LONDRA SUL CASO REGENI – UNA PETIZIONE DI 10MILA FIRME COSTRINGE IL GOVERNO DI CAMERON A PRENDERE POSIZIONE: “E’ UN CASO MOLTO GRAVE, SIAMO A CONOSCENZA DEL COINVOLGIMENTO DELLE FORZE DI SICUREZZA NELL’OMICIDIO”
Enrico Franceschini per “la Repubblica”
Una petizione di diecimila firme convince, anzi a norma di legge costringe, il ministero degli Esteri britannico a prendere posizione sull’omicidio di Giulio Regeni: così il Foreign Office, per bocca di un portavoce, esprime «grave preoccupazione», chiede un’indagine piena e trasparente, rivela di avere sollevato il caso con le autorità egiziane, al Cairo e a Londra.
Ma un sito inglese di monitoraggio sul Medio Oriente rivela anche di più: il testo della lettera che il ministro degli Esteri Philip Hammond ha scritto due settimane fa al primo ministro David Cameron sulla vicenda, in cui il capo della diplomazia britannica afferma che, se il coinvolgimento dei servizi di sicurezza egiziani nella morte dello studente italiano risultasse vero, si tratterebbe di «uno sviluppo estremamente problematico ».
VIGNETTA GIANNELLI - AL SISI COLLABORA SUL CASO REGENI
Ufficialmente, finora il Regno Unito era rimasto a guardare, nonostante fosse chiamato in causa perché Regeni studiava in Inghilterra, a Cambridge. Le due iniziative venute ieri alla luce, una pubblica, l’altra privata, indicano che Londra segue da vicino la questione e sente di dover fare qualcosa al fianco dell’Italia per fare emergere la verità o almeno sanzionare chi la nasconde.
Resta da vedere se alle parole seguiranno fatti. Quella delle diecimila firme che esigono una risposta da parte del governo britannico sul feroce omicidio del giovane studente italiano è in realtà la seconda petizione per Regeni. Ce n’era stata già una firmata da 4600 accademici e ricercatori universitari di questo paese.
«Questa seconda ha forse ancora più valore, non solo per il più alto numero di firme ma perché testimonia lo sdegno di tanti cittadini del Regno Unito colpiti da quanto è accaduto», dice a Repubblica uno dei promotori e firmatari, Angelo Martelli, dottorando della London School of Economics. «L’Italia — aggiunge — non può rimanere isolata in questo contenzioso con l’Egitto. E la Gran Bretagna deve far sentire la sua voce, anche tenuto conto del fatto che i suoi deputati europei hanno votato a favore di una risoluzione in materia presa dal parlamento di Strasburgo».
La dichiarazione resa ieri dal portavoce del Foreign Office afferma: «Siamo molto preoccupati da notizie secondo cui Regeni è stato sottoposto a tortura. Abbiamo sollevato il suo caso con le autorità egiziane sia a Londra che al Cairo e sottolineato l’esigenza di una piena e trasparente indagine. Restiamo in contatto con le autorità egiziane e italiane. I nostri pensieri vanno agli amici e alla famiglia di Regeni in questo momento difficile».
Ma già due settimane fa la lettera a Cameron del ministro degli Esteri Hammond, ora rivelata dal sito middleeasteye. net, ammoniva il premier sulle pericolose conseguenze del caso. «Caro David — scrive Hammond — i miei funzionari hanno seguito da vicino il caso Regeni dal giorno della sua scomparsa. Siamo a conoscenza di rapporti sul coinvolgimento delle forze di sicurezza egiziane nella sua morte. Se provato, questo sarebbe uno sviluppo estremamente problematico ».
E sempre ieri è intervenuto nel merito anche il deputato Crispin Blunt, presidente della commissione affari esteri della camera dei Comuni: «Che lezioni ricaveranno i nostri partner italiani dalla nostra assoluta mancanza di solidarietà con l’Italia sul caso di Giulio Regeni?». Il commento del portavoce del Foreign Office viene giudicato «blando» da colleghi e amici di Regeni a Cambridge e Londra, che sperano in una presa di posizione più forte quando il ministero degli Esteri pubblicherà, forse stamane o domani, una formale risposta alla petizione delle diecimila firme.