"IL MIO ARRESTO FU UN ABUSO E IL PD CHIESE LA MIA TESTA” - L’EX SINDACO DI VENEZIA, GIORGIO ORSONI, SI TOGLIE I MACIGNI DALLE SCARPE CONTRO RENZI: “BISOGNEREBBE DARE UN CALCIO POLITICO A CHI DECISE DI DARLO A ME. LO SCANDALO DEL MOSE È UNA VICENDA TUTTA ROMANA CON DIRAMAZIONI REGIONALI. MI HANNO VOLUTO TIRARE IN MEZZO”
F.Fur. per “la Repubblica”
«Quella della procura è stata un' aggressione mediatica nei confronti miei e della città. E finalmente il tribunale mi ha reso giustizia». L'avvocato Giorgio Orsoni, ex sindaco di Venezia a capo di una giunta di centrosinistra dimessosi dopo l' arresto per finanziamento illecito ai partiti nello scandalo del Mose, ha atteso la sentenza seduto alla scrivania del suo studio, la famiglia al fianco.
«L'ho aspettata qui, dove sono stato sempre negli ultimi anni», spiega. Lasciandosi andare poi a una battuta che scioglie la tensione di un' attesa nervosa durata tutta la giornata: «Mi ha telefonato un amico da Berlino che mi ha detto di aver appena incontrato un giudice: sì, c' è un giudice a Berlino, perché io non ho mai preso soldi».
Orsoni, come ha reagito alla notizia dell'assoluzione?
«Come vuole che l'abbia presa: certo, sono felice dell' esito anche se la sentenza non mi soddisfa del tutto, perché per una parte delle imputazioni c'è l’assoluzione mentre per l'altra c' è la prescrizione. Resta però la grande tristezza e grande amarezza per quello che è successo il 4 giugno di tre anni fa».
Quello fu il giorno della maxi retata e lei finì agli arresti domiciliari...
«Io credo che sia stato un abuso vero e proprio della procura, un' aggressione fatta a me e alla città».
Qualche giorno dopo il Pd la scaricò e le chiese di dimettersi. Tre anni dopo pensa che qualcuno dovrebbe chiederle scusa?
«Le scuse non si chiedono, al limite si porgono. Mi lasci dire, però, che bisognerebbe dare un calcio politico a chi decise di darlo a me».
Si riferisce alla vice segretaria del Pd Debora Serracchiani che dichiarò che a Venezia non c'erano più le condizioni per andare avanti con la sua giunta?
«No, mi riferisco a qualcuno che sta più in alto».
A Matteo Renzi?
«Guardi, basta leggere le cronache di quei giorni per capire a chi mi riferisco...».
Lei ritiene che, con queste quattro assoluzioni, l'inchiesta del Mose ne esca azzoppata?
«No, questo non lo credo. Ne esce sconfitto però il tentativo della procura di coinvolgermi in questa vicenda cui il tribunale, con questa sentenza, ha reso giustizia. Quella del 4 giugno è stata una operazione mediatica, c'era la Biennale, a Venezia c'era la stampa di tutto il mondo. Sapevano che con l'arresto del sindaco di Venezia la notizia avrebbe fatto il giro del mondo, sarebbe stata pubblicata da tutti i giornali, come poi è avvenuto. Lo scandalo del Mose è una vicenda tutta romana con diramazioni regionali. Mi hanno voluto tirare in mezzo».
Ma chi avrebbe voluto tirarla in mezzo, e perché?
«Per capirlo bisognerebbe leggersi le migliaia di carte del processo».
È stato l'ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati, uno dei grandi accusatori, a dichiarare di averle fatto consegnare i soldi per la campagna elettorale. Si riferisce a lui?
«A lui e tanti altri, ma ora non voglio fare nomi. Da sindaco stavo cominciando a mettere in crisi un sistema rodato e nei miei confronti c' era voglia di rivalsa».
Tornerà a fare politica?
«Io non ho mai fatto politica, mi sono soltanto messo a disposizione di Venezia. Non credo che succederà più».