CHE FINE HA FATTO VIVIANA PARISI? - IL TEOREMA DI ELENA STANCANELLI: “SE UNA PERSONA ESCE DI CASA SPIEGANDO CON ESATTEZZA DOVE VA E POI VA DA UN'ALTRA PARTE, A UN CENTINAIO DI CHILOMETRI DI DISTANZA, HA UN PIANO. CHE, DI SOLITO, È UN SEGRETO. HA DEPISTATO AMICI E PARENTI E HA LASCIATO IL TELEFONINO IN MACCHINA. NESSUNO LO ABBANDONA. E PROPRIO PER QUESTA RAGIONE PRIVARSENE SIGNIFICA MOLTISSIMO. E C'È UN'UNICA CIRCOSTANZA NELLA QUALE SIAMO DISPOSTI AD AMPUTARCI: QUANDO QUELL'AMPUTAZIONE POTREBBE SALVARCI LA VITA…”
Elena Stancanelli per “la Stampa”
DANIELE MONDELLO E VIVIANA PARISI
Nessuno abbandona il proprio telefonino. Lo si può perdere, rompere, si può essere impotenti di fronte al suo inesorabile scaricarsi, vederlo sussultare fino all'ultima stilla di vitalità maledicendo il caricabatterie dimenticato sul mobile dell'ingresso. Ma non lo si abbandona volontariamente, mai. Perché non siamo più in grado di fare niente senza un telefono, se non possiamo contare almeno su un'applicazione, un indirizzo mail, una recensione di un ristorante o di un parrucchiere. Io è un telefonino, direbbe Rimbaud se fosse stato un contemporaneo di Steve Jobs.
E proprio per questa ragione privarsene significa moltissimo, scarnificare una parte di sé, dividersi. E c'è un'unica circostanza nella quale siamo disposti ad amputarci: quando quell'amputazione potrebbe salvarci la vita. Così, se qualcuno vuole scomparire, abbandona il proprio telefonino. Per non farsi trovare da qualcuno è sufficiente tenerlo spento, un gesto revocabile. Spengo, riaccendo, controllo.
Prendo fiato, o faccio spaventare qualcuno per dispetto, interrompo la mia disponibilità assoluta. Ma se voglio scomparire davvero, devo evitare di poter essere rintracciata, non posso riaccendere mai, non posso neanche portarmelo dietro sempre spento. Posso distruggerlo, buttarlo via. Ma devo calibrare bene i miei gesti perché chi resta, chi mi cercherà, non si spaventi troppo. Forse è meglio permettere che venga ritrovato, consegnare quello che sono stata fino a quel momento a chi era vicino a me. Come un rettile che esca da una vecchia pelle, ma vivo.
Viviana Parisi - Express Viviana è il suo nome d'arte come dj di musica elettronica - ha lasciato il telefono nella sua automobile, sull'autostrada che conduce a Palermo dove non sarebbe dovuta essere. A tutti aveva detto che sarebbe andata a Milazzo a comprare le scarpe al figlio Gioele, di quattro anni. Infatti è uscita con lui. Qualche ora dopo ha avuto un piccolo incidente, ha accostato, ha scavalcato il guardrail col figlio in braccio e se n'è andata per i campi, lasciando tutto in macchina, compreso il telefonino. Questo dicono i testimoni, precisando che l'incidente è stato senza conseguenze, una distrazione, quasi niente.
Viviana è una donna molto bella e non sembra una sprovveduta. Suona nei locali, è nata a Torino e si è trasferita in Sicilia, è una madre. Deve aver perso la testa, dicono. Il Covid l'aveva prostrata, era terrorizzata di ammalarsi, temeva per il figlio. Da quando era scoppiata l'epidemia era cambiata, era diventata più fragile. Sicuramente. Come quasi ogni abitante della terra. Chi non è cambiato, chi non è diventato più fragile, spaventato? Ma se una persona esce di casa spiegando con esattezza dove va e poi va da un'altra parte, a un centinaio di chilometri di distanza, ha un piano.
VIVIANA PARISI E IL MARITO DANIELE MONDELLO
Che, di solito, è un segreto. Non lo sappiamo cosa sia successo, perché quando una persona scompare rimangono solo le domande. Un pozzo nero del quale, per quanto ci si sporga, non si vede il fondo. Potrebbe essere successo anche qualcosa di violento e spaventoso, qualcosa di casuale, un'aggressione. Ma Vittoria ha lasciato il telefonino in macchina, ha depistato amici e parenti dicendo che andava in un posto e poi è andata da un'altra parte, e soprattutto ha portato con sé suo figlio.
Se voleva cercare aiuto, o aveva una qualsiasi altra urgenza, insieme a suo figlio si sarebbe portata il telefono che, come abbiamo detto, è diventato il nostro modo di ammaestrare il mondo. Prima di salire sul traghetto Napoli Palermo il 25 marzo 1938 il fisico Ettore Majorana ha scritto due lettere.
Ma poi ha cambiato idea. E da Palermo ne ha spedita un'altra, l'ultima, che smentiva i propositi espressi nelle precedenti. Non era morto, non si era ucciso, «il mare mi ha rifiutato», scrive in quell'ultima lettera. Ma poi scompare davvero. Forse cambierà idea anche Viviana, e forse, anche se cambierà idea, scomparirà lo stesso. Perché chi scompare pensa, proprio come Majorana, che non solo la fisica è sulla strada sbagliata, ma che siamo tutti sulla strada sbagliata.