IL MISTERO INFINITO DEL MOSTRO DI FIRENZE - FRANCESCO NARDUCCI, IL MEDICO DI PERUGIA SOSPETTATO DI ESSERE UNO DEI MANDANTI DEI DELITTI, NON SI E’ SUICIDATO: FU UCCISO! - IL SUO CADAVERE FU RIPESCATO DAL LAGO TRASIMENO NEL 1985 E IL GIUDICE GIULIANO MIGNINI IPOTIZZA CHE SIA STATO ELIMINATO DAI COMPLICI AFFINCHÉ NON SVELASSE I SEGRETI DEL MOSTRO - L’IPOTESI DELLA SOSTITUZIONE DEL CADAVERE PER DEPISTARE LE INDAGINI
Gian Pietro Fiore per “Giallo” in edicola
“Il caso della morte del medico di Perugia Francesco Narducci, noto e stimato gastroenterologo appartenente a una rispettabile famiglia del posto, si e rivelato un esempio concreto della cultura del depistaggio e dell’omerta, che si e manifestata sin dall’inizio, cioe dal lontano 8 ottobre 1985, che e proseguita nel corso degli anni e che sembra essersi protratta fino ai nostri giorni”.
Inizia cosi l’informativa datata 4 aprile 2007, redatta dal gruppo investigativo che si occupava dei delitti del Mostro di Firenze (allora comandato da Michele Giuttari, oggi collaboratore di Giallo). Il documento e indirizzato alla Procura di Perugia, che all’epoca indagava sullo “strano” decesso del medico Francesco Narducci, la cui morte inizialmente venne spacciata come un suicidio.
A distanza di anni, pero, si e scoperto che Narducci e stato ucciso. Quello che fu ripescato dal lago Trasimeno, in Umbria, inoltre, non era il cadavere del medico, ma di un’altra persona, mai identificata. Per tanti anni si cerco di far credere che il corpo senza vita riaffiorato dalle acque del lago fosse di Narducci, ma era solo un depistaggio. Il cadavere dello sconosciuto sarebbe stato sostituito in un secondo momento con quello del medico. Un giallo nel giallo.
Ma chi era Francesco Narducci? L’uomo, 36 anni, era un giovanissimo professore universitario e un medico gia molto conosciuto e scomparve l’8 ottobre 1985 nel lago Trasimeno. Esattamente un mese prima si era consumato l’ultimo duplice delitto attribuito al Mostro di Firenze, che da quel giorno non uccise piu. Solo un caso? L’ipotesi e che
il giovane medico fu ucciso perche sapeva troppe cose sulle morti delle coppie di fidanzati e forse aveva intenzione di rivelarle ai magistrati. Oppure potrebbe aver addirittura fatto parte del gruppo mandanti degli omicidi del Mostro. Ipotesi avvalorate da documenti, foto e testimonianze di cui Giallo e in possesso.
IL PARTICOLARE DELL’AUTO “VERDOLINA”
Per oltre 16 anni, cioe fino al 2002, la morte del gastroenterologo e rimasta un mistero. La svolta e arrivata quando Giuliano Mignini, all’epoca pubblico ministero a Perugia, decise di riaprire il caso. Le indagini portarono alla terribile scoperta: Narducci non si era suicidato, ma era stato ammazzato. Si arrivo a questa conclusione sulla scorta di alcuni clamorosi indizi, di cui vi parleremo in questo servizio e anche su Giallo delle prossime settimane.
Cominciamo dalla relazione del medico legale che il 28 maggio 2002 esegui l’autopsia sul cadavere riesumato di Narducci. Scrisse il medico: «La morte e avvenuta per un’asfissia meccanica violenta prodotta mediante costrizione del collo, oppure di tipo manuale (strozzamento) o, ancora, mediante un laccio (strangolamento)».
In uno dei tanti atti firmati dal pm Mignini, oggi in servizio presso la Procura generale della Corte d’Appello di Perugia, c’e scritto: «Va posto in evidenza che le indagini sulla morte del Narducci e sulle vicende a esso connesse, iniziate nell’ottobre 2001, sono state collegate con quelle sui “mandanti” dei duplici omicidi di coppie, verificatisi nel territorio fiorentino nell’arco di tempo compreso tra il 1974 e il settembre 1985, cioe sino a un mese esatto prima della scomparsa del medico.
Va anche sottolineato che le indagini hanno incontrato forti contrasti e un diffuso clima di reticenza, fatti questi che hanno portato all’iscrizione di numerosi soggetti o per reati commessi con la finalita di ostacolare, in vario modo, le indagini stesse, o per reati conseguenti alla reticenza o per le false informazioni fornite al pm o alla polizia giudiziaria».
i delitti del mostro di firenze
Il primo ad accostare il nome di Narducci a quello del Mostro di Firenze fu Mario Vanni, l’ex postino condannato, in concorso con Giancarlo Lotti e Pietro Pacciani (i cosiddetti “compagni di merende”), per gli ultimi quattro duplici omicidi del Mostro. Mario Vanni, sentito dai pubblici ministeri il 17 gennaio 2015, disse: «Riconosco il Narducci come un conoscente di Francesco Calamandrei (il farmacista in un primo momento accusato della morte di Narducci, ma poi assolto, ndr). Il giovane aveva 36 anni, un’auto grossa, verde, a 4 sportelli nella quale e salito insieme al giovane che guidava, al Pacciani e al Calamandrei, per andare a prostitute a Firenze».
gli omicidi del mostro di firenze
Il giovane (Narducci, ndr) aveva detto a Lotti di avere una casa a Mercatale. Tutti insieme andarono alla trattoria al Ponte Rotto (ricostruzione confermata dal testimone Fernando Pucci, amico di Lotti). E la conferma che si frequentavano. Il riferimento all’auto verdolina di grossa cilindrata e uno dei punti piu importanti della testimonianza di Lotti. Dimostra che Narducci era effettivamente li con loro, dal momento che possedeva proprio un’auto (una Citroen CX Pallas) di colore verdolino.
Gli stessi giudici della Corte d’Assise di Firenze, nella sentenza di condanna emessa il 24 marzo 1998 nei confronti dei “compagni di merende”, avevano preso in considerazione l’ipotesi del mandante, parlando proprio di un “dottore”. I magistrati avevano sottolineato la necessita di fare nuove indagini sulla questione.
FU ATTIRATO IN UNA TRAPPOLA MORTALE?
Ma torniamo alla misteriosa morte di Francesco Narducci. Un testimone racconto al giudice Mignini: «Il professore Narducci, nel corso della giornata di martedi 8 ottobre 1985, grosso modo al termine della mattinata lavorativa trascorsa nel “Reparto” di Gastroenterologia del Policlinico di Monteluce, decide di modificare il solito programma lavorativo e di recarsi al lago Trasimeno, tornando prima a casa».
L’infermiere Giuseppe Pifferotti aggiunse: «Il medico sarebbe stato raggiunto verso le 13 da una telefonata mentre stava praticando un esame endoscopico». Un altro collega, sentito nel 2003, ha dichiarato: «Come mi ha riferito il Pifferotti, una infermiera o un infermiere, dopo aver bussato, entro nella stanza dove Francesco faceva l’esame monometrico e gli disse che c’era una telefonata.
i misteri del mostro di firenze
Credo che deve avergli fatto capire che la telefonata era importante e che doveva rispondere subito, perche normalmente non e che lasciamo l’esame endoscopico per rispondere al telefono. Potrebbe anche darsi che Francesco avesse avvertito l’infermiera o l’infermiere di avvertirlo a una certa ora».
Narducci non aveva riferito alla moglie il proposito di andare al lago quel pomeriggio. Le aveva detto che sarebbe stato tutto il giorno al lavoro. L’uomo scomparve intorno alle 15.30. Si legge in un verbale: «Iniziano le ricerche e, secondo il fonogramma inviato dai carabinieri di Magione a questa Procura, verso la mezzanotte e mezza del 9 ottobre viene rinvenuta la sua imbarcazione senza nessuno a bordo, con le chiavi inserite in posizione di spento e il cambio in posizione di folle, tra i canneti, proprio di fronte al “castello diroccato”.
Dopo i giorni delle ricerche, alle 7.20 del 13 ottobre, su segnalazione di alcuni pescatori, in localita Arginone della Frazione di Sant’Arcangelo, veniva rinvenuto un cadavere che, all’epoca, fu riconosciuto come quello del Narducci. Il cadavere, dopo una rapida visita esterna, condotta sul pontile da una dottoressa che avrebbe dovuto solo accertare la morte e che non aveva alcuna esperienza medico-legale, senza alcun accertamento autoptico e senza rilievi fotografici, veniva restituito, dopo poche ore dal rinvenimento, ai familiari, essendo la morte da ricondurre ad “asfissia da annegamento da probabile episodio sincopale”. Due giorni dopo si svolgevano a Perugia i funerali».
Come detto, il 4 giugno 2002 vennero disposti accertamenti urgenti e fu presentata la richiesta di riesumazione del cadavere. Si legge a riguardo: «Aperta la bara ci si e trovati di fronte un cadavere che poneva seri problemi di corrispondenza con l’uomo a cui si erano riferiti gli accertamenti eseguiti dopo il ritrovamento del corpo nel lago Trasimeno nel 1985. Tali caratteristiche sono subito apparse difficilmente compatibili con quelle dell’uomo». In altre parole, come accennato all’inizio, l’uomo nella bara non era lo stesso ripescato oltre 16 anni prima nel lago Trasimeno. Una scoperta sconvolgente.
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