LE FOLLIE BUROCRATICHE ARRIVANO PURE NELLA CULLA - C’E’ UN PADRE CHE VUOLE RICONOSCERE IL FIGLIO, LA MADRE D’ACCORDO MA IL TRIBUNALE LO VIETA – MOTIVO? LO HANNO CONCEPITO QUANDO I DUE SI ERANO APPENA SEPARATI E NON CONVIVEVANO
Carlo Rimini per La Stampa*
Una sentenza del Tribunale di Torino depositata nei giorni scorsi si occupa di un bambino che per la legge non ha un papà e di un papà che non riesce a riconoscere il suo bambino. Il diritto e la burocrazia sono una miscela che produce effetti sorprendenti: se in mezzo c’è un bambino la sorpresa lascia il posto all’amarezza.
Partiamo dai fatti. All’inizio di questa storia i protagonisti sono solo un marito e una moglie. Dopo sette anni di matrimonio, l’amore finisce: la crisi del settimo anno interrompe la loro vita assieme e ognuno va per la sua strada, senza rancore. Si separano consensualmente. Dopo un paio d’anni si incontrano di nuovo: la sentenza non descrive i dettagli di questo incontro e non spiega come sia avvenuto perché le pronunce dei giudici non si occupano di ciò che è irrilevante per il codice. I giudici scrivono solo che “nasceva un figlio”. Sappiamo però che non è rinato l’amore di un tempo perché la coppia non ha ripreso a vivere assieme e, dopo qualche anno, nonostante la passione di un momento, è stato pronunciato il divorzio.
E il bambino? Il papà ha chiesto di riconoscerlo: è suo figlio e vuole occuparsene. La mamma è ovviamente d’accordo. Hanno chiesto che sia riconosciuto come figlio nato da genitori non coniugati perché, quando il bambino è nato, erano già separati. Separati ma non ancora divorziati. Questa circostanza fa sorgere un dubbio all’ufficiale di stato civile perché la burocrazia è rigida mentre la vita al giorno d’oggi scorre su binari tortuosi e imprevedibili.
Viene chiesto un parere all’Associazione nazionale degli ufficiali di stato civile che risponde con sicurezza: il bambino non può essere riconosciuto come figlio di genitori non coniugati perché i genitori erano ancora sposati quando è stato concepito. E quindi? Il padre (che padre ancora non è) pone questa domanda attonito all’impiegato del Comune. Quindi i genitori devono rivolgersi al tribunale che attribuirà al bambino lo status di figlio di genitori coniugati. Possiamo immaginare che ai genitori sia venuto un dubbio: nel 2012 una legge ha cancellato ogni differenza fra i figli dei genitori sposati e quelli dei genitori non coniugati. Quindi quale è la differenza? Di che cosa stiamo parlando?
Ma questo è solo l’inizio del calvario dei due genitori che hanno avuto l’ardire di concepire un figlio quando la loro vita assieme era già finita. Hanno chiesto cosa dovevano fare per rivolgersi al tribunale. La risposta è stata perentoria: è necessario un avvocato. Hanno trovato (e, possiamo immaginare, pagato) un avvocato che ha presentato la domanda. Ma questa è stata respinta.
Perché? Il codice civile prevede, all’art. 234, che un bambino può essere dichiarato figlio di genitori coniugati nonostante sia nato dopo trecento giorni dalla loro separazione solo se riescono a dimostrare che comunque è stato concepito “durante la convivenza”. Ma questi due signori non convivevano affatto quando, in un momento di passione, hanno concepito il figlio mentre da anni vivevano separati. Per il loro caso manca la norma, manca “la grida”, come avrebbe detto Azzeccagarbugli. Insomma, il tumulto dei sensi ha sbagliato momento!
Quanto è vecchio il nostro diritto di famiglia: lo stato di figlio si acquista ancora sulla base della distinzione fra figli nati durante matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio; una distinzione che non ha però più alcun effetto ma che trascura i bambini nati durante il periodo della separazione. Un limbo del quale sempre più si fatica a comprendere il significato.
*Ordinario di diritto privato all’Università di Milano