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GANGS OF MILAN – QUINDICI ARRESTI TRA I “BARRIO 18”, LA BANDA SALVADOREGNA CHE AVEVA PRESO POSSESSO DI DUE AREE A MILANO – SEQUESTRATI PISTOLE, COLTELLI E MACHETE – PESTAGGIO COME INIZIAZIONE (VIDEO) E REGOLE FERREE (VIDEO)
IL VIDEO DELL’INIZIAZIONE DELLA GANG
A Milano avevano preso possesso di due aree, quella dell’ex Parco Trotter e quella di via Sammartini 33: le consideravano «zona loro», in opposizione ad altre gang latine come quella degli «MS13». Lo spaccio, le rapine e altri reati servivano per garantirsi questa supremazia.
Una maxi operazione della Polizia di Stato nei confronti della banda salvadoregna «Barrio 18», che ha visto impiegate decine di uomini della Squadra Mobile di Milano, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Paolo Guidi su richiesta del sostituto procuratore Enrico Pavone nei confronti di 15 soggetti, per lo più salvadoregni, indagati a vario titolo di associazione per delinquere, tentato omicidio, rapina aggravata, spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione, lesioni personali aggravate e detenzione e porto di armi da sparo e da taglio; fatti commessi a Milano tra il gennaio e l’ottobre 2014. Oltre che la provincia di Milano, l’operazione riguarda anche quelle di Varese, Como e Belluno dove alcuni degli indagati sono stati localizzati.
Rito di iniziazione
Tra le caratteristiche della banda, una rigida gerarchia con un codice di obbedienza applicato con la violenza, un rito di affiliazione costituito da un pestaggio di gruppo, spedizioni punitive con coltelli, machete e pistole, tatuaggi per riconoscersi, graffiti per marcare il territorio, una cassa comune alimentata dallo spaccio di droga e da reati contro il patrimonio. Gli arrestati versavano così «quote associative» che dovevano garantire «il sostentamento dei compagni detenuti».
Nel corso dell’indagine sono stati sequestrati coltelli, pistole e machete. «Sì... Senti, facciamo così, chiediamo chi sarà il primo ad arruolarsi, così che dopo quello che è stato arruolato possa picchiare, così siamo in quattro». Parola del «palabrero», ossia il capo dei Barrio 18 Denis Josuè Hernandez Cabrera, mentre si accorda con il «secondero» Miguel Angel Gomez sul rito di iniziazione per entrare nella banda, ossia un pestaggio compiuto da almeno quattro affiliati. Rito che era già stato descritto nel 2010 da un pentito secondo il quale «quando è stato arruolato aveva dovuto sopportare, per 18 secondi, le percosse inflittegli con calci e pugni da quattro affiliati alla gang».
Due italiani nella gang
Del gruppo facevano parte anche due italiani (un uomo e una donna) ai quali però non è stata contestata l’associazione a delinquere «perché - è stato spiegato - non erano salvadoregni», una condizione necessaria per poter far parte della gang «Barrio 18» a tutti gli effetti.
In manette sono finiti oltre al capo, Victor Alfonso Iraheta Antoni, detto Joker, 29 anni; Yeraldo Misael Alvarado Aquino detto Chiky, 27; Victor Leonel Martinez Rodriguez detto Honter, 30; Elis Alexis Erazo Lara detto Killer, 23; Juan Carlos Martinez Landaverde detto Chacal, 38; Juan Josè Alvarado Santos detto Chamarro, 27; David Leon Aguilar detto Electrico, peruviano di 25; Javro David Stanley Hernandez Cabrera detto Taini 26; Shenan Miguel Chang detto Jailer, ecuadoriano di 25; Walter David Montoya Landaverde detto Salco, 24; Murcia Echeverria Jaime Arnoldo detto Sparky, 29; Miguel Angel Gomez detto Perro 37; Michele Marcello Di Gese detto Gringo, 25; Sara Perrone, l’unica donna, 23 anni.
Ai due italiani il gip non contesta il reato associativo, ma lo spaccio di droga e in particolare all’uomo il tentato omicidio di un rivale dell’Ms13 e alla donna una rapina in strada e il porto illegale di una pistola.
Il tentato omicidio e l’aggressione al capotreno
Il 25 enne italiano arrestato, Michele Marcello Di Gese, rimasto vittima di un’aggressione in piazza de Angelis a Milano a febbraio 2014, è finito in manette in quanto, con altri componenti del «Barrio 18», è accusato di tentato omicidio ai danni di un esponente della banda rivale Ms13, Jackson Jahir Lopez Trivino, ecuadoriano di 20 anni con il permesso di soggiorno scaduto.
Trivino quella volta non rimase ucciso soltanto perché l’agguato fu sventato dalla polizia, che già aveva nel mirino la gang. Trivino fu poi arrestato la sera dell’11 giugno 2015: era nel gruppo che, alla stazione ferroviaria Villapizzone, aggredì un capotreno con un machete. Quella sera era insieme con il 19enne José Emilio Rosa Martinez, che ha confessato di aver quasi amputato il braccio sinistro al capotreno. I due furono arrestati in quasi flagranza 40 minuti dopo l’aggressione, dalle «volanti» allertate dalla polizia ferroviaria.
E a chi sgarra, «punizioni corporali»
Sono otto le regole principali della Barrio 18 individuate dal gip Guidi nell’ordinanza di arresto a carico di 12 affiliati e altri indagati e scritte su quello che chiamano «il cartone». Oltre all’ovvio «divieto di fornire indicazioni sulla struttura della banda e sui nomi degli associati» e al «rispetto, obbedienza e divieto di mentire al `capo´», anche il «divieto di abbandonare la banda», «l’obbligo di aggredire gli avversari delle altre bande», «l’obbligo di non mancare alle riunioni periodiche», «l’obbligo di tatuarsi il simbolo della gang», «l’obbligo di non scappare davanti alle aggressioni», «il divieto di avere rapporti sessuali con le fidanzate degli altri associati». Per cui disobbedisce, sono previste «punizioni corporali». Alle riunioni - utili a introdurre i nuovi affiliati, punire chi disattende una regola, gestire la cassa comune - è vietato partecipare ubriachi.