UNA FORCHETTA PURE AL CLIENTE – ORA LE GUIDE FANNO LA COSA GIUSTA: PREMIANO ANCHE CHI FREQUENTA I RISTORANTI – IL PREMIO VA A FELICE MARCHIONI, UN DISABILE DI CAMERI (NOVARA): PRIMA DI ANDARE SI DOCUMENTA, STUDIA, IMPARA I MENU A MEMORIA, QUANDO E’ LA’ CHIEDE, INTERVISTA IL PERSONALE, SCATTA FOTO, PRENDE APPUNTI (INSOMMA UN ROMPI)
Da Il Giornale
Doveva capitare prima o poi nel pletorico mondo della gastronomia. Doveva capitare che a forza di moltiplicare i riconoscimenti (dapprima era solo lo chef, ora si premia anche il piatto dell'anno, il ristorante sostenibile, l'enotavola, l'innovazione, la cucina di pesce, la cucina etnica, perfino il caffè e il carrello dei formaggi) si arrivasse a premiare anche chi sta dall'altra parte del tavolo: il cliente.
Lui si chiama Felice Marchioni, è un dipendente dell'ufficio tecnico del comune di Cameri, in provincia di Novara, si muove su una sedia a rotelle e ha un progetto: visitare un ristorante stellato al mese. Prima di andare si documenta, studia, impara i menu a memoria, quando è là chiede, intervista il personale, scatta foto, prende appunti. Insomma, ne sa certamente più di chi scrive queste noterelle.
FELICE MARCHIONI CON HEINZ BECK
Chef e maître di tutta Italia lo conoscono. E lo hanno scelto come cliente ideale, nuovo premio che l'edizione 2018 della guida I Ristoranti d'Italia dell'Espresso - la quarantesima - presentata ieri alla Stazione Leopolda di Firenze (648 pagine, 22 euro la versione cartacea e 7,99 la app), ha istituito per movimentare le acque, visto che quest'anno la classifica degli chef più bravi d'Italia nelle posizioni di vertice non registra mutamenti rispetto all'anno scorso.
Ricorderete forse, e se non lo ricordate ci pensiamo noi, che dall'anno scorso la guida diretta da Enzo Vizzari non fa più una vera classifica, dopo che l'edizione di due anni fa, aveva toccato il punto di non ritorno dando 20 su 20 a Massimo Bottura dell'Osteria Francescana di Modena. Ora ci sono solo categorie di merito. Il top sono i «cinque cappelli», attribuiti allo stesso Bottura, a Niko Romito di Casadonna Reale in provincia dell'Aquila, a Massimiliano Alajmo delle Calandre di Rubano in provincia di Padova, a Enrico Crippa di Piazza Duomo ad Alba in provincia di Cuneo e a Mauro Uliassi dell'omonima insegna di Senigallia in provincia di Ancona.
I quattro cappelli passano da 10 a 16 (ma uno è in Slovenia, a Caporetto), poi ci sono 40 tre cappelli, 132 due cappelli e 457 monocappello. La regione con più ristoranti di eccellenza è la Lombardia, davanti a Veneto (107), Piemonte (95), Campania (94), Toscana (87), Lazio 882) ed Emilia-Romagna (62). Le province più rappresentate Milano (49), Roma (46) e Napoli (38), ma quelle più gourmet in rapporto agli abitanti sono certamente Cuneo (27 ristoranti «cappellati» per una popolazione di 589mila persone) e Bolzano (25 per 524mila).
Novità dell'anno i «cappelli d'oro», che premiano i ristoranti che, come scrive Vizzari nell'introduzione «hanno contribuito in misura decisiva a cambiare il volto della cucina italiana». Definizione che sa di premio alla carriera a insegne che non riescono più a stare il passo con i tempi ma che non si può trascurare a causa del blasone, ma poi ci dicono che siamo impertinenti.
Ci sono invece segnali importanti che danno spazio, in un volume paludatissimo, alle tendenze contemporanee, fatte di luoghi in cui ci si diverte senza svenarsi (il Premio Barone Pizzini per le trattorie dell'anno va all'imperdibile Trippa di Milano, con lo chef rock Diego Rossi e il patròn Pietro Caroli, e maledizione da domani sarà ancora più difficile trovare un tavolo; e poi a Punto Officina del Gusto di Lucca e a Damiani e Rossi di Porto San Giorgio), di ristoranti etnici senza oleografia (Wicky's Wicuisine Seafood di Milano), di pizzerie che stanno reinventando il piatto più tradizionale e imprescindibile che c'è (il premio Petra Molino Quaglia al giovane pizzaiolo Gennaro Battiloro della Kambusa sul Lago di Massarosa nel Lucchese).
Qualcuno rabbrividisce per il premio Coca-Cola alla novità dell'anno (per la cronaca: Borgo Egnazia di Fasano e il Portico di Appiano Gentile nel Comasco) ma non noi, che una Coca (Zero) dopo tanto cibo la troviamo imprescindibile. Burp.