L’EGITTO CI STA PRENDENDO IN GIRO? – INSIEME AI DOCUMENTI DI GIULIO REGENI LE AUTORITÀ DEL CAIRO HANNO INVIATO IN ITALIA ANCHE ALCUNI OGGETTI CHE NON GLI APPARTENEVANO – NEL 2016 QUEI REPERTI FURONO UTILIZZATI PER DEPISTARE LE INDAGINI SULLA MORTE DEL RICERCATORE ITALIANO…
Fulvio Fiano per il “Corriere della Sera”
OGGETTI DI GIULIO REGENI RECUPERATI NEL SUO APPARTAMENTO AL CAIRO
Se sia finalmente una reale apertura alle indagini italiane sull' omicidio di Giulio Regeni o solo l' ennesima collaborazione di facciata da parte delle autorità del Cairo, è presto per dirlo.
Fatto sta che da ieri sono a disposizione dei nostri inquirenti il passaporto e le tessere di riconoscimento universitarie del ricercatore friulano sequestrato e ucciso in terra egiziana ormai quattro anni e mezzo fa. Materiale, va detto subito, che difficilmente potrà avere un valore diverso da quello meramente affettivo per i genitori del 28enne, dato che sembra impensabile trovare dopo tanto tempo e tanti passaggi di mano impronte o tracce di dna utili alle indagini.
D' altronde si tratta degli stessi reperti fatti visionare agli inquirenti italiani nel marzo 2016 e che, ad eccezione del documento di identità, di un bancomat e delle tessere di Cambridge e dell' università del Cairo, si rivelarono presto come uno smaccato tentativo di depistare le indagini, accreditando la falsa ipotesi del delitto nato da una rapina o da imprecisati «affari» privati.
Nel borsone rosso con lo scudetto dell' Italia «svelato» dalle autorità cairote c' erano infatti anche alcuni occhiali da sole (di cui due modelli da donna), un cellulare, un pezzo di hashish, un orologio e due borselli neri di cui uno con la scritta «Love» che i genitori di Giulio, ai quali gli oggetti furono mostrati in foto, bollarono subito come estranei al figlio.
A impedire ogni riscontro ci fu poi la circostanza che i cinque «criminali comuni» trovati in possesso del borsone vennero uccisi al momento della presunta cattura, il 24 marzo di quell' anno. Verosimilmente in una messa in scena che ebbe breve durata.
Claudio e Paola Regeni potrebbero essere ora chiamati a un nuovo riconoscimento pro forma, stavolta dal vivo, degli stessi oggetti. Nei giorni scorsi avevano annunciato a mo' di monito: «Non intendiamo più farci prendere in giro dall' Egitto: non basterà inviarci quattro cianfrusaglie, indumenti vari e chiacchiere o carta inutile. Basta atti simbolici, il tempo è scaduto. Vogliamo una risposta esaustiva a tutti i punti della rogatoria inviata dalla procura di Roma nell' aprile del 2019».
In questo difficile clima, rinfocolato dalle polemiche per l' accordo di vendita di due navi militari al regime del generale Al Sisi (in un più ampio accordo di fornitura), anche una piccola apertura non può però essere trascurata. Alle viste c' è il vertice in programma il primo luglio, in videoconferenza, tra le procure di Roma e del Cairo.
Il pm Sergio Colaiocco e gli investigatori del Ros e dello Sco hanno individuato in cinque funzionari dei servizi segreti egiziani i presunti responsabili dell' azione che portò all' eliminazione di Regeni, impegnato in un report sui sindacati che si opponevano al governo militare: il generale Sabir Tareq, i colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal, il maggiore Magdi Sharif e l' agente Mhamoud Najem.
Una delle richieste della rogatoria riguarda l' indicazione di un loro domicilio per poter procedere alla notifica dell' iscrizione tra gli indagati e avvicinare così l' eventuale processo. Nei giorni scorsi anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha chiesto all' omologo egiziano un via libera in questo senso.
roberto ficogiulio regeni 2giulio regeni 1L'obitorio dove si trova la salma di Giulio Regeni Giulio RegeniGiulio RegeniL'obitorio dove si trova la salma di Giulio Regeni erri de luca manifestazione per giulio regenimanifestazione per giulio regeni PASSAPORTO DI GIULIO REGENI manifestazione per giulio regeni giulio regeni paola regeniluigi manconi con i genitori di giulio regenigiulio regeni 3