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IL KILLER DENTRO CASA - GIALLO DI PORDENONE, AD UCCIDERE TRIFONE E TERESA PER GLI INQUIRENTI SAREBBE STATO L’EX COINQUILINO DEL CAPORALE, GIOSUE’ RUOTOLO - TRIFONE AVEVA SCOPERTO CHE ERA LUI A MANDARE MESSAGGI ALLA SUA FIDANZATA DA UN FALSO PROFILO FACEBOOK

trifone ragonetrifone ragone

Andrea Pasqualetto per “corriere.it”

 

Un profilo anonimo su Facebook; due mesi di chat pungenti con la fidanzata di Trifone, Teresa, firmate con il nome di un'ex fiamma dello stesso Trifone; quest’ultimo che scopre tutto e cioè che a inviare quei messaggi non era la sua ex ma il collega commilitone ed ex coinquilino Giosuè Ruotolo, con il quale finisce per litigare pesantemente.

 

Volano minacce e lo scontro fra i due è tale da essere ritenuto insostenibile da Giosuè, al punto da scegliere l’estremo, tragico, folle rimedio: uccidere entrambi. Tre pallottole per Trifone Ragone, diventato la causa improvvisa delle sue paure; e tre per Teresa Costanza, colpevole solo di sapere chi c’era dietro il finto profilo Facebook che la inquietava. Perché se Giosuè avesse ucciso solo Trifone, Teresa avrebbe potuto smascherarlo rivelando il nome di chi aveva avuto dei contrasti con la vittima.

trifone ragone e collegatrifone ragone e collega

 

È questa, almeno, l’ipotesi che fanno gli inquirenti di Pordenone a conclusione dell’indagine sul duplice omicidio dei fidanzati (manca solo una consulenza) per il quale Ruotolo è indagato: 17 marzo 2015, un killer si avvicina alla loro auto e spara sei colpi da distanza ravvicinata. Un’esecuzione.

 

Dal punto di vista dell’accusa, il mosaico sembra ora completo di ogni tassello. In particolare, il movente, vero punto debole di un’inchiesta comunque indiziaria: lo scontro fra i due caporali dell’esercito causato da quei messaggi inviati da Ruotolo a Teresa via Facebook.

 

I messaggi

trifone ragone e teresatrifone ragone e teresa

Messaggi di questo tenore: «Volevo dirti che il tuo ragazzo si vede ancora con me. Io ci sto perché mi piace molto, ti sto solo avvisando», «se ne parli con lui nego tutto. Non ti conviene stare con lui», «Volevo dirti che il tuo ragazzo si vede ancora con me»,

 

«Controlla i suoi cellulari, so che ne ha due, un iphone e uno nero»… e altri più pesanti. E Teresa: «Ho informato il mio ragazzo. Io e Trifone ridiamo di te». Due mesi di chat via Facebook, tutti firmati con il nome (non il cognome) di questa ex ragazza di Trifone.

trifone e teresatrifone e teresa

 

Gli indizi

Non c’è la prova regina della colpevolezza di Ruotolo ma esistono una serie di elementi a suo carico: la presenza sul luogo e all’ora del delitto, il buco di sette minuti della sua auto fra un passaggio e l’altro sotto le telecamere della zona, tempo nel quale secondo i pm avrebbe gettato la pistola nel laghetto, le falsità dichiarate nelle prime audizioni,

 

giosue ruotologiosue ruotolo

quando diceva di essere rimasto a casa quella sera e, successivamente, quando ha sostenuto che i rapporti con Trifone erano buoni. «Ho mentito per paura delle conseguenze sul mio lavoro», si è giustificato lui nell’interrogatorio di ottobre, intendendo per lavoro l’ingresso nella Guardia di finanza.

 

La fidanzata

Poi c’è il capitolo Rosaria Patrone, fidanzata di Ruotolo, 24 anni, pure lei indagata. È’ accusata di favoreggiamento per aver tentato di inquinare le prove. Come? Invitando alcune amiche a non dire nulla agli inquirenti di quel profilo Facebook. Già, anche lei ne era a conoscenza. «Ed evidentemente aveva capito che rivelando la circostanza, le amiche avrebbero messo in difficoltà Giosuè», spiega l’investigatore.

 

I testimoni

giosue rosariagiosue rosaria

Ma i nuovi testimoni sono soprattutto gli amici della caserma di Trifone. Cioè, i tre commilitoni che hanno assistito al litigio fra i due quattro mesi prima del delitto, circostanza rivelata solo recentemente e raccontata nei dettagli da uno dei tre. «Loro hanno visto quella zuffa ma probabilmente ce ne sono state altre. L’avessero detto prima, il caso sarebbe stato chiuso in tempi molto più rapidi. Purtroppo quello è un ambiente molto omertoso».

 

Alla chiusura formale dell’inchiesta manca solo la consulenza informatica disposta sul computer della caserma usato da Ruotolo, che dovrebbe dimostrare come il profilo Facebook è stato creato lì, considerato che nel computer personale non è stata trovata alcuna traccia.

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