLAI SONO TUTTI DI TIPO FAMILIARE E TUTTI DERIVANTI DAI CONTAGI AVVENUTI TRA I PIÙ PICCOLI. IN GENERALE TUTTI STANNO RISPONDENDO BENE” - VIDEO
<iframe src="//content.jwplatform.com/players/7qFvu805-xTUu4Kma.html" width="640" height="360" frameborder="0" scrolling="auto"></iframe>
Italo Carmignani e Monica Riccio per “il Messaggero”
La voce arriva piano dalla radio piazzata sopra al frigorifero del bar dove finiscono i liquori e comincia un cartello con sopra appena tre parole: solo con mascherina, lasciando il si entra all'immaginazione. «La radio parla di noi», fa l'unico cliente al barista, «parla di Fabro, il paese fantasma, Perché paese fantasma?».
Trecento metri sul mare, da 20 a 120 contagiati di Covid in dieci giorni, gran parte bambini e quindi famiglie, e un primato: se qualcuno vuole dimostrare che Omicron si diffonde più di qualsiasi altra variante può venire dalle parti di Fabro, comune dell'Alto Orvietano, e cominciare a contare. Cosa? Gli infetti.
Certo, non li troverà per strada, perché da queste parti i 2.600 abitanti (più anziani che giovani) hanno un profondo senso di responsabilità, migliore che nelle città più grandi. «Se dobbiamo scontare questa pena - spiega Alice, trent' anni, in fila davanti all'ufficio postale - allora è bene che lo facciamo sul serio: io sono dovuta venire alle Poste perché non sono pratica con Internet. Ma una volta fatto, vado a casa e ci resto».
Dove nel Pleistocene c'era il mare, ora c'è il deserto. Delle genti ovviamente, con le case di Fabro che paiono quasi finte e vuote, quanto dignitose e curate, con un presepe quasi più grande del palazzo comunale davanti al quale è stato piazzato senza temere la sua spropositata natura kitsch.
SCORTE ALIMENTARI
Al massimo si esce per le scorte alimentari, ma tutti rigorosamente in automobile, tutti in mascherina anche a bordo e tutti verso il supermercato della zona industriale, diffuso e più sicuro. In zona paese ci sono solo negozi piccoli e non si può rischiare.
Sotto il peso saggio dei suoi ottant' anni, nonna Maria passa lenta per la piazza in cui cinquecento metri quadri o poco più celebrano il centro storico: «Io non ho paura, ho fatto la terza dose, ma capisco che ci sono di mezzo i bambini. E le creature sono la cosa più preziosa che abbiamo». Bambini? Sì, perché la velocità di diffusione in questo paese già etrusco non è solo legata alla vocazione di Omicron.
Il sindaco Diego Masella la racconta così al Messaggero, partendo da una rassicurazione: «La situazione, nonostante l'alto numero di cittadini positivi al Covid-19, è sotto controllo spiega i focolai sono tutti di tipo familiare e tutti derivanti dai contagi avvenuti tra i più piccoli, i bambini della scuola per l'infanzia e della primaria».
Tra tanta virulenza e mira infallibile del virus, fa capolino anche la buona sorte. Ancora il sindaco: «Fortunatamente non abbiamo alcuna ospedalizzazione, anzi molti dei casi sono del tutto asintomatici e altri presentano sintomi gestibili come forte raffreddore, tosse, qualcuno presenta qualche linea di febbre durata un giorno, non di più.
In generale, nonostante il numero dei contagiati sia alto e in salita probabilmente ancora per qualche giorno, possiamo dire, almeno per il momento, che tutti stanno rispondendo bene al contagio. E tutti stanno seguendo le indicazioni dei sanitari restando in isolamento contumaciale presso i rispettivi domicili».
La burocrazia del contumaciale permette alle forze dell'ordine un lavoro più leggero e meno severo. Tanto in giro, come vuole il buon senso imposto dall'emergenza, solo gli angeli custodi della sanità, quelle assistenti sociali che troppo spesso vengono dimenticata quando tutti stanno bene.
Spiega Laura, una di loro da dietro la maschera: «I contagi sono cominciati a salire dal 20 dicembre, siamo partiti da appena 20 e siamo arrivati a oltre cento in dieci giorni. Ma la gente è tranquilla e rassegnata che è come in guerra quando c'era il coprifuoco, che ora chiamano lockdown, ma sempre quello è».
I NON VACCINATI
Masella non è in città, ma ha una certezza e una paura. Si comincia dalla certezza: «Presto avremo le prime guarigioni e il 10 gennaio sono sicuro che si tornerà a scuola». Quindi la paura: «Il 25 per cento della popolazione non ha ancora deciso di vaccinarsi. Perciò faccio un appello: daje».