BRUXELLES, FLOP SICUREZZA - “TUTTI SAPEVANO CHE CI SAREBBE STATO UN ATTENTATO, PURE LA POLIZIA” - CHI VIVE NEI PRESSI DEL COVO DI SALAH AMMETTE: “CE LO ASPETTAVAMO, C’È ABBASTANZA ESPLOSIVO PER FAR SALTARE MEZZA CITTA’'' - L’INADEGUATEZZA DEL CODICE PENALE BELGA
Carlo Nicolato per “Libero Quotidiano”
Salah Abdelslam si nascondeva proprio lì, in quella palazzina dalle finestre bianche di Molenbeek in rue de Quatre-Vents al numero 79, proprio di fianco a una farmacia che sembra chiusa da un pezzo.
Ci sarei arrivato da solo col gps del telefonino, ma all' angolo, qualche decina di metri prima, mentre controllavo i nomi delle vie con aria incerta, mi si è avvicinato un nordafricano sui 25 anni e mi ha chiesto in francese se fossi giornalista. «Si vede così tanto?» gli rispondo in inglese. E lui senza aprir bocca mi indica con il dito un punto preciso in fondo alla strada.
«È là che l' hanno preso», mi dice e mi accompagna proprio di fronte alla casa dalle finestre bianche. È qui che Salah si nascondeva, mi fa capire il ragazzo che dice di chiamarsi Ahmed ma che non vuole farsi fotografare. È uscito da quella porta e ha cercato di svignarsela, ma non aveva molte possibilità visto che gli agenti lo stavano aspettando a pochi metri.
Dice, battendosi il petto, di averlo visto coi suoi occhi, ma che non sapeva che il terrorista si nascondesse lì: «Credevamo fosse da qualche parte in Siria. Anche per noi è stata una sorpresa».
Mentre parlo con Ahmed arriva un taxi dal quale scendono un giornalista e un cameramen. Capisco di non essere certamente il primo a curiosare da quelle parti, ma Ahmed sembra avere qualcosa di interessante da dire sugli attacchi all' aeroporto e alla fermata della metro di Maelbeek.
«Ce lo aspettavamo, sapevamo che prima o poi sarebbe successo». E quando vede che il mio interesse si fa incalzante aggiunge che anche la polizia lo sapeva, ma che era impossibile immaginare dove e quando avevano intenzione di colpire: «Pensavo facessero calmare un po' le acque prima di fare qualcosa», dice ripetendo quello che il giorno prima aveva riferito al Guardian il sindaco del quartiere, Sarah Turine (ogni quartiere di Bruxelles è un Comune a parte con il proprio sindaco).
Evidentemente dopo la cattura di Salah avevano paura di essere scoperti con l' esplosivo in casa: «Dicono ce ne sia tanto di esplosivo», aggiunge Ahmed, «abbastanza da far saltare mezza Bruxelles».
Le parole di Ahmed sembrano trovare una conferma dal «testamento audio» ritrovato nel computer di Ibrahim El Bakraoui, uno dei due kamikaze dell' aeroporto e uno dei due sospetti sfuggiti insieme al fratello al blitz di Forest di una settimana fa. Secondo quanto riportato dal procuratore federale del Belgio, Frederic Van Leeuw, in quella registrazione il jihadista rivelava una certa insicurezza: «Mi devo sbrigare» diceva. E in un altro passaggio delle registrazione rivelava invece di non voler «ritrovarsi in una cella vicino a Abdeslam».
Forse che Salah gliela avrebbe fatta pagare se non si fosse fatto esplodere prima di farsi catturare, o forse che al contrario Ibrahim non avrebbe voluto trovarsi in cella insieme a colui che avrebbe potuto tradirlo. Difficile dirlo, ma un fatto certo è che quel pc è stato ritrovato in un cestino dei rifiuti nel covo di Schaerbeek, altro quartiere brussellese, dove la polizia ha ritrovato anche una valigia con 15 chili di esplosivo Tapt (periossido di acetone), acqua ossigenata e chiodi.
Quel bagaglio di troppo che non è mai arrivato a destinazione, l' aeroporto di Zaventem, grazie all' inconsapevole taxista che ha dato un passaggio ai terroristi, e che non voleva troppe borse sul suo taxi. Capisco che è il momento di cambiare aria quando si aggiunge a noi un tizio in abito islamico grigio e barba che sembra tanto un imam.
ARTIFICIERE DI BRUXELLES Najim Laachraoui
D' un tratto mi viene in mente che per quelle strade fredde e ieri semideserte è nato e cresciuto il più nutrito gruppo di foreign fighters dell' Isis (si parla di qualcosa come 500 jihadisti). Che da qui, oltre a Salah, venivano tra gli altri Abdelhamid Abaaoud, uno degli organizzatori tattici e operativi degli attacchi di Parigi del 13 novembre scorso, e Mohamed Abrini,
il belga-marocchino tuttora latitante e filmato con Abdeslam in una stazione di servizio 48 ore prima degli attentati. E che da queste parti viveva Fouad Belkacem, fondatore di Sharia4Belgium, il gruppo che intendeva appunto instaurare la sharia in un «sultanato» belga, e ora per fortuna in carcere.
ARTIFICIERE DI BRUXELLES Najim Laachraoui
Impossibile fare finta che buona parte della gente che vive a Molenbeek non faccia il tifo per Al Baghdadi e che questi terroristi non abbiano vissuto nell' impunità più assoluta fino ad adesso. Molenbeek dista solo 10 minuti a piedi dal centro della città, da quella piazza di fronte al palazzo della Borsa dove da martedì sera sta andando in scena il solito spettacolo di ipocrita fratellanza e cordoglio occidentale, immortalato da decine e decine di giornalisti, fotografi e telecamere.
Strada facendo mi accorgo che a differenza del centro e di Schuman, l' area della Commissione Europea, qui a Molenbeek di poliziotti e di militari se ne vedono ben pochi.
Dopo gli attentati di Parigi il ministro degli interni belga Jan Jambon aveva dichiarato che avrebbe fatto controllare «casa per casa» gli abitanti del quartiere, ma l' intenzione è rimasta tale. Tanto che Salah in fuga si era rifugiato proprio qui, come un piccolo boss mafioso sicuro della collaborazione e dell' omertà dei suoi vicini. Ma soprattutto era certo dell' incredibile leggerezza delle istituzioni e della polizia belga, perfino costretta dal codice penale alle perquisizioni in orari di ufficio.