“FARÒ UNA STRAGE PER L’ISIS” - IL PROFUGO AFGANO 17ENNE CHE IN GERMANIA HA AGGREDITO ALCUNE PERSONE SU UN TRENO AVEVA ANNUNCIATO IL SUO PIANO IN UN VIDEO: “FARO’ DIMENTICARE GLI ATTACCHI IN FRANCIA, VI SGOZZERÒ CON QUESTO COLTELLO”
Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica”
Riaz Khan Ahmadzai Assalto di Riaz Khan Ahmadzai a un treno in Germania
«Sono un soldato del Califfato. Eseguirò un attacco suicida in Germania. Il tempo è arrivato». Lunedì, quando sale su un treno a Ochsenfurt per compiere la sua mattanza, Riaz K. ha già spedito un testamento in rete, all’Is. Vuole una strage. Sul treno per Würzburg attaccherà a freddo, selvaggiamente, una famiglia di cinesi di Hong Kong, ferendone quattro, colpendo una quinta persona durante la fuga dal treno. Uno dei cinesi, tuttora in fin di vita, tenterà di fare scudo, insieme al genero, alle donne che viaggiano con loro e altri altri passeggeri. Riaz verrà neutralizzato dalla polizia durante la fuga, ucciso mentre tenta di aggredire anche loro.
Le intenzioni sono tutte in un video girato nella sua lingua madre, il pashtu. Il profugo afgano diciassettenne impugna un coltello affilato, forse lo stesso dell’attacco. Lo sventola davanti alla telecamera, inveendo contro gli «infedeli». «Vi farò dimenticare gli attacchi spettacolari in Francia. Vi combatterò, finché campo. Vi sgozzerò con questo coltello. E taglierò le vostre teste con un’ascia», scandisce con voce monocorde. Ha una maglietta bianca, l’aspetto curato, le unghie pulite. Dietro di lui, le spoglie mura della stanza dove dorme. Un armadio bianco, vuoto.
Assalto di Riaz Khan Ahmadzai a un treno in Germania
Ieri gli inquirenti ci hanno messo ore per stabilire se il video era il suo, quello di uno dei kamikaze più giovani tra gli attentatori europei. Quando era già chiaro da martedì mattina che erano vere le urla con cui ha accoltellato le sue vittime, «Allah Akbar», è vera la bandiera dell’Is che teneva in camera, insieme ad una lettera in pashtu, scritta metà in caratteri arabi, metà latini, indirizzata al padre. Una lettera in cui promette di vendicarsi contro gli «infedeli».
E un indizio sul movente è arrivato ieri da Erik Ohlenschlager, capo della procura di Bamberg: la sera prima dell’attentato, Riaz avrebbe saputo della morte di un «caro amico in Afghanistan ». Ma può bastare un amico morto a migliaia di chilometri per buttare alle ortiche una vita tutto sommato promettente?
Assalto di Riaz Khan Ahmadzai a un treno in Germania 3
Il sentimento più diffuso a Ochsenfurt, in Baviera, dove il ragazzo afgano ha passato molti mesi, è lo sgomento. Tutti si chiedono «da dove venisse quell’odio», riassume il cinquantaduenne Horst, che lavora alla fatidica stazione dov’era partito il treno della morte. Riaz non era un tossico, un ladruncolo scivolato ai margini della società, un disadattato contagiato dal fondamentalismo islamico per vendicarsi dell’occidente.
Né era un adolescente arrabbiato, mesmerizzato dai predicatori di falsità nelle moschee di qualche periferia degradata. Era un ragazzo «tranquillo, equilibrato», ha dichiarato ieri Joachim Herrmann, ministro dell’Interno bavarese, riassumendo le testimonianze delle persone più vicine. Andava alla moschea, «ma solo per le festività, nessuno lo ha mai percepito come un fanatico ». Si era «auto-radicalizzato da poco», secondo gli inquirenti.
Germania - Passeggeri attaccati sul treno da un uomo con ascia
Il buio era nella sua mente, non nella vita che viveva nell’idilliaca cittadina adagiata sul Meno e circondata da colline morbide, dove «sui pendii al sole si coltiva il vino e su quelli all’ombra si produce la birra», come ci racconta Martina, tre figli, tornata a Ochsenfurt «dalla città» dopo un matrimonio andato male.
Riaz aveva imparato a fare il panettiere, aveva buone prospettive per un lavoro, la ministra bavarese per il Sociale, Emilia Mueller, ha detto ieri che «era seguito da vicino dagli assistenti sociali». Era arrivato da oltre un anno in Germania, da qualche mese viveva in questa zona idilliaca, dei vini e delle case a traliccio, non lontano da meravigliosi villaggi medievali come Rothenburg ob der Tauber. A Ochsenfurt aveva passato qualche tempo in un centro di accoglienza per profughi minori, la portavoce era inconsolabile, ieri: «Non abbiamo mai avuto un caso del genere, qui la convivenza è pacifica. Siamo tutti sconvolti e tristi». Poi era andato persino a vivere in una famiglia. Aveva conquistato un suo nido. Ma probabilmente era troppo pieno di odio per vedere i suoi progressi, per godersi la sua nuova casa.
Germania - Passeggeri attaccati sul treno da un uomo con ascia
In Germania sono 52mila i profughi minorenni arrivati senza genitori come Riaz. Lo Stato li smista prima nei centri specifici di prima accoglienza e poi nelle famiglie. Hanno una sigla, Umf, e un’associazione federale dedicata, Bumf. Il portavoce, Niels Espenhorst, spiega che «la maggior parte di essi fugge da guerre, Stati falliti, terrorismo». Soprattutto, che «soffrono di una solitudine molto pesante, totale ». Devono passare, aggiunge, «da una strategia di sopravvivenza ad una strategia di vita. Non tutti ce la fanno».
Germania - Passeggeri attaccati sul treno da un uomo con ascia
Ma forse la chiave non è l’ambiente che lo circondava ora, ma il passato che aveva nascosto a tutti, l’infanzia in Afghanistan, il viaggio massacrante per migliaia di chilometri per raggiungere la Germania. Ieri il vescovo Friedrich Hofmann ha centrato il punto, forse. «Siamo senza parole, un gesto incomprensibile», ha detto. «Ma credo che dobbiamo accudire meglio i minorenni. E aiutarli a superare i loro traumi».