COSCHE E TONACHE LOSCHE - DOPO L’INCHINO DELLA MADONNA AL BOSS, FUOCHI D’ARTIFICIO IN CALABRIA PER FESTEGGIARE L’ASSOLUZIONE DEL PARROCO: AVEVA DICHIARATO IL FALSO PER PROTEGGERE IL CAPOCLAN - INSORGE LIBERA DI DON CIOTTI - E A VIBO SALTA LA PROCESSIONE
Giuseppe Baldessarro per “la Repubblica”
Hanno accolto la notizia facendo suonare le campane a festa e con i fuochi d’artificio, poi qualcuno si è messo a girare in macchina suonando il clacson. L’assoluzione del loro parroco ha scatenato i parrocchiani e il quartiere. Tutti solidali con don Nuccio Cannizzaro e tutti felici perché, dicono, giustizia è fatta. Anche se si tratta di una prescrizione e non proprio di un’assoluzione piena, il quartiere di Condera non si è risparmiato per manifestare apertamente il suo entusiasmo. E d’altra parte la parrocchia ha sempre difeso a spada tratta il prete sotto processo perché accusato dalla Dda di aver detto il falso per avvantaggiare Santo Crucitti, presunto boss della periferia nord di Reggio Calabria.
Il parroco, ex cerimoniere del vescovo e cappellano della polizia municipale, era imputato nel processo Raccordo-Sistema assieme a Crucitti e a un gruppo di uomini ritenuti dalla procura vicini o complici di un clan della ‘ndrangheta. Una tesi che tuttavia non ha retto davanti ai giudici che martedì sera hanno ritenuto non provato il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Circostanza che ha fatto cadere tutte le aggravanti, riducendo il falso ad un reato già prescritto.
Comunque una vittoria giudiziaria per don Nuccio, ma anche per Crucitti, condannato solo per reati “minori” a quattro anni di reclusione, ma immediatamente scarcerato vista l’assoluzione per il reato associativo. Una sentenza che ha chiuso una lunga fase dibattimentale durante la quale l’accusa aveva descritto il parroco come il perno di un complesso sistema di potere fatto di relazioni non sempre cristalline. Don Nuccio era finito nel calderone perché durante un precedente procedimento contro Crucitti aveva reso delle dichiarazioni in difesa dell’imputato principale, dichiarazioni che poi, intercettato, aveva ammesso di aver fatto a favore di Crucitti.
La Dda, oltre a contestare il fatto in sè aveva portato il prete alla sbarra accusandolo di avere agito per favorire esplicitamente il presunto ‘ndranghetista, applicandogli le aggravanti del caso. Il processo tuttavia non ha dimostrato l’associazione mafiosa ed essendo caduto il capo d’imputazione principale sono sparite anche le aggravanti, con la conseguente prescrizione del falso. Tra l’altro il parroco ed alcuni degli altri imputati erano stati accusati in aula da Tiberio Bentivoglio, un commerciante testimone di giustizia che ha descritto una serie di episodi di danneggiamenti e minacce che lo avevano visto protagonista del processo.
Vicenda spinosa, sia per la sentenza, sia per il seguito dei festeggiamenti. Tanto che Libera non ha esitato a ricordare come l’associazione di don Ciotti avesse denunciato «ben prima che tali fatti entrassero nelle aule di tribunale l’intreccio opaco e perverso che ha condizionato per troppo tempo la vita del quartiere reggino di Condera». Aggiungendo che «le responsabilità di chi riveste ruoli pubblici (il riferimento è al parroco, ndr) non possano esaurirsi nelle aule di giustizia e, soprattutto, non cadono mai in prescrizione».
Sulla vicenda dei festeggiamenti nel quartiere il procuratore Federico Cafiero de Raho, amareggiato, ha comunque voluto dire che «le cose col tempo cambieranno». E così anche l’aggiunto Nicola Gratteri, anche se per il magistrato «la strada è ancora lunga». Non ha invece usato mezzi termini Davide Mattiello, componente della Commissione parlamentare antimafia, che ha paragonato la vergogna dei fuochi d’artificio per don Cannizzaro e Crucitti «all’inchino della Madonna ad Oppido Mamertino».
Episodio, quello della processione di Oppido, che ha lasciato il segno, avendo anche delle conseguenze. Tanto ieri a Vibo Valentia, il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica ha deciso di annullare la processione della Madonna del Carmine che avrebbe dovuto tenersi in serata.
Una decisione assunta sulla base di alcune informative delle forze dell’ordine che hanno individuato tra i portatori della statua personaggi vicini alla cosca di ‘ndrangheta dei Lo Bianco. In pratico, col rischio fortissimo che tra i portatori della statua ci fossero esponenti di una cosca, il prefetto aveva proposto alle autorità religiose di far trasportare la Madonna su un camion guidato da un rappresentante della Protezione civile. Ma alla proposta del prefetto le autorità religiose hanno preferito far saltare la processione.