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DA FILMAKER A REMAKER – A DICEMBRE ESCE IL “WEST SIDE STORY” BY SPIELBERG CHE RIESCE A RENDERE OMAGGIO AL MUSICAL DI CUI SI ERA PERDUTAMENTE INNAMORATO DA BAMBINO – LA PELLICOLA SI ISPIRA ALL'OPERA ANDATA IN SCENA AL WINTER GARDEN THEATRE DI NEW YORK IL 26 SETTEMBRE 1957 E NON AL FILM CHE COMUNQUE INCASSO' 10 OSCAR – SPIELBERG SEGUE LE TRACCE DEI "QUATTRO GIGANTI" CHE NON TEMEVANO DI MESCOLARE SACRO E PROFANO E... - VIDEO

 

Alessandra Levantesi Kezich per “la Stampa”

 

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Da sempre ottima stratega, la Disney si sta muovendo con accortezza per salvaguardare i suoi investimenti nel mercato cinematografico mondiale messo in ginocchio dal Covid 19. Così, pur se il 2020 non si chiuderà con l' usuale attivo ultramiliardario, i danni dovrebbero essere contenuti. Per una prima sortita nelle sale italiane la Casa di Topolino vara il 19 agosto Oltre la magia, già uscito qua e là a ridosso del lockdown con incasso internazionale di 110 milioni di dollari; e diversifica invece il lancio del nuovo Mulan, che sarà distribuito nei cinema in Cina e forse anche in Europa; e invece diffuso fuori abbonamento sul Canale Disney + in USA.

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Una decisione ben motivata: la piattaforma vanta 60 milioni di utenti, basterebbe che un sesto di loro acquistasse il film per far quadrare i conti; e, in secondo luogo, i continui rimandi minacciavano di stravolgere il già affollato calendario delle uscite, vedi il cartone animato Soul e il Marvel Black Widow previsti in novembre; vedi l' appuntamento del 18 dicembre con West Side Story di Steven Spielberg, che finalmente ha girato il musical di cui da bambino si era perdutamente innamorato.

 

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Ma, attenzione, ascoltando l' album della colonna sonora piuttosto che vedendo il film di Robert Wise, vincitore nel 1961 di sette Oscar. Cosicché la sua pellicola più che un remake si ispira direttamente all' opera andata in scena al Winter Garden Theatre di New York il 26 settembre 1957. Con moderato successo di pubblico e di critica, a dire il vero, anche se qualcuno si accorse subito che quello spettacolo aveva rivoluzionato il genere.

 

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Era un musical che osava un finale tragico; un musical ideato da un gruppo di formidabili artisti - il musicista Leonard Bernstein, il coreografo Jerome Robbins, lo scrittore Arthur Laurents e il librettista Stephen Sondheim - che non temevano di mescolare sacro e profano, arte alta e popolare.

 

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E avevano ben chiaro che musica, danza, recitazione, luci, scene, costumi dovevano tutti concorrere con uguale peso al dramma: la shakesperiana vicenda, trapiantata negli slum multietnici della New York Anni 50, di un Romeo e una Giulietta il cui amore è reso impossibile dal fatto di appartenere a due gang rivali, gli «americani» Jets e i chicani Sharks, in guerra per il controllo del territorio.

 

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Ma nonostante l' innegabile componente sociale alla base della storia, i magnifici quattro privilegiarono senza esitazioni la strada della stilizzazione e della fantasia poetica. Per esempio, la scena del balcone poteva pur svolgersi su una squallida scala antincendio, ma il gioco di luci, le melodie, i gesti, provvedeva a creare un' atmosfera romantica, intrisa di moti amorosi e funesti presagi.

 

E la cosa da sottolineare a ogni costo era la componente di incontrollato vitalismo giovanile che è fattore determinante della vicenda; ed esplode nei ritmi jazz, nelle coloriture sudamericane, nelle aspre dissonanze della partitura di Bernstein; e nella travolgente forza cinetica dei numeri di danza concepiti e diretti da Robbins. Spielberg l' ha capito benissimo; e con il supporto del novantenne Sondheim, l' unico ancora in vita, ha seguito le orme dei quattro giganti «cui deve più di quanto possa esprimere».

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E nel loro stesso spirito ha messo su un cast fresco di volti inediti e scelto collaboratori eccellenti quali il drammaturgo Tony Kushner, il coreografo del New York City Ballet Justin Peck, il direttore d' orchestra Gustave Dudamel. Covid permettendo, l' appuntamento del 18 dicembre sembra immancabile.

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Il West Side Story di Spielberg.

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