PERCHE’ I TEDESCHI MUOIONO DI MENO? – FACCI: "IN ITALIA L' ETÀ MEDIANA DEI MALATI È DI 64 ANN, IN GERMANIA È DI 47. UNA DISTANZA ABISSALE CHE IN MOLTISSIMI CASI FA LA DIFFERENZA TRA LA MORTE E LA GUARIGIONE - IL CONTAGIO TEDESCO NON È COMINCIATO IN UNA CITTADINA COME CODOGNO, MA IN MODO PIÙ SPARPAGLIATO. INOLTRE, GLI ANZIANI IN GERMANIA STANNO PIÙ TRA DI LORO, MENTRE I NOSTRI SI MESCOLANO DI PIÙ…"
Filippo Facci per “Libero quotidiano”
Capire perché in Germania i morti sono così pochi forse aiuta a capire perché in Lombardia o altrove sono così tanti, e forse aiuta a capire - se davvero fosse solo una questione di età dei vari popoli - perché in Italia a essere più falcidiate non sono le regioni che hanno più anziani rispetto alle altre. Intanto: c' è un equivoco iniziale che in realtà è stato chiarito da un pezzo, cioè: non è vero che in Germania contano i morti solo «per coronavirus» e non «con coronavirus», ossia non è vero che escludono coloro a cui il virus ha dato solo un colpo di grazia.
L' altro giorno ha voluto chiarirlo anche l' Istituto Robert Koch, che è il responsabile del controllo delle malattie infettive in Germania: tutte le persone affette da coronavirus, e poi morte, vengono conteggiate come decessi da coronavirus anche se prima e durante avevano altre malattie, esattamente come fa l' Istituto Superiore di Sanità (che semmai ha altri problemi di conteggio che riguardano i morti nelle case) e come fanno gli altri paesi dell' Unione Europea.
Lasciamo anche perdere che l' epidemia tedesca è iniziata dopo, anche se ora sta galoppando e i suoi dati potrebbero farlo a loro volta: la differenza proporzionale rimane, e all' inizio faceva quasi ridere per quanto sembrava irreale. Sino a tre giorni fa, quando i contagiati tedeschi risultavano 30mila con 119 morti (mentre scriviamo sono già 43mila con 239 morti) il tasso di mortalità tedesco era dello 0,4 per cento e il nostro del 9 per cento, questo, attenzione, tra i già malati e quindi perlopiù ospedalizzati. E già qui le cose si complicano, perché tutti hanno ormai capito che il vero tasso di contagiati italiani è almeno dieci o 15 volte superiore al dato ufficiale, il che riporterebbe il tasso di mortalità italiano comunque sotto lo zero come si diceva sin dall' inizio.
Quindi il primo dato da vedere, c' è poco da fare, è l' età media dei malati, e qui sta la prima differenza notevole: in Italia l' età mediana dei malati è di 64 anni (dati sempre di tre giorni fa) e in Germania è di 47. Una distanza abissale che in moltissimi casi fa la differenza tra la vita e la morte, anzi tra la morte e la guarigione.
In Italia solo il 3 per cento dei decessi ha riguardato persone con meno di 60 anni, sinora.
64 anni contro 47 Il dato però è contraddetto dal fatto che Italia e Germania sono entrambi due paesi «vecchi» con età mediane molto simili e molto alte: dunque? Va premesso che anche il numero di tamponi fatti in Italia e in Germania non è molto dissimile: l' Italia è in un vantaggio proporzionato al fatto che l' epidemia è cominciata prima, ma in Germania sono comunque messi meglio e ora vanno di corsa, anche perché i medici di base hanno la possibilità di farli, cosa che i nostri possono solo sognarsi.
In secondo luogo, il contagio in Germania non è cominciato in una cittadina come Codogno, ma in modo più sparpagliato e distribuito in soggetti che spesso tornavano da vacanze invernali sciistiche o carnevalesche: sicuramente non anziani, bensì fasce, appunto, più giovani con molti bambini che al limite hanno contagiato altri bambini, o gli stessi genitori certo non anziani.
E i famosi nonni? Ecco: la Germania, come modello sociale, è un paese che guarda più a nord che a sud, ossia ha più asili e strutture per tenere i figli rispetto a un Italia notoriamente più «mammona» e con un concetto di famiglia allargata o, se volete, un modello di «welfare nostrano» che accoglie i nonni direttamente in casa o nei dintorni.
italia «mammona» Anche questo è noto, resta il fatto che gli anziani in Germania stanno più tra di loro, mentre i nostri anziani si mescolano di più: abitudine che può essere apprezzata (Avvenire ha titolato «In Italia generazioni più unite») ma che è stata apprezzata anche dal coronavirus.
Il dato è ovvio ma anche scientifico, ed è stato confermato dal Centro di Scienze Demografiche dell' Università di Oxford che ha analizzato l' impatto della demografia sui differenziali di mortalità. Se così fosse, però, dovremmo guardare con preoccupazione alle regioni italiane più anziane rispetto a quelle più giovani: e invece non è così, non sembra esserci corrispondenza. La Liguria (dati Istat) è di gran lunga la regione più anziana del paese, poi ci sono anche il Molise o le zone di Grosseto, Terni, Ferrara e Oristano. Eppure, qui, il coronavirus non si è fatto particolarmente sentire.
Sono molto anziane anche zone come la provincia di Vercelli e di Alessandria, dove il virus si è fatto sentire eccome. E però le ampie zone del bergamasco e del bresciano, falcidiate, sono relativamente più giovani.
Insomma, l' età divisa soltanto per zone non è una bussola. Mentre lo è, sicuramente, il fattore delle «generazioni più unite» miscelato a una densità abitativa pure socialmente unita: stare a Milano, che è la classica metropoli da single e da «folla solitaria», può risultare meno rischioso che vivere in una concatenazione di paesi e paesini uno attaccato all' altro e con un grado di socialità e aggregazione molto più elevato, dove nel privato e nel lavoro si conoscono tutti. Gente solitamente più felice, dicono i sociologi: ma non in questo periodo.
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